BCE. “La banca che ha quasi mandato in recessione l’Europa, e ha in mano il suo destino”.

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Ad affermarlo non è un qualsiasi sovranista nostrano ma Adam Tooze, storico dell’economia già a Cambridge, oggi alla Columbia University, in un articolo di pochi mesi fa segnalato dal Financial Times (1). <Considerato da molti senza speranza, fallato, un fallimento, una tragedia per l’Europa, dopo vent’anni l’euro è sempre lì, con la Banca Centrale Europea che lo governa. Senza alternative. Il progetto della moneta unica è tutt’altro che perfetto. Ma quel che l’ha davvero intralciato nei suoi primi vent’anni sono le decisioni prese da uomini di Francoforte>. <Uomini affamati di potere>, arriva a scrivere il professore, che da britannico si concede uno sguardo disincantato e critico eppure non euroscettico sulle azioni intraprese dalla BCE durante la crisi iniziata nel 2007.

Azioni contraddittorie, inazioni ed errori che hanno prodotto prima una decrescita e poi una crescita anemica dell’UE, con effetti pesanti sulla disoccupazione e sull’affermarsi del nazionalismo. <Un’aggressione che ha prodotto il maggior deragliamento della politica economica nell’era moderna>, arriverà a concludere. Probabilmente esagerando.

Sarà la fase pre-elettorale, sarà il prossimo rinnovo della presidenza in vista della scadenza di Draghi, fatto sta che ci si imbatte spesso in critiche alla BCE, in testa l’imbarazzante faccenda degli stress test alle banche europee appaltati a privati a costi esorbitanti o persino, nel 2015, affidati a BlackRock, il più grande asset manager del mondo e il più importante investitore internazionale nel settore bancario, in palese conflitto di interessi. Una scelta contestata non a caso da Germania, Spagna, Cipro, Irlanda e dalla Grecia che ha rifiutato di far entrare nelle sue banche quegli esaminatori. (2).

O gli acquisti di bond di grandi imprese multinazionali da parte della BCE nell’ambito del QE, che hanno assicurato loro ulteriori vantaggi rispetto alle PMI. O ancora le recentissime, perentorie richieste alle banche italiane di liberarsi di tutti i cosiddetti Npl o crediti deteriorati e la parallela minore attenzione alla gran quantità di derivati tossici in pancia ad altre banche europee (in testa Deutsche Bank e Credit Agricole), come ha denunciato anche l’economista Alberto Bagnai (3).

Un clima quasi ostile che risente del sovranismo diffuso e ha indotto il governatore ormai uscente Mario Draghi a intervenire a più riprese, ricordando quanto poco sovrani fossero i paesi costretti continuamente a svalutare e sottolineando la differenza concettuale fra “indipendenza” e “sovranità”. Per riconquistare la quale porsi fuori da UE o dall’euro sarebbe controproducente. Né serve indebolire le strutture politiche europee, che invece occorre adeguare ai mutamenti intervenuti nella società, movimenti migratori e disuguaglianze in testa (4).

Ma torniamo a Tooze. Il cui giudizio negativo sulla BCE durante la crisi, e oltre, non è affatto isolato fra gli studiosi. Critiche simili arrivano da vari economisti. Per esempio da Ashoka Modi (2019), visiting professor a Princeton, pur con un approccio non storico politico come quello di Tooze ma più tecnico e orientato agli effetti sui mercati (5). Fino ad economisti greci come Kostantinos Gravas e al. citato da Modi (6)

Neppure sono nuovissimi tanti rilievi. Ma interessante e utile ci sembra la prospettiva di Tooze che ricostruisce origine e comportamenti della Banca Centrale Europea, banca politica come lo sono tutte le banche centrali nonché <l’istituzione che ha più influenza sul futuro dell’UE>, non solo dell’eurozona. E alla BCE – in particolare a Jean Claude Trichet che l’ha governata dal 2003 al 2011, addossa la responsabilità di aver spinto in recessione l’UE dopo la crisi del 2007-8 con sottovalutazioni, interventi tardivi, aumenti dei tassi inopportuni e politiche fiscali controproducenti – con la conseguenza di intrecciare strettamente la crisi delle banche ai debiti sovrani e poi limitare le politiche dei governi.

Non elude la domanda chiave sul ruolo della Germania: “Non era indispensabile seguire le sue pressioni”, scrive, riconoscendo il cambiamento con Draghi, ma solo dal 2015 col QE. Anche se non sottovaluta il peso del “whatever it takes” del pronunciato da Draghi a Londra nel luglio 2012: il famoso discorso che Modi giudica importante solo in quanto seguito poco dopo dall’annuncio del bazooka, quell’OMT (Outright Monetary Transactions) pur mai utilizzato finora. Ma Modi come vedremo condanna comunque le azioni della BCE <estemporanee, carenti di chiarezza e strategia, a incapaci di guardare avanti>.

Le responsabilità che Tooze sembra addossare esclusivamente ai governatori si spiegano in parte con la storia di come si è arrivati all’euro. Ma acquistano un significato un po’diverso nel contesto della “Storia segreta della crisi” da lui stesso raccontata in un precedente articolo del 2017, dove emerge una Fed diventata prestatore di ultima istanza del sistema bancario globale, in particolare europeo. E dell’intreccio fra sistema bancario americano ed europeo, diventato sempre più inestricabile.

E’ un fatto che Trichet dal sistema complessivamente inteso è stato ampiamente ricompensato. Nel 2011 è diventato presidente del gruppo europeo della Commissione Trilaterale in sostituzione di Mario Monti, assurto allora a premier italiano. E dall’aprile 2012 è anche presidente del prestigioso think tank di Buxelles Bruegel nonché del Gruppo dei Trenta o G30.

Tooze la prende alla lontana, ma forse non è inutile mettere in fila anche fatti già noti.

BCE CRUCIALE. <Nessuna altra istituzione ha più influenza sul futuro dell’Europa>. <Nel bene e nel male ha dettato la storia della moneta unica dalla sua creazione> (…) <Non si può valutare l’euro senza guardare ai banchieri centrali che hanno governato la banca. Ed è su quei banchieri, specialmente su Trichet che grava la responsabilità della stentata ripresa economica in Europa e del sorgere del nazionalismo >.

LE BANCHE CENTRALI SONO POLITICHE. <Capitalismo e democrazia possono non aver vita facile e le banche centrali vengono prese in mezzo>(…)<Di solito le banche centrali sono prestatori di ultima istanza sia per le banche sia, normalmente, per i governi. Ci si aspetta che non maneggino solo denaro ma anche, e in modo efficace, tassi di cambio, debito pubblico, la stabilità del sistema bancario e l’inflazione. E siccome questa è legata all’occupazione, devono monitorare l’aspetto del mercato del lavoro”. Ogni azione o inazione produce vincitori e perdenti: loro possono anche dichiararsi indipendenti dai governi eletti ma le banche centrali sono inevitabilmente politiche>.

<Nel caso dell’eurozona poi, che ha le dimensioni di un continente e comprende regioni diverse come Belgio, Bavaria e Basilicata, senza un apparato amministrativo e uno stato nazionale alle spalle, le difficoltà aumentano>. Tanto più che la BCE è anomala e tra suoi compiti ha solo il controllo dell’inflazione. Del resto lo si sapeva.

IL PROGETTO. <Ma questa è solo metà della storia(…) L’euro venne progettato inizialmente per contenere l’influenza dominante della banca centrale della Germania. Per mantenere il loro cambio fissato contro il marco tedesco le altre banche centrali erano costrette a far oscillare i tassi di interesse in linea con la Bundesbank (…). Ai tedeschi d’altra parte <un sistema monetario comune prometteva di ridurre le pressioni sulla loro moneta che avrebbero potuto minacciare i surplus commerciali di cui vanno fieri>. (Aggiungiamo l’interesse, geopolitico e finanziario, degli Stati Uniti che dopo il crollo del Muro avevano premuto per l’unificazione della Germania e guardavano all’estensione a Est di UE – e Nato). Nel post di Tooze un’utile cronologia della moneta comune.

<L’euro nasceva come compromesso fra Francia e Germania, con Kohl che voleva legare irrevocabilmente insieme l’Europa mentre Mitterand voleva solo diluire il ruolo dominante tedesco nella politica monetaria oltre a creare un’economia di scala tale da consentire una politica sociale domestica in un’era di capitalismo globalizzato. Dunque la BCE avrebbe avuto sede a Francoforte ma dopo l’olandese Duisenberg avrebbe avuto un presidente francese>. E così fu.

LE DIFFICOLTA’. La BCE apre i battenti il 1 giugno 1998, 7 mesi prima dell’unione delle monete, e fin dall’inizio si trova al centro di conflitti. Molti economisti avevano avvisato gli Stati membri che avrebbero dovuto abbandonare la possibilità, spesso utile, di svalutare. L’alternativa è aggiustare l’economia alle pressioni competitive, il che significa tipicamente riduzione dei salari. Cosa difficile da gestire per una banca centrale>.

Ma secondo Tooze quel che ha davvero azzoppato l’Europa non è stata la cronica mancanza di competitività, specie in Grecia e in Italia, ma la crisi del 2008. Anzi, la sua mala gestione.

ILLUSIONI E INAZIONI. <Nell’agosto 2007, quando si avvertono i primi shock, la BCE offre alle banche europee una forte iniezione di liquidità – ma subito comincia a puntare le dita contro Federal Reserve (Fed) e Bank of England (BoE) che si erano prese in carico i mercati dove c’erano presi i peggiori rischi>. Trichet sottovaluta la situazione .<Il burocrate conservatore francese a capo della politica monetaria europea non credeva che gli americani avrebbero lasciato fallire Lehman. Ma le banche europee non erano meno sovradimensionate e i loro bilanci comportavano rischi anche maggiori. Sottoposta alle regole di Basilea II, l’Europa indulge nell’assurda fiducia in un’auto-assicurazione e capacità di governare il rischio insito nelle sue banche private>.

Nel 2008 tocca ai governi salvare le proprie banche. <Ma la liquidità di sostegno pompata dalla BCE non è meno cruciale. Il cash che Trichet fornisce fluisce nelle casse dei governi nazionali in quanto le banche lo usano per comprare titoli di Stato supposti sicuri>. (…) Il modo di combattere la crisi da parte di Trichet negli anni 2008-2009 finisce quindi per legare insieme più strettamente banche e governi, pur preservando l’apparenza di normalità.

LA SVOLTA NEL 2010. <E’ quando nel 2010 i debiti sovrani stessi minacciano di andare male che il gioco cambia. Di fronte alla crisi fiscale prima in Grecia, poi in Irlanda e in Portogallo, con Spagna e Italia che incombono, la BCE entra in azione. E diventa un attore aggressivo e assertivo nel conflitto sulla questione politicamente pesante della futura costituzione finanziaria dell’Europa>. Ma come?

<Si è parlato di rischio contagio per Grecia e Irlanda, ma è una metafora fuorviante. Nel mercato dei bond il contagio si ha solo se la banca centrale rifiuta di fare quel che Fed, BoE e BoJ hanno sempre fatto, cioè star dietro ai debiti sovrani. In realtà invece la BCE rifiuta di assumere l’essenziale ruolo di stabilizzatore>.

<Avrebbe dovuto governare il gigantesco mercato dei bond invece di oscillare a seconda delle politiche fiscali dei governi, premiando solo quelle rigorose. Il mandato BCE è limitato, ma Trichet è andato ben oltre>, sostiene Tooze.

OBIETTIVO REGIME CHANGE? <Il suo obiettivo non è stato altro che un regime change: usare la crisi per forzare il completamento dell’ancora incompleta costituzione dell’eurozona in termini conservatori. Voleva che i politici europei fossero d’accordo nello stringere le regole fiscali e nel mettere in piedi un fondo di stabilizzazione del mercato dei bond indipendente dalla BCE, che avrebbe tenuto per sempre la banca centrale europea fuori da ogni obbligo di farsi carico dei debiti pubblici>

<Giocando col fuoco, la BCE innesca una conflagrazione. Quando nella primavera 2011 il governo Pasok, centrosinistra, suggerisce che avrebbe potuto essere più sicuro svalutare o ristrutturare una parte del debito, Trichet non solo fa muro ma silenzia il dibattito minacciando Atene di tagliare la linea di credito alle sue banche. Con la scusa di proteggere la reputazione dei prestatori sovrani Trichet si pone come difensore intransigente degli interessi dei creditori>. Non solo.

BCE ISTRUISCE I GOVERNI, NON LE BANCHE. <Trichet non esita ad attraversare il confine nozionale che separa la banca centrale dai governi nazionali: fornisce istruzioni ai governi di Irlanda, Spagna e Italia, chiedendo tagli di spesa, aumenti di tasse e modifiche nelle leggi sul lavoro che entrano profondamente nel merito degli affari interni dei paesi. Trichet usa l’ ”indipendenza” della BCE e la minaccia del mercato dei bond per dettare condizioni ai governi eletti>.

<Nessuna di tali amare medicine viene tuttavia servita alle banche europee che, come le controparti americane, avrebbero dovuto essere costrette a ricapitalizzarsi nel 2008-2009, anche se ciò avrebbe comportato la sofferenza degli azionisti>. (Fra gli azionisti istituzionali delle maggiori banche – segnaliamo – ci sono fondi e gestori di gran peso, come Blackrock).

TRICHET SPINTO DALLA GERMANIA? <Ci vorrà tempo prima che gli archivi vengano aperti. L’evidenza suggerisce che fu spinto dai membri tedeschi del suo board. Jurgen Stark, il suo capo economista, è biasimato da molte parti per la straordinaria decisione di alzare i tassi di interesse nel 2008 e poi ancora nel 2011. E ogni volta che Trichet entra nel mercato dei bond riceve proteste dalla Bundesbank, istituto che continua ad avere un certo potere anche dopo che le banche centrali nazionali sono diventate cinghie di trasmissione della BCE>.

<Ma quella dei tedeschi è solo una voce: come il governatore successivo Mario Draghi avrebbe poi dimostrato, la BCE non era obbligata a genuflettersi. Merkel aveva bisogno della BCE quanto la BCE aveva bisogno di Berlino, l’opposizione tedesca poteva essere aggirata. Invece anziché controbilanciare il conservatorismo tedesco Trichet lo amplifica>.

<Sulla ristrutturazione del debito Merkel e il suo ministro Schauble chiedevano disciplina per tutti, banchieri, investitori irresponsabili, contribuenti. Private Sector Involvment era la parola d’ordine, vale a dire haircut . Trichet al contrario fu soft con banchieri e creditori, mentre incoraggiava i mercati a disciplinare i governi e i cittadini. Una mistura poco appetibile che non è stata un errore ma una scelta deliberata da parte di un gruppo di tecnocrati conservatori che hanno lasciato l’Europa ferita>.

<Dopo un autunno di crisi che ha reclamato gli scalpi dei primi ministri eletti di Spagna, Italia e Grecia, nel dicembre 2011 il Fiscal Pact Europeo assegna ai conservatori la vittoria istituzionale che cercavano. Trichet aveva aiutato Berlino a introdurre l’austerity nel circuito principale dell’UE.

<E’stata una vittoria politica che ha limitato la portata della politica fiscale come strumento attivo di governance politica dei governi. E ha contribuito all’agonizzante lenta ripresa dell’Europa e ai bassi livelli di investimenti pubblici>, scrive Tooze.

SI SPACCA IL FRONTE TEDESCO. Facciamo un passo indietro. Tra i 2010 e il 2011 la crisi dei debiti sovrani europei è al culmine. L’euro in caduta nei confronti del dollaro. Cosa sia veramente successo nella BCE e dintorni non sembra ancora chiarissimo. Chiara e netta è invece la rottura nel fronte tedesco.

Nel settembre 2011 inaspettatamente si dimette dalla BCE il capo economista, il falco Jurgen Stark. Senza spiegazioni, ma al giornale economico Handelsblatt ribadisce che l’unica soluzione alla crisi del debito per i governi è tagliare le spese. Sulla BCE già aleggia Mario Draghi che succederà a Trichet a novembre.

Stark si opponeva al piano di acquisto di titoli di Stato da parte di BCE, un’azione che considerava fuori dal mandato della banca centrale. Le sue dimissioni segnalano disaccordi profondi nella BCE nella maggior crisi debitoria dell’Europa, scrisse il NYT .

Di più. Per dissensi sulla politica BCE lascia la presidenza della Bundesbank Axel Weber, che in quanto governatore sedeva nel Direttivo BCE e aspirava al posto che sarà di Draghi, ma deve ripiegare sull’UBS. Il suo successore alla Banca Centrale tedesca è Jens Weidman, un altro falco, anti-Draghi. In compenso alla BCE l’importante posto di capo economista va per la prima volta a un non tedesco, il belga Peter Praet. Un segnale della nuova era Draghi.

<La rottura avvenne nel 2010, racconterà Stark al Telegraph un anno dopo, settembre 2012 (7). Allora la BCE ha cominciato a cadere nel panico sulla crisi dell’eurozona e ad assumere un nuovo ruolo, fuori dal suo mandato. Ha dato retta a pressioni esterne…esterne all’Europa …>, accenna misteriosamente. Quali, non lo dice né lo fa capire esattamente. Pressioni d’oltre Atlantico, di sicuro. Ma dalla Fed, dai ‘mercati’ ovvero banche e/o investitori che contano? Possibile, o addirittura probabile, come si vede anche esaminando le inopinate decisioni BCE di alzare i tassi nel 2008 e poi nel 2011, su cui Tooze sorvola.

PARENTESI SUI TASSI. <Diminuire i tassi, spiega Ashoka Modi, è una delle misure attive a disposizione delle banche centrali per fronteggiare crisi (insieme all’acquisto di asset), mentre le misure passive consistono nell’immettere liquidità nel sistema>. La Fed infatti riduce i tassi dal settembre 2008 fino a zero a dicembre.

La BCE invece è riluttante. E poi fa il contrario. Sebbene, come segnala Ambrose Evans Pritchard sull’(euroscettico) Telegraph già ai primi di agosto 2008 (8) siano chiari i segnali di contrazione delle economie dell’eurozona ormai in crescita negativa, (-0,5% la stessa Germania), Trichet i tassi a luglio li alza a fino al 4,25%. E tornerà ad abbassarli soltanto in seguito e gradualmente fino all’1,25 in aprile 2009.

Una decisione contraddittoria e apparentemente incomprensibile, anche più del rialzo che la banca europea deciderà di nuovo nel 2011 in due riprese prima di un nuovo round di tagli e stimoli in novembre <dopo evidenti segni di deterioramento delle economie>.

Per Modi sono tutti segni della contraddittorietà ed estemporaneità delle misure adottate da BCE, che infatti non tranquillizzano i mercati, e della riluttanza della BCE a stimolare davvero l’economia dell’eurozona.

BCE SOSTENEVA IL DOLLARO? Sulla scia di Evans Pritcherd e altri così Maurizio Blondet non esitava a titolare, senza punto di domanda, nell’agosto 2008 (9). Con qualche ragione. In quell’anno in difficoltà è il dollaro. E la scelta di mantenere un euro fortissimo aiuta il dollaro impedendogli di precipitare. Così come aiutano il dollaro gli acquisti di bond americani da parte delle varie banche centrali. Lo fa anche la BCE? <Se lo facesse anche la BCE, mentre lesina gli acquisti di bond in Europa, sarebbe grave>, scriveva Blondet non avendo precisi riscontri in proposito ma segnalando i trucchi con i quali veniva aiutata la Spagna (nel cui mercato immobiliare in crisi c’erano grandi interessi tedeschi).

INTRECCI INESTRICABILI. Modi : <Più di altre banche centrali la BCE nel 2008 adotta una politica meramente passiva provvedendo liquidità in dollari al settore bancario. In buona parte attraverso le swap lines della Fed – quelle che Tooze ha segnalato nel suo precedente articolo del 2017 sulla storia segreta della crisi (10).

Modi, la cui analisi tiene conto in primis degli effetti sui mercati, critica la BCE ma appoggia la Fed. <Fornire liquidità era necessario, la Fed dà un contributo importante alla stabilizzazione dell’area euro, creando aspettative positive nei mercati. Gli spread nei paesi periferici calano, il valore delle azioni cresce, anche quello delle banche. Al contrario il fatto che la BCE fornisca la liquidità alle banche dell’area euro non riesce a dare fiducia ai mercati nelle prospettive economiche>.

Tooze è più esplicito, e più severo anche nei confronti della Fed. Forse solo più obiettivo. Sottolinea infatti come la Fed abbia iniettato sì dollari nelle banche centrali globali (dal 2007 $10 trilioni forniti a BCE, BoE, BoJ più altre, ma non tutte: escluse Est Europa, Russia Cina) ma nell’interesse americano. Li ha forniti infatti non ai sistemi economici bensì, tramite le banche centrali, al sistema bancario. Anzi, a determinate banche. Per prevenire un contraccolpo delle banche europee “di fatto americanizzate” come Deutsche Bank e Credit Suisse e altre (in sostanza quelle “sistemiche”), e cioè <per evitare un rovinoso falò di asset americani da molti trilioni di dollari>.

FED PRESTATORE DI ULTIMA ISTANZA GLOBALE DEL SISTEMA <Questa operazioni e in particolare le swap lines legano ulteriormente la FED alle altre banche centrali che ormai governano le economie, in particolare alla BCE, in un intreccio diventato inestricabile>. In questo senso parlare di “pressioni” dall’estero e di “salvataggio del dollaro” non è esatto ma neppure del tutto fuori luogo.

<Preservare lo status del dollaro è stato per le banche centrali l’incentivo a cooperare> scrive Kostantinos Gravas, citato da Modi in un altro articolo. <La Fed ha agito come il prestatore di ultima istanza internazionale >, aggiunge, concordando con Tooze. <Dopo la grande recessione del 2007-2009 la cooperazione internazionale ha condotto a una nuova ‘pace monetaria’: l’azione coordinata fra Usa, Germania e Cina (sic) per mantenere lo status quo del dollaro come moneta di riserva globale…>. (Trump e le sue guerre economiche erano di là da venire, aggiungiamo).

L’ERA DRAGHI. Pur <istintivamente conservatore – del resto co-firma con Trichet la (famigerata) lettera a Berlusconi nell’agosto 2011 – se Draghi si è potuto permettere di adottare un atteggiamento più interventista è stato in parte perché il lavoro sporco di mettere i governi europei in riga l’aveva fatto Trichet>.

“Whatever I said”. <Quando Draghi nel luglio 2012 promette che avrebbe fatto “whatever it takes”, tutto quel che serve, la BCE appare come la salvatrice dell’euro. Draghi parla contrastando lo scenario di una rinnovata crisi in Spagna e delle paure su Italia e Grecia. E lo fa a Londra di fronte a investitori di fondi hedge non tanto disperati quanto esasperati. Come poi riferirà a un amico, “l’incurabile ossessione dell’Anglosfera per la fine dell’euro venne assorbita”>.

E’ Il “sentimento dei mercati” migliorato da Draghi di cui parla Modi, che assegna però un’importanza preminente all’ OMT (acquisto diretto di titoli di stato a breve termine emessi da paesi in difficoltà sia pure a condizioni precise e restrittive concordate con la banca centrale) annunciato dalla BCE poco dopo.

Spiega Tooze: <Gli scettici nella City non avevano capito quanto lontano l’Europa si era spinta. Non solo aveva aderito a un’unione bancaria ma – per quanto conflittuali i negoziati e per quanto deflazionario il risultato – aveva anche stabilito una struttura fiscale. L’Europa stava evolvendo e l’impegno dei suoi governi era ormai di gran lunga troppo grande per tornare indietro, anche di fronte a un lungo periodo di intransigenza della BCE.>

<Ovviamente il prezzo pagato per la vittoria della BCE è stato alto: lo shock del 2010-11, seguito da una severa dose di austerity hanno gettato l’economia europea in una prolungata seconda recessione. Nessuno dubita che ci siano molti business improduttivi in Italia e Grecia assillati da cronici insufficienti investimenti ma la loro attuale sofferenza e senso di impotenza devono molto al modo in cui le economie sono state condotte con una domanda anemica>. Anche Modi qui concorda.

Tooze come Modi fa un paragone con gli USA e i vari QE della Fed (…). <La BCE ha lasciato che il suo bilancio collassasse. Crediti e investimenti si sono contratti. I debiti cattivi si sono moltiplicati. Una generazione di studenti e laureati si è trovata tagliata fuori dal mercato del lavoro, la disoccupazione giovanile nei paesi più colpiti dell’eurozona è salita fin quasi al 50%. La scena politica è stata stravolta, con i critici dell’euro e della BCE in crescita, da destra e da sinistra>.

<E’ stato solo nel 2015, quando si è materializzato il rischio di una deflazione in stile Giapponese che la BCE finalmente schiaccia l’acceleratore. In marzo di quell’anno si imbarca in un QE su scala massiccia, raddoppiando il suo bilancio (=stampando moneta in quantità) fino al 2018.

<Quasi subito l’aumentata liquidità ha offerto un sia pur modesto sostegno alla ripresa europea. Ma le conseguenze politiche, attraverso il mercato dei bond, sono state più drammatiche. Il QE ha isolato l’eurozona da ogni contagio dalla rinnovata crisi greca del debito greca nel 2015 (…) Non c’è rischio di contagio quando la BCE drena i mercati di bond disponibili da comprare. <E’ la prova che l’intera crisi dei debiti sovrani avrebbe potuto essere evitata se Trichet non avesse scelto, deliberatamente, di portare l’’Europa alla rovina>.

I VENTRILOQUI. Anche con Draghi, la protezione da parte della BCE avviene a determinate condizioni sottolinea Tooze. <Per giustificare gli acquisti di bond da parte della banca centrale un debito sovrano deve avere un certo rating di investimento. Anche se domina il mercato dei bond, la BCE lascia che i ventriloqui del suo atteggiamento conservatore siano le agenzie di rating. In Portogallo il governo di coalizione di sinistra è appeso al filo di un solitario rating. L’Italia dovrà subire pressioni se il nuovo governo devierà dal sentiero del rispetto delle regole>. Come infatti è avvenuto, sia pure con compromessi finali. E la partita è più che mai aperta oggi, febbraio 2019.

CONSIDERAZIONI. 1. MODI.<Ideologia e limitazioni sono incorporate nel contratto dal quale è nato l’euro>, osserva Modi. <Per di più la mancanza di accountability isola la BCE da meccanismi e incentivi a cambiare>. Dove il termine inglese poco traducibile si riferisce al fatto che la BCE non rende conto a nessuno. E’ un punto chiave. Un limite che emerge sempre più spesso. Dalla Corte dei Conti Europea, che lamenta il diniego all’accesso di documenti indispensabili alla sua funzione di controllo – come ha sottolineato anche l’economista “sovranista” Alberto Bagnai (cit)- a transparency.eu che contesta la mancanza di trasparenza dell’Eurogruppo, il consesso – per di più del tutto informale – dei ministri economici dell’eurozona (11).

Sebbene consideri l’OMT (acquisto diretto di titoli di stato a breve termine emessi da paesi in difficoltà ma a condizioni precise e restrittive concordate con la banca centrale) annunciato ma mai attuato da Draghi, l’unica misura attiva forte, Modi non salva neppure la gestione post-Trichet della BCE. Fino a oggi. E denuncia i limiti politici agli stimoli: l’aver negato la minaccia di una inflazione troppo bassa; l’aver ritardato il QE (fino al 2015); e, alla fine del 2018, il negare la recessione in atto e un prolungamento del QE>. Solo per riflessi lenti della banca?

2. TOOZE. <Perché la Bce può esercitare tale influenza sul destino dell’Europa?> si chiede. <La risposta è che per qualsiasi intento o obiettivo unirsi all’eurozona è irrinunciabile. L’UK sta lentamente scoprendo a sue spese che cosa comporta “riprendersi il controllo”>. E <un’uscita dall’euro sarebbe molto più dirompente per la vita quotidiana persino di quanto sarebbe per l’UK la Brexit più estrema>. <Molti economisti continuano a far congetture sulla sopravvivenza dell’euro ma pochi politici europei ne discutono seriamente>, aggiunge. Anzi.

<Dal 2006 sette nuovi paesi hanno cercato la protezione della seconda moneta più importante. Con l’UK sulla via di lasciare l’UE, Bruxelles non fa mistero del suo obiettivo di rendere l’euro la moneta comune dell’intera Unione>. E in un’Europa che tende progressivamente a coincidere con l’eurozona governata dalla BCE, tra le righe di Tooze si intuisce come il Regno Unito sia praticamente costretto a staccarsi.

Altro che mistero. <In applicazione dello Statuto, il Consiglio Generale BCE verrà sciolto quando tutti i membri UE avranno adottato l’euro>, informa la stessa banca sul suo sito. Ed è interessante osservare che in tale Consiglio, che affianca Comitato Esecutivo e Consiglio direttivo e ha fra i suoi compiti la redazione del rapporto annuale della BCE, oltre a presidente e vicepresidente, siedono i governatori dei 19 paesi dell’area ma anche i 9 che non ne fanno parte. Tra questi c’è il governatore della Bank of England, banca che in teoria è il secondo maggior ‘azionista’ BCE (col 14,3% del capitale sottoscritto, dopo di che ai paesi non euro sono stati via via applicati sconti fino a farli versare solo il 3,75%). “L’appartenenza all’UE vincola le banche non-euro?” Era del resto il titolo di un dibattito organizzato da Bruegel a gennaio 2016 (ante-Brexit) intorno a un report di Bank of England, purtroppo non più online (12). Segno che un problema c’è.

<Intanto – continua Tooze – la disoccupazione cronica continua, soprattutto fra i giovani della “periferia meridionale” i cui voti hanno fatto sorgere partiti di protesta. Ma quelli poi andati al governo sono finora indietreggiati davanti a un confronto definitivo> – scrive con un occhio all’Italia. <Semplicemente in gioco c’è troppo>. Sarà per questo che l’euro piace al 75% degli europei, come ha ricordato recentemente Draghi.

BCE E EUROPA. <Sebbene (all’euro )non vi siano alternative e la sola uscita non sia contemplabile… non significa che non esistano scelte. I 20 anni di vita dell’euro mostrano che le scelte contano molto. Il fatto è che la maggior parte di tali scelte sono concentrate nelle mani della banca centrale. La crisi del 2008 è stata il risultato di fallimenti ed errori dell’insieme del capitalismo occidentale. Ma la disastrosa reazione europea è stata una questione di scelta> (…) <Con Draghi le cose sono diventate più tollerabili, ha offerto un sostanziale sollievo monetario e, sia pure a certe condizioni, ha protetto i governi dal mercato dei bond. Ma l’approccio fondamentalmente conservatore della BCE rimane inalterato>.

<Le istituzioni contano ma a fare le politiche sono le persone>, conclude Tooze. E <se dopo Draghi arriverà il superfalco Jens Weidman, si tornerà a Trichet>. (Oggi però le chances del presidente della Bundesbank appaiano calanti).

E poi <perché gli europei accettano una BCE che ha solo il mandato del controllo dell’inflazione, a differenza della banca centrale americana? Se persino il regime della Cina capisce il legame fra crescita, lavoro e legittimazione e agisce politicamente di conseguenza, perché l’Europa persiste nel negare l’ovvio?>.

<Non è la sola questione per l’Europa. Con una politica americana sempre più nella scia nazionalista, sembra sensato chiedersi se la Fed sarebbe di nuovo in grado di servire da ancora stabilizzatrice del sistema globale, come ha fatto>. Vari analisti, come Nouriel Roubini, ritengono di no. <A un certo punto il mondo può aver bisogno che l’Europa agisca come una forza più assertiva anche nella politica monetaria globale>. Già, ma ne sarebbe è in grado?

DUBBI E DOMANDE. <A fare le politiche sono le persone>, afferma Tooze. Ma è davvero così? Se le economie dipendono dalle banche centrali e queste sono ormai inestricabilmente intrecciate fra loro; se la Fed ha un ruolo dominante, col dollaro moneta di riserva globale; e se il ventriloquo della BCE sono le agenzie di rating, i cui azionisti istituzionali sono poi gli stessi che si ritrovano nelle principali megabanche, cosa possono fare i governatori BCE? Hanno una qualche autonomia? Oppure vengono scelti – in modo certo non trasparente – proprio in funzione di politiche previste “dall’esterno”?

Trichet era un ex governatore della Banca di Francia, Draghi oltre che ex Bankitalia è anche un “alunno” di Goldman Sachs (come Jeorg Kukies, il viceministro dell’economia dell’attuale governo della Germania con delega per Europa e politiche dei mercati finanziari) banca che, tra le più potenti, è anche la più “politica”. E Draghi nel 2018 ha rifiutato la richiesta formale inoltrata dal Controllore Europeo (Ombudsman) Emiliy O’Reilly di non partecipare più al G30, come segno di indipendenza della BCE e per i possibili conflitti di interessi denunciati dal Corporate Europe Observatory (13). Un forum consultivo informale e affatto trasparente, il G30, dove siedono alcuni dei principali attori pubblici e privati del sistema bancario internazionale – come JP Morgan (chairman), Goldman Sachs, UBS, Blackrock, Bank of England ecc. persino Bank of China, con vari ex come Volker, Trichet, King, Noyer, Geithner, Summers, più qualche accademico e analista (14).

E a proposito di Germania: è sembrata per anni – fino a oggi – non solo il dominus europeo ma anche una sorta di referente o trait d’union con gli US. Tanto più da quando col crollo dell’Urss l’attenzione della finanza angloamericana si è concentrata sull’Europa (vedi Gravas).Underblog ne scrisse a proposito dell’evoluzione di Deutsche Bank, la più americanizzata delle banche europee, in un post dedicato a Blackrock (15), sulla scia di un articolo di Limes che ipotizzava un ruolo della Roccia Nera, azionista di peso di Deutsche Bank, nei tracolli del 2011 che travolsero anche l’Italia. Utile rileggerlo, per allargare lo sguardo agli intrecci azionari che coinvolgono anche agenzie di rating e megabanche. Le stesse banche che partecipano al G30 e ritroviamo azioniste di primo piano della Fed, che al contrario di quel che si crede non è un istituto pubblico ma è posseduta al 100% da privati.

Infine: quanto conviene agli US un euro e una UE relativamente deboli? <L’euro potrebbe accrescere il suo ruolo di moneta globale solo rallentando il relativo declino dell’economia dell’Eurozona attraverso una rapida crescita> conclude Daniel Gros, direttore del Center for European Policy Studies di Bruxelles, in” The Mirage of a Global Euro”. Un ruolo che Gros non sembra auspicare e una crescita che non si è verificata. Anzi, l’UE sta rallentando.

Se ne rallegreranno i trump-nazionalisti, che non nascondono la loro ostilità all’Europa, in primis alla Germania, la concorrente più fastidiosa dell’America First. I sovranisti europei sembrano voler loro dare una mano. Ma non è detto che la grande finanza che nell’UE ha investito tanto sia dello stesso avviso. La figura del nuovo governatore darà un primo segnale. Poi starà ai governi europei – posto che ne siano in grado – apportare alle istituzioni UE dei cambiamenti, ma quali? Quelli ai quali accennava Draghi?

  1. https://www.prospectmagazine.co.uk/magazine/adam-tooze-european-central-bank A. Tooze, The bank that nearly broke Europe, 2018
  2. https://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2018-12-19/bce-grande-affare-stress-test-schauble-apre-caso-bce–071039.shtml?uuid=AEy2Uz1G e https://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2018-12-22/stress-test-blackrock-no-grecia-bce—092111.shtml?uuid=AEXEwu3G
  3. https://www.startmag.it/economia/vi-spiego-che-cosa-non-va-nella-bce-parla-bagnai-lega
  4. https://www.corriere.it/economia/19_febbraio_22/draghi-difende-l-europa-uscire-ue-non-da-maggiore-sovranita-ef749550-36c1-11e9-a77e-854ef271b7f8.shtml , uno dei tanti articoli. Il più esteso su Il Foglio.
  5. https://voxeu.org/article/ecb-s-performance-during-crisis e https://www.cesifo-group.de/DocDL/cesifo1_wp7400.pdf
  6. https://www.palgrave.com/us/business-insights/the-role-of-central-banks-and-the-monetary-peace
  7. https://www.telegraph.co.uk/business/2016/10/01/its-not-just-deutsche-european-banking-is-utterly-broken/
  8. https://www.telegraph.co.uk/finance/2794845/ECB-slammed-as-Europe-crumbles.html 2008
  9. http://www.effedieffe.com/index.php?option=com_content&task=view&id=4168&Itemid=179
  10. https://www.prospectmagazine.co.uk/magazine/the-secret-history-of-the-banking-crisis
  11. https://transparency.eu/event-does-the-eurogroup-exist-informal-governance-fragmented-accountability/ e https://www.startmag.it/mondo/la-bce-non-e-trasparente-parola-della-corte-dei-conti-europea/
  12. http://bruegel.org/events/the-bank-of-england-in-europe-does-eu-membership-constrain-non-euro-central-banks/)
  13. https://it.businessinsider.com/la-bce-e-i-legami-pericolosi-con-le-grandi-banche-nel-gruppo-dei-30-draghi-risponde-picche-alla-denuncia-del-mediatore-europeo/ e https://www.agi.it/estero/ue_ombudsman_o_reilly_draghi-3382078/news/2018-01-18/
  14. http://group30.org/members
  15. https://www.lastampa.it/2015/04/13/blogs/underblog/fu-davvero-blackrock-a-ispirare-il-cambio-di-scena-del-in-italia-ej5SJuX0LL9ZyFoWYPOmbL/pagina.html
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