Il vaccino anti Covid-19 Pfizer/BioNtech è già in corso in GB, Canada e USA, “autorizzato per uso in emergenza”, e adesso anche in Europa, con grandi fanfare. Era scontato che FDA e EMA non avrebbero neppure preso in considerazione le due petizioni inviate alle agenzie del farmaco americana ed europea. Petizioni urgenti (qui e qui) che chiedevano la sospensione immediata di tutti gli studi clinici sui vaccini, a partire proprio dallo Pfizer. Mettendone in dubbio l’efficacia ed elencando alcuni rischi.
Petizioni ignorate dai media, impegnati a tessere lodi sperticate dei vaccini “salvifici”, sull’onda del generale entusiasmo politico per una possibile – e certo sperabile – fine della pandemia, nonché dai corposi interessi industriali in gioco. La gigantesca macchina da guerra contro il Sars-CoV-2 è da tempo partita. E però proprio adesso dall’OMS arrivano nuove linee guida che danno ragione alla principale obiezione avanzata dei firmatari, e non solo da loro, quella sui test PCR usati per individuare i “positivi” al Covid-19, i ben noti tamponi molecolari: producono molti falsi positivi.
Una ragione in più per dare notizia di tali petizioni, divulgate da siti alternativi (es qui, qui e qui e qui in italiano), in odore di negazionismo, petizioni che anche Underblog avrebbe forse ignorato, se non fosse per il principio di precauzione, e per i nomi degli autori, non proprio gli ultimi venuti. Personaggi discussi e oggi relegati ai margini proprio per le loro non nuove posizioni eterodosse, ma con una storia più che rispettabile.
GLI AUTORI
Wolfgang Wodarg, pneumologo tedesco e politico di rilievo nell’SPD, per lunghi anni al Bundestag, già presidente dell’associazione dei socialdemocratici tedeschi per la salute dove si è occupato di etica e medicina, a capo del Comitato per la Salute del Consiglio d’Europa e in questa veste firmatario di una risoluzione che nel 2009-10 promuove un’inchiesta sulle pressioni esercitate dalle case farmaceutiche nella campagna sulll’H1N1, il virus dell’influenza ‘suina’ arrivato dagli Usa, una “campagna di panico” a suo dire, volta a indurre l’OMS a dichiarare una “pandemia falsa” per vendere vaccini nel mondo, come di fatto è accaduto. I vaccini acquistati da molti governi, fra i quali l’Italia, in gran parte inutilizzati, vennero buttati via.
Michael Yeadon, inglese, specialista in pneumologia e allergologia, per sedici è stato a capo della ricerca allergologica e respiratoria alla Pfizer di cui era anche vicepresidente, poi fondatore e CEO della Ziarco, società di biotecnologia che conduce ricerche innovative e sviluppa terapie per malattie infiammatorie e allergiche, con l’aiuto della stessa Pfizer.
Quanto a Sin Hang Lee, il firmatario della petizione alla FDA, patologo molecolare di origine cinese laureato a Wuhan e approdato negli Stati Uniti dove ha esercitato anche all’Università di Yale, è un esperto mondiale di diagnostica basta sul sequenziamento del DNA, molti riconoscimenti e articoli peer revewed. Tra i primi ad accorgersi che i test PCR licenziati dalla FDA non sono accurati nell’identificare l’RNA del Sars-CoV2, a marzo 2020 aveva perfino mandato una lettera all’OMS e al dottor Fauci al National Institute of Health spiegando perché quei test generavano falsi positivi e falsi negativi.
LE PETIZIONI.
I firmatari chiedono che gli studi non continuino fino a quando non sarà disponibile un progetto di studio in grado di affrontare i seri problemi di efficacia e sicurezza espressi da un numero crescente di scienziati, scettici anche sulla rapidità con cui i vaccini vengono sviluppati.
Il punto chiave, centrale – e unico nella petizione all’FDA – è la nota mancanza di accuratezza dei test PCR (usati in Usa, Europa e nel mondo per provare la positività al virus) adoperati anche nelle validazioni dei vaccini da parte dei produttori, i cosiddetti trials di fase 2 e 3. I firmatari chiedono che a causa di tale mancanza di accuratezza venga utilizzato come conferma degli esiti dei test il “sequenziamento Sanger” (dal nome del suo inventore, metodo già imposto per altri vaccini, per es quello contro il papilloma virus). Questo – sostengono – è l’unico modo per fare affermazioni affidabili sull’efficacia di vaccini contro il Covid-19.
Sulla base dei limiti dei test PCR, oltre che dalla qualità molto variabile dei vari differenti test utilizzati nei trials, né il rischio di malattia né la trasmissibilità, né quindi un possibile beneficio dal vaccino possono essere determinati con la certezza necessaria. L’efficacia dei vaccini non verrà garantita. Motivo per cui testare il vaccino su esseri umani non solo non è etico di per sé. Soprattutto, una volta autorizzati vaccini non propriamente testati, importanti decisioni politiche pubbliche sul loro uso saranno basate su prove fuorvianti.
Rilevanti le conseguenze mediche ed economiche per gli stati americani e i membri dell’UE, e i loro cittadini/residenti. Nel caso che il vaccino venisse reso obbligatorio, in generale o in certi casi come nei viaggi aerei internazionali, aggiunge il firmatario americano (che non lo esclude, richiamando un documento dell’Ordine degli avvocati di New York , e peraltro le compagnie aeree già ventilano l’idea di un passaporto vaccinale) o venisse fortemente raccomandato, i cittadini non potrebbero obiettare né affermare che l’obiettivo non è stato raggiunto.
I RISCHI
I firmatari della petizione all’EMA chiedono inoltre che venga escluso, in base ad esperimenti sugli animali, che possano verificarsi rischi conosciuti da studi precedenti, in parte originati dalla stessa natura dei coronavirus. Le preoccupazioni espresse riguardano alcuni punti:
- La formazione di “anticorpi non neutralizzanti” che può essere indotta dal vaccino può produrre una reazione immunitaria esagerata, quindi un’infezione molto grave, quando dopo la vaccinazionela persona si confronta con il virus reale, “selvaggio” . Questa amplificazione anticorpo-dipendente – ADE (antibody-dependent Enhancement)- è nota da tempo e non vale per tutti i virus ma è la prima ragione per cui i tentativi di vaccini contro i coronavirus hanno finora fallito. Come hanno dimostrato vari studi sugli animali, per es macachi vaccinati con la proteina Spike del Sars-Cov.
- I vaccini dovrebbero indurre la produzione di anticorpi contro le proteine Spike del SARS-CoV-2. Tuttavia, le proteine Spike contengono anche proteine sincitino-omologhe, che sono essenziali per la formazione della placenta nei mammiferi come gli esseri umani. Deve essere assolutamente escluso che un vaccino contro il SARS-CoV-2 inneschi una reazione immunitaria contro la Sincitina-1, perché altrimenti potrebbe provocare l’infertilità a tempo indeterminato nelle donne vaccinate.
- I vaccini mRNA di Pfizer/BioNTech (e Moderna) contengono polietilenglicole (PEG). Il 70% delle persone sviluppa anticorpi contro questa sostanza – questo significa che molte persone possono sviluppare reazioni allergiche al vaccino, potenzialmente fatali.
Infine, osservano i firmatari:
La durata decisamente troppo breve degli studi non consente una stima realistica degli effetti collaterali tardivi. Come nei casi di narcolessia (sonnolenza) in seguito alla vaccinazione contro l’influenza suina H1N1, milioni di persone sane sarebbero esposte a un rischio inaccettabile se fosse pianificata un’approvazione d’emergenza con la possibilità di monitorare solo successivamente gli effetti tardivi.
CASI RECENTI POST VACCINO
Allergie: i primi vaccini Pfizer/BioNtech effettuati in GB hanno subito evidenziato reazioni allergiche in due pazienti, poi in un terzo. Di altri due casi verificatisi in Alaska ha dato notizia il NYTimes, uno dei quali un vero chock anafilattico molto grave. La donna ha dovuto essere ricoverata in terapia intensiva.
L’agenzia regolatoria britannica ha subito aggiornato le linee guida e consigliato di non vaccinare i soggetti allergici, quanto meno con una storia di reazioni allergiche importanti a vaccini, medicine, alimenti o altro. In ogni caso in GB i vaccini vengono eseguiti negli ospedali.
Negli USA l’epidemiologo Thomas Clark ha sollevato il problema e divulgato informazioni. I casi di reazioni gravi, anafilattiche al 18/12 erano già sei – su 272.000 vaccinati! ha obiettato il CDC, che in ogni caso ha deciso di monitorare da vicino le reazioni allergiche. Le reazioni allergiche sono del resto contemplate dagli stessi produttori Pfizer e Moderna, che raccomandano la disponibilità di cure immediate e appropriate dopo il vaccino (terapie intensive disponibili?). Tra i primi vaccinati col vaccino Moderna un medico di Boston ha avuto un shock anafilattico.
Il problema insomma esiste. E al CDC, che ora ritiene necessario investigare su quale componente dei vaccini causino allergia, Clark risponde che è noto che a provocarle sia il PEG, poliethilene glicole usato come adiuvante da Pfizer/BioNtech e Moderna. Come si sostiene anche qui.
Reazioni immediate, non gravi ma che hanno reso impossibile tornare al lavoro, si sono verificate negli USA in 3.150 vaccinati, è ancora Clark ad informare.
Gravidanze e vaccini. E’ la stessa Pfizer a raccomandare di non vaccinare le donne che allattano e le donne in gravidanza, a rimandare la vaccinazione in caso di incertezza sullo stato, a non fare la seconda dose se nel frattempo la donna resta gravida. Soprattutto, suggerisce che le donne vaccinate non rimangano incinte nei due mesi seguenti alla seconda dose di vaccino. Lo dice l’agenzia inglese per la salute (Public Health England), qui e anche qui.
“Non è noto se il vaccino BNT 162b2 Covid-19 mRNA ha un impatto sulla fertilità”. ”Gli studi sulla tossicità riproduttiva negli animali non sono completi”. Il vaccino è nuovo e mancano ancora dati certi, precisa Pfizer.
Stranamente l’OMS nelle sue informazioni sui vaccini non ne fa cenno, e neppure l’EMA, a quanto viene raccontato dai media.
TEST PCR SOTTO ACCUSA.
E’il punto centrale delle petizioni, l’unico in quella alla FDA che ne tratta in modo approfondito, esaminando i trials condotti da Pfizer e i diversi test PCR utilizzati. Si tratta dei test molecolari, i cosiddetti tamponi molecolari, predisposti da svariate aziende, il firmatario americano cita in particolare quelli della svizzera Roche, delle americane ThermoFisher, presente anche in Italia, Abbott e IDT, utilizzati nei trials Pfizer. Ma non ci addentreremo nei dettagli.
In realtà non sono tutti uguali. Né sono uguali i protocolli a cui fanno riferimento – li vedremo – diversi negli Usa e in Europa, questi ultimi avvalorati dall’OMS che tuttavia suggerisce cautela sottolineando, come fa anche la FDA, che l’esito è presuntivo .
Il PCR non è un test nuovo: inventato nel 1986 da Kary Mullis, premio Nobel 1993 per la chimica, viene utilizzato per individuare viruse e altri agenti a scopo di ricerca, non come strumento diagnostico sul quale lo stesso inventore aveva dei dubbi. Siccome si può fare in tempo reale, è diventato RT-PCR, RealTime Polymerase Chain Reaction, o RT-qPCR (in realtà un po’diversi, ma non ci addentriamo).
“E’ usato per l’individuazione sensibile e specifica e per quantificare degli acidi nucleici (RNA) del virus obiettivo”, sostengono i produttori (ThermoFisher per es). E’ così? I critici sostengono di no.
<Se un test non è abbastanza sensibile, l’agente non si trova e l’esito risulta negativo. Se un test non è abbastanza specifico il test può identificare qualcosa d’altro, e l’esito risultare comunque positivo. Potrebbe voler dire che il test reagisce a un altro virus o un’altra fonte genetica. Oppure potrebbe individuare la presenza di residui di SarsCov2 di un individuo che non è più malato; infine, anche piccole contaminazioni da laboratorio possono generare falsi positivi>, osservava già ad aprile Kevin Ryan, Deputy Director Vaccine Research Program, Division AIDS del National Institute Health, uno dei tanti critici del test PCR, che se ne preoccupava in generale e pure per il conto dei morti Covid.
E’ quel che accade con i test RT-PCR che non sono sempre sensibili e soprattutto non sono specifici.
Non rilevano l’intero RNA del virus che cercano ma solo alcuni tratti o geni della sua sequenza genomica, decisi a priori in base ai protocolli ritenuti specifici, in realtà discussi. A seconda dei geni selezionati possono individuare anche frammenti di virus, compresi vari altri coronavirus (4 i ceppi in circolazione, endemici, anche legati al raffreddore) con cui siamo venuti in contatto. Soprattutto, individuano anche frammenti dello stesso virus Sars-Cov2 che di fatto sono solo pezzi di virus ormai inerti.
Come può accadere? Succede in quanto il test RT-PCR è qualitativo, non quantitativo: determina la positività/negatività in base alla presenza/assenza del virus (ovvero dei geni cercati) ma non stabilisce “quanto” virus è eventualmente presente. I geni per essere individuati vengono amplificati un certo numero di volte. Eppure per determinare la positività la quantità di virus è essenziale, e dipende proprio da tale amplificazione.
La quantità di virus (ovvero la cosiddetta “carica virale”) viene stimata induttivamente sulla base della soglia di amplificazione (CT) che è variabile, dipende dal numero di cicli di amplificazione a cui il campione è sottoposto. Più è alta la soglia del numero di cicli (CT)– sicuramente sopra i 35 cicli, quando individuare l’intera sequenza diventa impossibile – meno alta è la certezza di aver individuato il virus, ma solo frammenti inerti.
Ecco perché, amplificando fino a 40 cicli come viene fatto – anche fino a 42-46 cicli negli Usa, denuncia il firmatario della petizione all’FDA – risultano molti falsi positivi, oltre che alcuni falsi negativi. Tanto più accade con i test RT-qPCR. Il numero dei falsi positivi/falsi negativi non sarebbe affatto piccolo, un errore casuale diciamo. Ma molto grande, una certezza oltre una certa soglia CT. Secondo alcuni ricercatori, quando la soglia supera i 35 cicli la probabilità che la persona testata è realmente infettata è del 3%, e ne consegue che con tali CT i falsi positivi sarebbero il 97%. Tra i 30 ei 35 CT l’esito sarebbe incerto.
Quali conseguenze per i vaccini? Secondo il protocollo Pfizer/BioNtech nei trials dei vaccini i partecipanti se hanno anche solo un sintomo tra quelli elencati, affatto specifici del Covid-19, ma confermato dal test RT-PCR o, peggio, RT-qPCR, vengono considerati infetti/malati COVID-19, e questo viene considerato un punto di arrivo. Un certo numero di “punti finali” determina l’efficacia: questa si basa quindi solo su sintomi non specifici e esiti di test RT-PCR considerati positivi ma non affidabili.
Efficacia? In realtà – sottolineano ancora i firmatari – il protocollo Pfizer NON è disegnato per determinare l’obiettivo che vuole raggiungere. NON si dice se il vaccino bloccherà la trasmissione del virus e/o ridurrà la gravità della malattia e la morte. Si parla solo di PREVENZIONE nei pazienti vaccinati. Peraltro, se anche l’obiettivo fosse specificato, aggiungono, dal momento che i casi non possono essere determinati con certezza nessun obiettivo potrebbe essere raggiunto in modo affidabile.
Ecco perché i firmatari delle petizioni affermano che, prima di approvare una autorizzazione di emergenza tutti i casi utilizzati per determinarne l’efficacia dovrebbero avere lo status di infezione confermato col metodo del cosiddetto sequenziamento Sanger, suggerito dalla stessa FDA e considerato il gold standard. Fra l’altro i test RT-qPCR, più brevi e utilizzati con gli altri nei trials Pfizer, a differenza degli RT- PCR non possono essere validati col sequenziamento Sanger.
CT E CARICA VIRALE. I TEST DI MASSA
Al di là dei vaccini il metodo, assai approssimativo, che abbiamo visto è lo stesso utilizzato nei “tamponi di massa” a cui sono sottoposti i cittadini, con l’idea di determinare la circolazione del virus, dell’infezione, e dei malati Covid-19. Senza mai esplicitare la quantità di virus stimata, ovvero la carica virale. Che pure è cruciale.
Il prof Giuseppe Remuzzi direttore dell’Istituto Mario Negri già lo scorso luglio ne sottolineava l’importanza e spiegava bene il nesso fra la soglia di amplificazione e la carica virale, ovvero la concentrazione del virus nell’organismo. <Più alto è il cosidetto Cycle Threshold, il ciclo soglia, meno RNA virale è presente in chi ha fatto il tampone> scriveva Remuzzi. E aggiungeva: <Sotto le 100 mila copie di RNA non c’è essenzialmente rischio di contagio. Mentre nei campioni esaminati in Lombardia sono state trovate meno di 10.000 copie, che corrispondono a 34-36 cicli>. Già meglio che negli Usa, osserviamo.
Una bassa concentrazione non dà problemi per qualsiasi agente tossico, spiegava facendo l’esempio dell’arsenico, presente in bassissime concentrazioni nell’acqua del rubinetto. <Lo stesso discorso vale per il tampone: se la carica virale è alta il paziente sarà infettivo, se è bassa o bassissima lo è anche la contagiosità. Il che non vuol dire che tutti i nuovi positivi testati lo siano debolmente, alcuni possono anche avere cariche virali alte. Per questo – suggeriva – sarebbe opportuno che i laboratori nel definire positivo un tampone ne quantifichino la carica virale, come si fa con glicemia, azotemia o colesterolo>.
Invece si continua a non farlo, nei trials dei vaccini e nei “test di massa” a cui sono sottoposti i cittadini. Cosa significhi il numero di “positivi” rispetto al numero di tamponi effettuati a questo punto non è molto chiaro. Eppure con questo dato si valutano giorno per giorno i “contagi” in un territorio, e si calcola il cosiddetto “indice RT”, base per le misure restrittive conseguenti. Il tutto sulla base del postulato: casi positivi al RT-PCR=pazienti COVID o quanto meno contagiati, magari senza sintomi e non contagiosi. I critici lo dicono da tempo, ma vengono tacciati di negazionismo. Negazionista anche il prof. Remuzzi ?
“Andando avanti con queste pratiche di test e con questi risultati il Covid-19 potrebbe non sparire mai”, concludeva il prof.Carl Heneghan, dell’Università di Oxford alla fine di un articolo su diagnosi e falsi positivi.
Cautele sui test di massa esprime dall’Istituto Mario Negri anche Antonio Clavenna, responsabile Unità di Farmcoepidemiologia: <Il problema è il metodo, i test sono strumenti come i vaccini. …Nei report non si specifica se ci si basa su test molecolari o rapidi [quasi uno su due falsi negativi]… Avremmo bisogno di conoscere la percentuale di falsi negativi e falsi positivi…l’esito del test dipende anche da quando viene effettuato …il solo tampone non deve essere l’unico criterio di valutazione>.
(E si potrebbe andare avanti con i test sierologici, che rilevano soltanto gli anticorpi Ig, e non altri tipi di immunità trasversale, innata o specifica delle cellule T. Il sistema immunitario è molto complesso, e nemmeno ben conosciuto, mettono in guardia vari immunologi ed epidemiologi),
Clavenna ridimensiona peraltro anche le aspettative sui vaccini anti Covid-19: <I risultati sembrano promettenti, ma la realtà è che non siamo in grado di capire, adesso, quale sarà l’efficacia concreta del vaccino anti Covid-19; quanto durerà la protezione che il vaccino garantisce; se il vaccino sarà anche in grado di ridurre la contagiosità o se eviterà solo alle persone di manifestare i sintomi della malattia, tante domande ancora senza risposta>…<Da parte di molti esperti credo ci sia un sostanziale consenso nel sostenere che difficilmente, nei prossimi mesi, il vaccino costituirà la soluzione che bloccherà l’epidemia o, addirittura, che eliminerà il virus… sarà un aiuto per tentare di gestirla>…<La sicurezza appare paragonabile a quella di altri vaccini, la differenza è che l’approvazione è stata data quando i dati non permettono di stabilire la reale efficacia… infatti è stata concessa sub judice>.
I firmatari delle petizioni invece come abbiamo visto sottolineano anche i rischi. E Wodarg in un recente articolo col microbiologo indiano, prof Sucharit Bhadi, ne aggiunge altri, relativi ai vaccini Pfizer e Moderna, vaccini non tradizionali basati sulla nuova tecnica dell’RNA ricombinante. Tali vaccini, realizzati con interventi di ingegneria genetica interverrebbero nei complessi processi biologici di comunicazione del nostro sistema immunitario. Dubbi anche sulla composizione di tali vaccini, che comporta frammenti di informazioni di RNA o DNA in cellule umane. <L’RNA ricombinante, introdotto nelle cellule umane, altera i processi genetici e può essere classificato come una modificazione delle cellule dell’organismo>.
Un rischio temuto da altri, fra i quali il biologo molecolare Pieter Borger . Mentre altri , e nella stessa EMA (da contatti personali) smentiscono. Ma essendo la tecnologia nuova, certezze non ve ne sono.
PROTOCOLLI E COINCIDENZE
I protocolli sui quali si sono basati finora i test PCR sono cruciali in questa storia. E colpisce la celerità con la quale sono stati messi a punto, di là e di qua dell’Atlantico, prima ancora che fossero disponibili i campioni fisici del nuovo coronavirus, ancora poco conosciuto e poco diffuso.
I protocolli in uso sono due, tre con quello cinese, modificato in seguito, probabilmente dopo che un articolo peer revewed sul Chinese Journal of Epidemiology il 5 marzo aveva concluso che <circa la metà o forse di più dei pazienti testati non avevano il virus, erano falsi-positivi>. L’articolo era stato ritirato misteriosamente dopo qualche giorno, per ragioni politiche ha spiegato a mezza bocca l’autore, Dr. GH Zhuang. Era apparso un mese dopo il lockdown di 36 milioni di cinesi!
Ne parla Kevin Ryan nell’articolo citato sopra, dove racconta la vicenda di quello americano, le cui contestazioni sono cominciate quasi subito e sono arrivate poi fino al Congresso con una lettera di 100 virologi, costringendo la CDC ad ammettere che gli esiti positivi “non escludono infezioni batteriche o co-infezioni da altri virus. L’agente individuato può insomma non essere la causa della malattia. Questo perché, come scritto da Scientist e poi dal Washington Post i “geni” del virus selezionati non sono specifici”. In laboratori USA hanno persino trovato contaminazioni da Sars-Cov 2.
Alla lettera accenna anche il firmatario della petizione alla FDA, sottolineando i tempi strettissimi della definizione del protocollo Usa.
Il 7 gennaio le autorità cinesi annunciano la presenza del nuovo coronavirus, chiamato ancora 2019-Sars Cov. Il 10 gennaio la sequenza del genoma viene rilasciata online, sul sito virology.org, seguita da altre il 12 gennaio. Negli Usa quello stesso 10 gennaio, un gruppo di scienziati americani, la maggior parte del CDC, disegnano immediatamente due panel di primers, i geni ritenuti specifici del nuovo virus, e mettono a punto il protocollo americano. Diverso da quello europeo fatto poi proprio dall’OMS.
Questo è il “Protocollo Drosten”o anche “Corman-Drosten”, non meno discusso peraltro, e disegnato con altrettanta celerità dal team di Christian Drosten, del Charité Hospital di Berlino, selezionando tre primers. Anche questo si è basato sulla sola sequenza divulgata online, non disponendo del virus in vitro né di casi clinici, non ancora divulgati alla comunità internazionale. Il 13 gennaio la prima versione 0.1 del protocollo viene inviata all’OMS, che lo stesso giorno la pubblica sul suo sito ufficiale, e la aggiorna il 17 gennaio. Senza attendere la pubblicazione dell’articolo.
L’articolo, sottoposto il 21 gennaio alla rivista Eurosurveillance spiega che il design e la valutazione del test, non essendoci ancora campioni di virus disponibili, sono stati ottenuti grazie alla somiglianza del nuovo coronavirus con il Sars-Cov del 2003, oltre alla nota tecnologia degli acidi nucleici sintetici. Accettato il 22 gennaio, l’articolo viene pubblicato online il 23, senza peer revew.
Eppure al 20 gennaio erano stati confermati all’OMS soltanto 282 casi clinici. E al 21, stando a BBC e Google Statistics, i morti nel mondo erano ancora solo 6. Lo osserva fra l’altro il gruppo gli scienziati internazionali (fra i quali il biologo molecolare Pieter Borger Yeadon) che hanno effettuato una peer revew esterna al protocollo Drosten. Dove rilevano una serie di carenze e errori, anche gravi, a loro dire. E conflitti di interesse. Drosten stesso, e un altro collega del team, fanno parte del comitato editoriale di Eurosurveillance. Mentre un altro ricercatore è il CEO di Tib-Malbiol, la società con sede a Berlino ma presente anche in altri paesi, compresa l’Italia, che produce sintesi di acidi nucleici, Dna sintetico, sistemi analitici per RT-PCR, e gli stessi test. Un altro ricercatore, della GENEExpress, ne è consulente.
Fatto sta che, senza nessuna ulteriore verifica indipendente, a parte quella delle aziende commerciali che producono test PCR o suoi componenti, il protocollo Drosten diventa il riferimento, anche per molti paesi. Altri sceglieranno quello Usa.
L’OMS, solo l’11 marzo decreta la pandemia da Sars-Cov-2 (118.00 i casi in 114 paesi, 4.291 le vittime a quella data). E il 19 marzo pubblica linee guida per testare il Covid-19, basate sul test RT-PCR di Drosten, ma indicando la necessità di conferme dal sequenziamento quando necessario. E consigliando il metodo Sanger, quello indicato dalle petizioni.
Del resto anche la FDA, in una lettera del 4 febbraio al direttore del CDC, nell’autorizzare l’uso in emergenza, validando il test americano sosteneva che l’esito è presuntivo.
Eppure già l’11 febbraio Pfizer e Moderna ricevono finanziamenti pubblici per sviluppare il vaccino.
Il giovane Drosten, l’esperto di riferimento Covid del governo, “il Dr Fauci” di Frau Merkel, è ormai famoso in Germania dove gli hanno fatto persino una statuina da presepe (mostrata da RaiNews). Ma ha due cause legali in corso, una per la sua tesi di dottorato, le cui copie sono diventate introvabili, e un’altra intentata da un sito mediatico per aver accusato Wodarg di essere un negazionista e persino un estremista di destra! Ma questi sono gossip, come le ironie sul ministro della Sanità tedesco, un ex banchiere senza alcuna specializzazione medica ma noto come lobbista di Big Pharma.
ORA L’OMS AMMETTE RISCHI ELEVATI DI FALSI POSITIVI DAI PCR
La vera novità è che il 14 dicembre scorso l’OMS ha infine pubblicato un Memo, avvisando che un alto numero nella soglia di cicli nei test PCR produce risultati falsi positivi. E fornendo nuove Istruzioni d’uso.
<Abbiamo ricevuto dei feedback su un elevato rischio di risultati falsi per il SARS-CoV2 quando si testano campioni usando i test RT-PCR>, esordisce. E precisa che tali rischi sorgono dall’usare alte soglie di CT, la famosa soglia di amplificazione… <I risultati di campioni analizzati manualmente con tali alte soglie CT possono essere interpretati come esiti positivi>, scrive ancora. E mette in guardia: … <in certe circostanze, la distinzione fra rumore di fondo e attuale presenza del virus può essere difficile da interpretare>. Seguono cinque nuove istruzioni per l’uso (IFU). Fra queste:
*considerare ogni esito positivo o negativo al SARS-CoV-2 in combinazione con il tipo di campione, osservazioni cliniche, storia del paziente e informazioni epidemiologiche;
*fornire il valore del CT nei report al gestore – Come già suggerivano in tanti, da noi il prof. Remuzzi.
L’OMS dà infine ragione non solo ai firmatari, ma ai tanti esperti, scienziati, giornalisti scientifici che effettivamente da mesi criticano gli attuali test PCR. Il governo Australiano lo aveva scritto sul suo sito, denunciando la scarsa utilità clinica dei test, in Portogallo una corte d’appello ha sentenziato che i test non sono adatti allo scopo. Persino il dr.Fauci aveva pubblicamente ammesso che sopra la soglia di 35 cicli non si individua il virus ma solo “nucleotidi morti”.
Allora perché l’OMS se ne vien fuori solo adesso con queste nuove istruzioni e decide di ammettere che quel che era consentito è sbagliato? Come mai infine riconosce questa realtà ?
Una risposta non c’è. Ma un’ipotesi è stata avanzata da Zerohedge, “cinica e potenzialmente scioccante”. <Ora abbiamo i vaccini. Non abbiamo più bisogno di falsi positivi.
Dopo che ciascuno sarà vaccinato, tutti i test PCR che si faranno verranno fatti secondo le nuove linee guida dell’OMS, e ammetteranno solo 25-30 cicli invece di più di 35. Il numero di “casi postivi” crollerà, e avremo la conferma che i miracolosi vaccini hanno funzionato>.
Ipotesi effettivamente cinica, e malevola. Vedremo, pur augurandoci che l’incubo Covid-19 comunque si dissolva.