La campagna anti-Cina e la (falsa) narrazione sugli Uiguri detenuti nei campi.

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Il premio Sakharov assegnato dall’Europarlamento a un attivista cinese pro Uiguri ha irritato Pechino. L’ambasciatore all’UE Zhang, veterano della diplomazia cinese, lo ha citato nelle sue rimostranze per le crescenti tensioni che minano i rapporti commerciali con l’UE e gli investimenti cinesi, invitando ad agire secondo i principi del libero mercato e il multilateralismo.

Ilham Thoti, il premiato, difensore della Comunità Musulmana Uigura, è da anni in carcere per aver promosso l’indipendenza dello Xinjiang, la regione semi-autonoma del nord est della Cina dove vivono 8.6 milioni di Uiguri – etnia turcofona di religione islamica sunnita- insieme a Tibetani, Tagichi, Hui e Han.

Proteste anche maggiori da parte di Pechino e dei media cinesi ha poi suscitato la dichiarazione del calciatore di origine turca dell’Arsenal sul trattamento che la Cina riserverebbe agli Uiguri, incitando i musulmani nel mondo a protestare. Peraltro, stante i rapporti economici di tanti paesi musulmani con la Cina, l’appello è caduto nel vuoto, con l’eccezione, cauta, della Turchia.

La campagna anti-Cina a tutto campo degli Usa di Trump da un pezzo ha messo in primo piano la questione degli Uiguri, musulmani che paradossalmente questa volta l’America difende in nome dei “diritti umani, al pari delle rivolte di Hong Kong. Secondo i media occidentali ben 1 milione di Uiguri sarebbero detenuti in “campi di rieducazione” ovvero “di concentramento” cinesi. Vedremo più avanti il fondamento di tali accuse, sulle quali Underblog si era già soffermato.

LO XINJIANG E LA VIA DELLA SETA. Ma l’aspetto più interessante lo segnala un recente post di Global Research : quel che accade oggi nello Xinjiang, che confina con ben cinque paesi, fra i quali Afghanistan e Pakistan, va visto nel contesto dei mutamenti in corso nell’Asia Centrale.

Lo Xinjiang, territorio desertico largamente disabitato e sottosviluppato, è dotato di riserve petrolifere e minerali ed è fonte primaria di gas naturale per la Cina.

Eppure il punto chiave è ancora un altro: è il fatto che lo Xinjiang rappresenta il centro logistico dell’ambiziosa iniziativa cinese della Belt and Road (BRI). Quell’arida e spopolata regione è la porta di accesso all’Asia Centrale e Occidentale, e ai mercati dell’Europa.

La ferrovia Southern Xinjiang Railway che corre verso la città di Kashgar nell’ovest cinese è oggi collegata alla rete ferroviaria del Pakistan nel Corridoio Economico Cina-Pakistan, progetto della BRI, noto anche come Nuova Via della Seta in omaggio agli antichi percorsi carovanieri che univano Asia ed Europa. Vedi la mappa.

Il governo americano è profondamente ostile a questo grande progetto di sviluppo economico – scrive Global Research – e sta facendo tutto il possibile per sabotare i piani di Pechino. La campagna USA è parte della strategia militare “Pivot to Asia” insieme alle minacce navali nel Sud Est Cinese e al sostegno ai movimenti separatisti di Hong Kong, Taiwan e Tibet” (quest’ultima regione peraltro aspira soltanto ad un’autonomia culturale).

UN MILIONE DI UIGURI PRIONIERI? Non è vero, secondo il post. Che nega quel che il governo americano e i media in genere vanno scrivendo: ovvero che la fonte della notizia del milione di detenuti in campi “di concentramento”, in gran parte Uiguri, sia l’ONU.

Il post cita la smentita fatta in un dettagliato report investigativo da Ben Norton e Ajit Singh intitolato “No, l’ONU non ha riferito che la Cina ha vasti campi di internamento per i musulmani Uiguri’ (Grayzone.com, 23 agosto2018). Il report racconta come questa asserzione molto pubblicizzata sia interamente basata su non provate accuse di un singolo membroamericano –  tal Gay Mc Dougall, di un “comitato indipendente” dal titolo “Comitato Onu per l’Eliminazione delle Discriminazioni Razziali”.

 L’Ufficio ONU dell’Alto Commissario per i Diritti Umani del resto ha confermato che nessun corpo ONU o  comunque ufficiale ha mosso queste accuse alla Cina.

NARRAZIONE PILOTATA. <Dopo che questa fraudolenta storia ha ricevuto ampia copertura mediatica, è stata seguita da report del Network of Chinese Human Rights Defenders, rete dei difensori dei diritti umani che ha base a Washington. Un gruppo che riceve la maggioranza dei suoi fondi da sovvenzioni governative, in particolare dalla NED, National Endowment for Democracy legata alla CIA, fonte di finanziamenti per operazioni di ‘regime change’ nel mondo>.Notoriamente, aggiungiamo.

Da notare che il Network of Chinese Human Rights Defenders – segnala il post – ha lo stesso indirizzo di Human Rights Watch, la nota Ong americana per la difesa dei diritti umani, <che è stata la maggior fonte di attacchi a governi presi di mira dagli US, come Venezuela, Nicaragua, Cuba, Siria e Cina. E da tempo chiede sanzioni contro Pechino>.

Ancora. Le fonti del Network di cui sopra comprendono Radio Free Asia, un’agenzia di notizie finanziata da decenni dal governo US, il World Uighur Congress, altra origine di reports sensazionalistici, finanziato anch’esso dalla NED. Il governo americano è anche dietro all’ International Uighur Human Rights and Democracy Foundation e all’Uighur American Association.

Una rete capillare e ben sovvenzionata che secondo Grayzone genera report falsi. Ma apparentemente si presenta come un insieme di gruppi imparziali della società civile, Ong, think tanks e con la copertura dei diritti umani promuove interventi e sanzioni.

UIGURI MERCENARI. Il post continua raccontando come la CIA – che aveva cominciato nel 1979 a operare con l’ISI, intelligence Pakistana, e con fondi sauditi, reclutando Mujiaeiddin in Afghanistan per abbattervi il governo – <per decenni insieme all’ISI ha poi assoldato mercenari Uiguri, pianificando di usarli come forza terroristica in Cina. E atti terroristici e attentati in Xinjiang ne sono stati infatti compiuti diversi, vedi Underblog citato.

<Per la stessa ragione ha arruolato Ceceni dalla regione Russa del Caucaso. Entrambi i gruppi sono stati poi incanalati in Siria per il regime change in quel paese. Queste forze fanatiche, insieme a altri gruppi etnici, hanno formato l’ossatura di Al Quaida e  dell’Islamic State Group. Salvo che dopo l’11 settembre queste forze sono poi state considerate nemiche>.

Gli Uiguri dello Xinjiang furono fra i prigionieri di Al Quaida catturati in Afghanistan e imprigionati per anni a Guantanamo, senza accuse. E nelle peggiori condizioni di detenzione, secondo vari ricorsi legali.

La copertura mediatica sullo Xinjiang intende distogliere l’attenzione dai crimini delle guerre americane, dall’Afghanistan all’Irak alla Siria? Se lo chiede il post, che cita i 27.000 prigionieri detenuti dagli US in 100 luoghi segreti del mondo, come da inchiesta Onu [ricordate le extraordinary renditions?]. E le migliaia di files e video fatti filtrare da Wikileaks che  a suo tempo hanno documentato le torture, esecuzioni sommarie e altri crimini perpetrati in Irak [Abu Grahib eccetera], rivelazioni costate carissime a Chelsea Manning e Assange. E che del dire del CIA Torture Report del Senato americano (2014) che ha confermato il programma di Detenzioni e Interrogatori approvato dai vertici. Su 6000 pagine ne sono state rilasciate solo 525.

Ma torniamo agli Uiguri.

UIGURI IN SIRIA. <Nel tentativo di regime change più di 100.000 mercenari stranieri e forze fanatiche ben equipaggiate, rifornite e ben pagate sono confluite nel paese, dove un terzo della popolazione verrà sradicata e milioni saranno i profughi.

A partire dal 2013 migliaia di combattenti Uiguri furono fatti entrare clandestinamente in Siria per addestrarsi insieme al gruppo estremista Uiguro noto come Turkisstan Islamic Party. Combattendo con unità di Al-Qaida e di Al-Nusra, queste forze hanno avuto ruoli chiave in diverse battaglie>.

Come riferito da Reuters, Associated Press e Newsweek, che hanno parlato di oltre 5000 combattenti Uiguri presenti in vari gruppi militanti in Siria.

Secondo i media Siriani una colonia Uigura ha trasformato la cittadina di Zanbaka, al confine turco, in un campo trincerato per 18.000 persone. Molti combattenti Uiguri erano stati fatti arrivare nella zona di confine turco con le loro famiglie. Parlando turco anziché cinese avevano i sostegno dei servizi segreti turchi.

LA VIA CINESE ALLA RIEDUCAZIONE. Dopo che, fino dagli anni ’90 attacchi terroristici ed esplosioni hanno ucciso centinaia di civili in zone commerciali, treni affollati, stazioni di autobus, la Cina ha infine deciso di adottare nei confronti dei gruppi fanatici ‘armati’ di estremismo religioso un approccio diverso. E ha dato vita grandi centri professionali di educazione e di addestramento.

Anziché peggiorare le situazioni di sottosviluppo con campagne di bombardamenti e arresti, cerca di impegnare la popolazione nell’istruzione, nello sviluppo di capacità e in un rapido miglioramento economico e infrastrutturale. Da quando la campagna è iniziata nel 2017 gli attacchi terroristici nello Xinjiang sono finiti.

POSIZIONI CONTRO E A FAVORE. Lo scorso luglio 22 paesi, per lo più europei più Canada, Giappone, Australia e Nuova Zelanda hanno spedito una lettera al Consiglio ONU per i Diritti Umani criticando la Cina per le detenzioni arbitrarie e altre violazioni nei confronti dei Musulmani nello Xinjiang. Nessun firmatario da uno stato musulmano, sottolinea il post.

Qualche giorno più tardi, un gruppo di 34 paesi – diventati poi 54 – hanno sottoscritto una lettera in difesa delle politiche di Pechino, a sostegno delle misure di contro-terrorismo e de-radicalizzazione in Xinjiang. Tra i firmatari figurano più di una dozzina di paesi dell’Organization of Islamic Cooperation dell’ONU.

Secondo un ulteriore comunicato del 31 ottobre (2019) al Terzo Comitato dell’Assemblea Generale ONU un certo numero di diplomatici organismi internazionali, funzionari e giornalisti si sono recati nello Xinjiang per testimoniare il progresso dei diritti umani e gli esiti del controterrorismo e della de-radicalizzazione. “Quel che hanno visto e udito in Xinjiang contraddice completamente quel che riferiscono i media “, si legge nel comunicato.

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