Hiroshima, le menzogne e il falso mito. Fu un atto politico verso l’URSS, l’inizio della Guerra Fredda.

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“Il mondo rileverà che la prima bomba atomica è stata lanciata su Hiroshima, una base militare. Perché desideravamo evitare per quanto possibile in questo primo attacco, di uccidere dei civili”. Così il presidente Harry S. Truman in un discorso radiofonico alla nazione il 9 agosto 1945. Nello stesso giorno in cui il presidente si rivolgeva agli americani gli Usa lanciavano la seconda bomba nucleare. Hiroshima era stata colpita e annientata solo tre giorni prima: 70-80.000 vittime immediate, saranno 200.000 alla fine del 1945, quasi tutti civili.

Hiroshima non era affatto una base militare come voleva far credere il presidente americano per giustificare quella che non era stata nemmeno una decisione obbligata per indurre il Giappone ad arrendersi e por fine alla seconda Guerra Mondiale salvando migliaia di soldati americani – come da narrazione ufficiale: un mito costruito a tavolino per nascondere la verità: il Giappone era già sconfitto e stava per arrendersi. Gli alti gradi militari erano in gran maggioranza contrari alla bomba, come del resto gli scienziati.

E allora? Secondo la storiografia recente l’atomica dagli effetti consapevolmente dirompenti fu una scelta tutta politica, volta a dimostrare all’Unione Sovietica la supremazia americana e segnò l’inizio della Guerra Fredda, della corsa agli armamenti, della Russia “nemica”. E di una strategia della “deterrenza” che ha condotto il mondo a dotarsi di 18.000 testate atomiche attive possedute oggi da 9 paesi, 4 dei quali non aderenti nemmeno al Trattato di Non Proliferazione del 1970 (India, Pakistan, Israele e Corea del Nord che si sono aggiunti a Usa, Russia, Francia, UK, Cina).

Nel 1985 le testate attive erano addirittura 65.000.Lo raccontano vari post rilanciati per il 73° anniversario di quelle orrende stragi, occasione in cui ogni anno i media ripropongono la narrazione ‘patriottica’ delle due bombe lanciate sul Giappone per indurlo ad arrendersi, causando la fine della guerra e salvando le vite di centinaia di migliaia di soldati americani che non hanno più dovuto invadere le isole nipponiche.

Una scusa tirata fuori a caldo per giustificare la decisione inaudita, poi cuore del mito costruito ad arte per avvalorare quella scelta e i suoi obiettivi politici, che perdureranno nel tempo. Fino a oggi.La menzogna sulle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein insomma non è certo stata la prima e non sarà l’ultima, fabbricata a tavolino per giustificare decisioni già prese per motivi politici pubblicamente inconfessabili. Compresi i tanti “interventi umanitari” e le “sollevazioni popolari” alimentate nei tentativi di regime change.

LE PAROLE DI TRUMAN. Sono state recuperate da Global Research che ne fornisce anche il link audio: (Listen to Audio of Truman’s speech, Hiroshima audio video)“ Abbiamo scoperto la più terribile bomba della storia del mondo. Potrebbe provocare la distruzione totale profetizzata nella valle dell’Eufrate nell’era dopo Noè e la sua arca… Quest’arma deve essere usata contro il Giappone … La useremo così che militari e soldati e marinai siano il bersaglio e non le donne e i bambini. Anche i Giapponesi sono barbari, spietati, crudeli e fanatici, e noi in quanto leader del mondo per il bene comune non possiamo lanciare questa terribile bomba sulla vecchia capitale [tra i bersagli considerati c’era anche Kyoto]o su quella nuova ….Il bersaglio sarà puramente militare … Sembra essere la cosa più tremenda mai scoperta, ma può diventare la più utile”.

“Stava mentendo a sé stesso o era stupido o ignorante? – chiede il post di Global Research. https://www.globalresearch.ca/hiroshima-a-military-base-according-to-president-harry-truman-2/5602782 . Chiunque negli alti ranghi militari sapeva che Hiroshima era un’area urbana densamente popolata con circa 300.000 abitanti (1945)”.

“Ma quell’attacco è solo un avviso – proseguiva Truman. Se il Giappone non si arrende, altre bombe verranno lanciate sulle sue industrie belliche e sfortunatamente, migliaia di civili verranno colpiti. I civili giapponesi lascino le loro città industriali immediatamente e si salvino dalla distruzione. Sono consapevole del tragico significato della bomba atomica…La sua produzione è stata intrapresa da questo governo . Eravamo a conoscenza che i nostri nemici erano sulla stessa strada. Oggi sappiamo quanto erano vicini a realizzarla, ma già allora eravamo consapevoli che disastro sarebbe stato per questa nazione, per tutte le nazioni che amano la pace e per tutte le civiltà, se avessero centrato per primi l’obiettivo. Ecco perché ci sentivamo impegnati a intraprendere il lavoro incerto e costoso della sua scoperta e produzione.

“Abbiamo vinto la corsa e l’abbiamo realizzata prima della Germania. “E avendo la bomba l’abbiamo utilizzata, contro quelli che ci hanno attaccati a sorpresa a Pearl Harbor, contro quelli che hanno affamato, picchiato e ucciso i prigionieri di guerra americani, che hanno abbandonato ogni pretesa di obbedienza alle leggi internazionali. L’abbiamo usata per accorciare l’agonia della guerra e salvare tante vite”.

Una retorica nobile quanto ipocrita, come vedremo. Tanto più se si dà retta alle teorie complottiste ma ben documentate, secondo le quali la stessa Pearl Harbor nel 1941 fu un clamoroso false flag, decisivo per indurre gli USA a entrare in guerra.

CONTRARI I MILITARI. Lanciare la bomba per far finire la II guerra Mondiale? La maggior parte degli alti ufficiali americani la pensava in altro modo, racconta il Washington’s Blog in un lungo post con molte citazioni. Per lo più tratte dal rapporto del luglio ’46 dell’U.S. Strategic Bombing Survey Group istituito da Truman per studiare gli attacchi aerei sul Giappone. Ne prendiamo alcune.

“In base a indagini dettagliate dei fatti e a testimonianze dei leader nipponici sopravvissuti, è opinione dei ricercatori che sicuramente entro il Dicembre 1945 e molto probabilmente entro il 1 Novembre ’45 il Giappone si sarebbe arreso anche se le bombe atomiche non fossero state lanciate, anche se la Russia fosse entrata in quella guerra, e anche se una invasione fosse stata pianificata o contemplata”.

Il generale Dwinght Eisenhower – allora Comandante Supremo delle Forze Alleate, al quale si deve la maggior parte dei piani dell’America per l’Europa e il Giappone nella II Guerra Mondiale, disse: “I Giapponesi erano pronti ad arrendersi e non era necessario colpirli con quella cosa infame” (link ). … Eisenhower racconta di essere stato informato dal segretario alla Guerra Stimpson – venuto a trovarlo in Germania – sul successo dei test in New Mexico e dei piani segreti per utilizzare la bomba, aspettandosi un suo vigoroso assenso. Che non ci fu.

Al contrario: Eisenhower era certo della completa inutilità della bomba, primo, perché il Giappone era già sconfitto e secondo perché il paese avrebbe dovuto evitare di scioccare il mondo con un’arma micidiale il cui uso, era convinto, non serviva affatto a risparmiare vite americane.Non era il solo ad avversare l’iniziativa.

L’elenco degli alti gradi militari contrari all’uso della bomba – convinti della sua inutilità da un punto di vista strategico, e tanto più ostili dal lancio in aree molto popolate al punto da esserne moralmente offesi – è lungo, come riferisce il W Blog. Ma la loro opinione si manifestò per lo più dopo. A quanto pare neppure gli alti ufficiali erano al corrente di quel che stava maturando. Persino il generale Douglas MacArthur, comandante supremo per il Giappone, avrebbe ignorato lo stato di avanzamento dei piani sull’atomica fino all’ultimo.

L’ordine venne direttamente da Washington e il Dipartimento della Guerra lo notificò a Mac Arthur solo cinque giorni prima del lancio su Hiroshima. Ad essere a conoscenza dei piani erano di sicuro Eisenhower, come abbiamo visto, e l’Ammiraglio William Leahy – il più alto in grado tra i militari tra il 1942 fino alla pensione nel 1049, capo di fatto del Joint Chiefs of Staff che fu al centro di tutte le decisioni militari del II Conflitto mondiale.

Entrambi si spesero col Presidente per indurlo a soprassedere, ha raccontato Gar Alperovitz nel suo libro The Decision to Use the Bomb che non si limita a spiegare le vere ragioni per cui l’atomica fu fatta esplodere ma anche il perché del mito. Qui una sintesi https://www.lewrockwell.com/2006/08/john-v-denson/the-hiroshima-myth/ .

L’Ammiraglio Leahy, probabilmente la persona più vicina a Truman dal punto di vista militare, deplorò l’uso della bomba (definita un’arma ‘barbara’), consigliò fortemente il Presidente a non utilizzarla e lo invitò invece a rivedere la politica della resa incondizionata, permettendo così al Giappone di arrendersi mantenendo sul trono il suo Imperatore. Una clausola decisiva.

Da parte sua Eisenhower – il futuro presidente americano che alla fine del suo secondo mandato non esiterà a mettere in guardia i concittadini sui rischi insiti nel crescente potere di quel che definì ‘apparato militar-industriale’- intorno al 20 luglio 1945 in un incontro col presidente Truman fece pressione affinché non facesse ricorso alla bomba. Non era necessario colpire i Giapponesi con una cosa così orribile… usare l’atomica, uccidere e terrorizzare civili senza neppure tentare [dei negoziati] era un doppio crimine. Eisenhower disse anche a Truman che non era necessario che “soccombesse” a James Byrnes.

LA DECISIONE FU POLITICA. Chi era Byrnes? La vera storia della bomba è più complicata di quanto la retorica abbia fatto credere. E ha che vedere con la resa senza condizioni da imporre al Giappone: una politica che Truman aveva ereditato da Franklin Delano Roosevelt e che pesava non poco nel rallentare la decisione dei nipponici, in quanto avrebbe comportato la destituzione del loro imperatore, considerato di discendenza divina .

Che l’obiettivo fosse politico e non militare lo ammise persino un generale che a posteriori fu favorevole alla decisione, come il generale George G. Marshall. E un certo numero di storici – racconta il W Blog – concordano nel dire che l’obiettivo fu dimostrare all’Urss la superiorità degli Usa e limitare la sua espansione piuttosto che la fine del conflitto mondiale. E anche limitare l’espansione dell’URSS in Asia, suggeriscono nuovi studi citati basati su archivi di Usa, Giappone e URSS.

Alperovitz non la pensa diversamente, ma nella sua puntigliosa ricostruzione dei fatti entra nei dettagli e assegna un ruolo chiave a Byrnes, personaggio poco noto ai più. Politico democratico di lungo corso, molto amico di Franklin Delano Roosevelt, aveva partecipato in febbraio col presidente alla conferenza di Yalta con Stalin e Churchill ed era poi stato incaricato di farne accettare le conclusioni al Congresso americano e all’opinione pubblica.

La Germania nazista era sconfitta ma la guerra continuava in Asia contro il Giappone, l’Urss avrebbe dovuto parteciparvi dopo la resa tedesca, avvenuta poi in maggio. Così era stato stabilito.Byrnes si aspettava di diventare il vice di Roosevelt, eppure questi aveva invece scelto Truman che pochi mesi dopo, alla mortedi FDR in aprile, si ritrova presidente. E proprio a Byrnes si rivolge il neopresidente, che oltre a tutto ben poco sa del segretissimo Progetto Manhattan.

Secondo Alperovitz tutti i (pochi) consiglieri militari e civili di Truman, e anche il primo ministro britannico Churchill e i suoi vertici militari consigliavano al presidente americano di rivedere la politica della resa incondizionata così da consentire al Giappone di arrendersi. Byrnes la pensa diversamente. E’ sospettoso e preoccupato per l’espansione dell’Urss, avanzata in Europa fino a Berlino inglobando tutta l’Europa dell’est, e per le rigidità di Stalin sui risarcimenti enormi da imporre alla Germania. (Churchill era più disponibile, grato all’Urss per aver fermato i nazisti, aveva accettato la partecipazione sovietica alla guerra asiatica e mirava a farla entrare nell’Organizzazione delle Nazioni Unite).

E’ Byrnes, che segue da vicino l’avanzamento della bomba, a convincere Truman non solo a mantenere la clausola della resa incondizionata nipponica ma anche a rinviare la conferenza di Potsdam a dopo che il test dell’atomica aveva avuto successo. La conferenza venne infatti convocata il 26 luglio, dopo che il 25 luglio era stato segretamente deciso il lancio dell’atomica (ma non ancora i bersagli definitivi).

Byrnes contava di impressionare Stalin e di dimostrare la superiorità degli Stati Uniti detentori della prima arma di distruzione di massa, inducendo Stalin a limitare le sue richieste e le sue attività nel periodo post bellico nonché le sue mire espansionistiche in Asia. Voleva dimostrare che l’America aveva un nuovo leader forte, uno “sceriffo di Dodge” che a differenza di Roosevelt sarebbe stato duro con i Russi, che andavano “cacciati indietro” in quella che sarà conosciuta come Guerra Fredda – scrive Aperovitz. E chissà se sia stato per questo modo di pensare che FDR, che lo conosceva bene, non abbia scelto Byrnes come suo vice. Pare che Stalin – che già sapeva del test – sia rimasto freddo: “La useremo in Giappone”, si limitò a dire. A Potsdam mancò la voce moderata di Churchill, depresso per la sconfitta elettorale nel Regno Unito. FDR era morto e lo scenario politico di Yalta era ormai cambiato.

CONTRARI GLI SCIENZIATI. La scelta di lanciare la bomba in zone molto popolate fu organica a questi obiettivi meramente politici. Il pubblico dibattito che ne nacque subito dopo fu molto aspro. Diversi alti gradi militari insorsero non solo mettendo in dubbio la mancanza di necessità e di giustificazioni militari, in molti si sentirono moralmente offesi dalla decisione di colpire deliberatamente città popolose come Hiroshima e Nagasaki. Nella discussione pubblica vennero messi di mezzo gli scienzati.

“Amano provare i giocattoli che inventano”, arrivò a dire l’Ammiraglio Willam F. Halsey, comandante della Terza Flotta, criticando quell’esperimento non necessario, un errore. Pronta la reazione di Albert Einstein, anello importante della scoperta sia pure non partecipe al Progetto Manhattan, pubblicata dal New York Times col titolo “Einstein deplora l’uso della bomba atomica”.

La sua opinione era che il lancio fosse stata una decisione politico-diplomatica piuttosto che militare o scientifica. Effettivamente la maggioranza degli scienziati impegnati nel Progetto Manhattan avevano avversato la possibilità di usare l’atomica in Giappone. Alcuni si erano spinti a scrivere direttamente e segretamente al segretario alla Difesa nel 1945. Con argomenti politicamente lucidi e lungimiranti: “Se gli Stati Uniti fossero i primi ad utilizzare sul genere umano questo nuovo mezzo di distruzione indiscriminata sacrificherebbero il sostegno nei loro confronti nel mondo, farebbero precipitare una corsa agli armamenti ponendo inoltre una pregiudiziale al raggiungimento di accordi internazionali per il futuro controllo di tali armi” (dal W Blog citato).

“Non ci fu nessuna illusione da parte mia che la Russia era il nostro nemico, e che il progetto veniva condotto su questa base”, testimoniò in seguito il Generale Leslie Groves, direttore del Progetto Manhattan.

IL MITO. A partire da quel settembre 1945 insomma i toni divennero incandescenti. Alti gradi militari come il capo delle operazioni navali Ernest King uscirono allo scoperto. L’ammiraglio della Marina Chester Nimitz (a cui sarà dedicata una porta-aerei) partecipò a una conferenza stampa, l’ammiraglio Leahy ripeté in una intervista le convinzioni che aveva espresso a Truman . L’articolo del NYT sulle posizioni di Einstein completo’ il quadro.

Ce n’era abbastanza per preoccupare il presidente Truman, e un personaggio a lui molto vicino, James Conant. Poco noto ai più quanto Byrnes, scienziato distintosi nella produzione di gas venefici durante la I guerra mondiale, Conant era diventato presidente della Harvard University nonché presidente del National Defense Reasearch Commitee dal 1941, una delle figure più importanti del Progetto Manhattan. Davanti all’escalation dei toni infuocati nel dibattito, Conant si preoccupa anche della sua futura carriera e conclude che qualcosa vada fatto. Serve che una persona importante dell’amministrazione dichiari pubblicamente che il lancio delle due bombe era una necessità militare per far finire il conflitto e impedire la morte di migliaia di soldati americani.

La persona adatta viene individuata nel Segretario alla Guerra Henry Stimson, che avrebbe dovuto scrivere un lungo articolo su una rivista nazionale di prestigio, da far circolare in lungo e in largo. L’articolo, rivisto da Conant e da suoi consulenti, esce su Harper’s Magazine nel febbraio 1947. A rilanciarlo ci pensa naturalmente il New York Times: “Non c’è alcun dubbio che il presidente e il sig. Stimson siano nel giusto quando sostengono che la bomba ha causato la resa del Giappone”, vi si legge. Più tardi, nel 1959, il presidente Truman farà ufficialmente propria questa conclusione, compresa l’idea del salvataggio delle vite dei soldati americani, il cui numero lievita a un milione.

E’ la narrazione della vicenda di Hiroshima e Nagasaki che, ripetuta dai media anno dopo anno in agosto in occasione degli anniversari, ha finito per sembrare così ‘vera’ da diventare quasi un luogo comune. Solo negli ultimi anni, complice Internet, cominciano a circolare narrazioni differenti.

CONCLUSIONI. Byrnes e Truman immaginavano che il monopolio atomico americano avrebbe rappresentato una leva nei confronti dei sovietici, bloccandone le aspirazioni con la dimostrazione dell’incomparabile superiorità americana.Invece innescò la corsa agli armamenti che ha cambiato il mondo, la Guerra Fredda, e una demonizzazione del Nemico Russo che continua ancora oggi dopo la scomparsa dell’URSS, l’unificazione della Germania e l’espansione della NATO nell’est Europa, fino circondare la Russia.

Il complesso militar-industriale, il cui potere in espansione inquietava già Einsenhower nel suo discorso alla nazione del 1961, ha bisogno di Nemici per giustificare budget sempre più alti e nuove tecnologie sempre più sofisticate. Tanto più ora che nella corsa è entrata pesantemente anche la Cina. L’industria bellica come volano di quella civile oltre che come strumento di dominio. Colpisce che da Truman in poi, questa linea sia stata sostenuta anche – e spesso soprattutto, come oggi – dai Democratici.

Eppure perfino il repubblicano Donald Trump favorevole al dialogo con il Kremlino ha portato il budget 2019 del Pentagono a una cifra record mai toccata prima: $716 miliardi. http://www.repubblica.it/esteri/2018/08/14/news/stati_uniti_aumenta_budget_per_la_difesa-204080685/ Il mondo è già stato vicino a una catastrofe nucleare. In chiusura vediamo e segnaliamo l’uscita del libro in cui Daniel Ellsberg, The Doomsday Machine: Confessions of a Nuclear War Planner edito Alpina Publisher. Sono i ricordi dell’ uomo che da analista militare e collaboratore della RAND nel 1971 trasmise alla stampa i Pentagon Papers sulla guerra del Vietnam e contribuì personalmente a stilare un piano che prevedeva di colpire preventivamente l’Urss e uccidere fino a mezzo miliardo di persone. https://it.sputniknews.com/mondo/201808146364212-confessa-creatore-piano-nucleare-usa-doomsday-machine-daniel-ellsberg/

NOTE 2020 : Il Washington’s Blog sembra non essere più operativo. Il post citato è stato però ri-pubblicato qui, il 2 maggio 2020: https://global-politics.eu/real-reason-america-nuclear-weapons-japan/. Segnaliamo anche l’articolo del Washington Post del 5 agosto 2020, in occasione dei 75 anni dell’atomica, dove si trova una mappa interattiva di tutti i numerosissimi test atomici fatti nel mondo da allora, che hanno causato migliaia di vittime, delle quali non si è mai parlato. https://www.washingtonpost.com/graphics/2020/world/hiroshima-anniversary-nuclear-testing/ .

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