Salvini, Di Maio e Bannon, un filo che viene da lontano

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Nella sua ultima intervista da premier, a tre giorni dal voto, Paolo Gentiloni aveva lanciato una sorta di allarme:“Mi sembra che si stia andando tra il disinteresse e il cinismo alle elezioni più importanti degli ultimi 25 anni, come se il voto fosse una gara di nuoto sincronizzato da guardare con distacco, tanto poi i giochi veri si fanno dopo. Non è così. Qui si sta decidendo se proseguire su una strada di economia di mercato, società aperta, welfare sostenibile, o se andare fuori strada” . Il giorno dopo, era arrivato in Italia Steve Bannon per seguire da vicino le elezioni italiane, “molto importanti e indicative per l’Europa e per gli stessi Stati Uniti…” . “Il 4 marzo aprirà la strada a tutti i movimenti che si ribellano a Merkel e Macron, ….”l’attenzione si focalizzerà sul capitalismo elitario e su nuovi temi come l’immigrazione anche a livello globale”… “Siete parte di un movimento internazionale, più grande della Francia, dell’Italia, dell’Ungheria, più grande di tutti i singoli movimenti”.

Intervistato da Tgcom24, ripreso da Huffpost (1) , dalla Stampa (2) con info aggiuntive sui suoi rapporti con Matteo Salvini, Bannon viene subito dimenticato. Tranne che dal giornale diretto da Maurizio Molinari che dopo il voto ha con lui una conversazione a Milano. Titolo: “Cinquestelle e Lega, è in Italia il cuore della nostra rivoluzione (3). Il mio sogno è vederli governare assieme. Sarà Salvini la forza trainante”. Sulla scia di un pezzo del NYT: ” Dopo aver rottamato l’establishment americano Bannon si accinge a demolire quello europeo” (4). Dopo l’affair Cambridge Analytica sarà Riccardo Luna a ricostruire l’incontro milanese fra Bannon e Salvini, con altri a lui vicini fra cui Marcello Foa (4-A).

I “DUE FRONTI” QUALI SONO? Eppure si è dovuti arrivare alla crisi Siriana e alla decisa contrarietà della Lega ai missili di US-UK-Francia, il M5S molto più sfumato rispetto al no alle bombe di un anno fa , perché cominciasse a venir fuori quel che, per più di un mese di distacco sportivo su governi possibili impossibili, probabili o improbabili, era rimasto sotto traccia, sottinteso, non detto: le eventuali preoccupazioni Atlantiche e di Bruxelles per un governo più vicino alla Russia di Putin che all’America, Russofilo e magari anche antieuropeo e anti euro . Contrapposizioni semplici, binarie, quelle proposte dai commentatori. Atlantisti vs Russofili; America vs Russia, “partito occidentale” vs “partito di Putin”, pro UE vs euroscettici, globalisti vs protezionisti, liberal democratici vs autoritari.

Angelo Panebianco che un anno fa aveva paragonato il 2018 elettorale al 1948, rinnovava i timori. Poi tornati sotto traccia, salvo allusioni intermittenti a vaghi “pericoli” e “minacce” che cominciano ad esplodere oggi, dopo che il governo M5S/Lega sembra lo si faccia davvero.Atlantisti chi? Quale America? Negli Usa è in atto una feroce guerra di potere e il fronte anti-Russia, nonché globalista e filo UE, non comprende affatto il suo presidente. Fa capo invece ai Democratici che vedono in Putin il nemico n 1, “novello Hitler” (copyright Hillary Clinton), supportati dai media mainstream a loro legati da sempre e seguiti a ruota dai nostri, ma anche a una parte di Repubblicani, in particolare i neocon .

Antlantisti-europeisti per i quali la Nato è un pilastro incrollabile nei rapporti fra Usa e Europa, mentre Trump la considera un costo elevato per l’America ed è arrivato a minacciare di abbandonare l’alleanza e mollare gli europei al loro destino se non si decidono a investire di più nella loro difesa.The Donald è stato eletto dalla destra nazionalista (o nazional-populista) dei Repubblicani, per niente anti-Russa. Anti-Iran piuttosto, legata com’è alla destra israeliana di Benjamin Netanyahu, che con Obama non andava affatto d’accordo.

Nazionalista ovvero incline agli interessi economici americani, molto meno al ruolo ‘imperiale‘ degli USA, sul piano economico della globalizzazione come su quello geopolitico- militare . Sebbene poi il presidente, tenuto sotto scacco attraverso l’infinita, inconcludente inchiesta del Russiagate, sia costretto a lasciare la geo-politica americana in mano al sempre più pervasivo e potente deep-state, quegli ‘apparati federali ‘- Dipartimento di Stato, Pentagono, CIA, NSA ecc – che Trump, non avendo una sua fazione interna, cerca di blandire assoldando generali nell’amministrazione (5).

Anche in Europa del resto nei confronti della Russia si registrano sfumature diverse perfino fra atlantisti-europeisti come Germania e Francia macroniana, per non parlare del gruppo Visegrad, con la Polonia decisamente anti-russa per esempio, al contrario dell’Ungheria di Orban, nazionalista russofilo come Le Pen e Salvini, ostili piuttosto a UE e euro. E’ una destra nazionalista che negli USA, ma anche in Europa, precede Trump e la Brexit ed è l’esito di un progetto strutturato, affatto nuovo e tutt’altro che obsoleto . Val la pena di esaminarlo, a partire proprio dal personaggio Steve Bannon.

BANNON UOMO CHIAVE. Bannon infatti non è soltanto l’abile stratega della campagna elettorale di Trump, l’ex chief stategist della Casa Bianca, il Rasputin che il presidente a un certo punto è stato costretto ad allontanare premuto dall’opposizione interna e soprattutto esterna proprio a causa delle posizioni radicali del suo ex sodale. Bannon è l’uomo chiave della strategia della nuova, spregiudicata destra americana che prende corpo negli anni 2008-2009 della prima presidenza Obama, promuovendo e cavalcando la rivolta del Tea Party, il movimento che, nato dall’ostilità al salvataggio pubblico delle megabanche, finisce presto per dar voce ai timori dei conservatori bianchi che si sentono minacciati dal primo presidente nero.

Fino a far cambiar pelle al partito Repubblicano, che nel 2010 riesce a conquistare la maggioranza alla Camera dei Rappresentanti, poi nel 2014 al Senato, azzoppando del tutto Obama. Una nuova destra che grazie ad appoggi e cospicui finanziamenti – li vedremo – comincia ad espandersi anche in Europa, sostenendo, consigliando e probabilmente anche finanziando la nascita e/o la trasformazione di partiti destrorsi preesistenti, finalizzate alla sua strategia nazionalista, identitaria, anti globalista e anti-UE.

La prima grande vittoria europea sarà la Brexit, seguita dalla sconfitta di Le Pen e da altre vittorie in Austria e Ungheria. E’ il progetto rilanciato da Bannon nel suo tour di marzo scorso tra le destre nazionaliste europee, dall’amica Marine a Lille (dove accennerà al “Brother Salvini”) , da Orban acclamato come eroe, dal leader di AFG incontrato a Zurigo, e in Italia “suo quartier generale”. Così il NYT l’11/3, dalle cui colonne Bannon annuncia la prossima mossa: una proliferazione in Europa di siti Breitbart News o simili in diverse lingue, infrastruttura comunicativa “per diffondere sotto la sua guida le idee nazionaliste e addestrare armate di soldati populisti al linguaggio e agli strumenti dei social”, scrive il NYTimes.

BREITBART NEWS. Figlio di operai Dem di Norfolk, Virginia, ufficiale di Marina, banchiere da Goldman Sachs fino a diventarne vice presidente, fondatore con colleghi di GS di una società di investimento specializzata in media e lui stesso produttore, il nome di Bannon è soprattutto legato a Breitbart News che è tornato a dirigere dopo aver lasciato la Casa Bianca. A fondarlo era stato nel 2007 Andrew Breitbart, collaboratore del conservatore Drudge Report, meno di Huffington Post, sito liberal in ascesa. Durante una cena a Gerusalemme, riesce a convincere Larry Solov, come lui ebreo, a lasciare la sua carriera di avvocato per lanciarsi con lui in una guerra al “Democratic media complex” e al progressismo, contrastando le narrazioni dominanti (così Vox) .

Un “HuffPost di destra”, sintetizzerà Bannon, dal 2010 con loro nel board in cerca di investitori – pur continuando a fare il produttore, tanto che un documentario su Sarah Palin, apprezzatissimo, lo proietta da eroe nel mondo del Tea Party, del quale è già un fervente supporter Andrew Breitbart. Se al fondatore interessa una battaglia culturale che smascheri le ‘falsità’ dei media mainstream, Bannon ha mire più politiche e trasforma Breitbart News da aggregatore di links in un sito vero e proprio con un’impronta di destra ancor più marcata.

Nazionalista, anti-Stato e anti-establishment, xenofobo, anti-immigrati e anti-islam, persino misogino, insomma sempre più “piattaforma dell’ alt-right”, dirà Bannon, riferendosi alla destra alternativa in che non esita a pescare ovunque consensi “contro le élites globaliste e le loro lobby, difensori del sistema di economie interconnesse creato dalla seconda Guerra Mondiale in poi, a favore dei ‘lasciati indietro’, del ceto medio privato del lavoro e del benessere da due fattori convergenti, il libero commercio e i migranti.

“Pretese ridicole, dal momento che dietro di loro ci sono fior di miliardari”, sfotte David Axelrod a lungo consigliere di Obama. Già. Ma sono miliardari diversi da quelli di riferimento dei liberals.Un sito noto per le teorie cospirazioniste, la negazione del climate change, le campagne fake, a partire dalla storia di Obama nato in Kenia e musulmano . Temi che rimbalzano su blog ad hoc e social, grazie a professionisti esperti in movimenti dal basso che, stato per stato, istruiscono gli attivisti. E il Tea Party cresce e si afferma, sempre più dirottato verso tematiche care ai finanziatori o comunque più capaci di attirare consensi.

“L’IMPORTANTE E’ VINCERE”. “Se vuoi riprenderti il paese devi mettere da parte le differenze in nome del nazionalismo economico: si tratta di vincere, nient’altro conta”, ha spiegato Bannon qualche mese fa a una convention Rep in California (7) . Flessibile e senza scrupoli nel rivolgersi a destra e a manca. Ogni somiglianza ai ‘populisti’ nostrani è puramente casuale.“Abbiamo vinto grazie a un lavoro di squadra: abbiamo messo insieme populisti nazionalisti, cristiani evangelici, conservatori e repubblicani per far vincere Trump” che per quanto non particolarmente apprezzato (Bannon e i finanziatori preferivano Ted Cruz) “era il solo in grado di battere la Clinton”.Alt-right antisemita? “Disprezzano gli ebrei liberal quanto la destra israeliana detesta gli ebrei di sinistra” ha scritto Haaretz. Bannon ritiene Breitbat News il sito oggi più vicino a Israele. Rigetta anche le accuse di razzismo.

E boccia il liberismo internazionalista in nome del primato della politica sull’economia: “Non siamo un’economia, siamo un Paese”.“Il nazionalismo economico non ha a che fare con la razza, il genere, la religione, l’etnia o le preferenze sessuali. E non si tratta di redistribuire la ricchezza ma di non dover competere con la concorrenza sleale della Cina” . Bush è “ il presidente più distruttivo della storia americana per aver permesso alla Cina di crescere e entrare nel WTO: un errore strategico dalle conseguenze incalcolabili” .

Una posizione, quella illustrata da Bannon, che comporta un progetto geopolitico diverso da quello Atlantista-Russofobo proposto dai media, quasi tutti di imporonta Democratica.“La Russia appartiene al nostro mondo euroamericano che deve invece guardarsi dai veri avversari ovvero Cina, Iran e Turchia”: tre nazioni, frutto di civiltà antiche e combattive, tutte estranee alla cultura giudeo-cristana”, ribadisce a Molinari. Il NYT ipotizza che Bannon prossimamente potrebbe dirottare l’attenzione delle destre nazionaliste europee su questo tema strategico, dal momento che dell’immigrazione si stanno occupando i governi. Ma è un tema popolare?

SOSTENITORI & FINANZIATORI: gli anti Bilderberg? La conquista repubblicana della Camera nel 2010 convince della bontà della strategia. E’ qui che Bannon entra in scena, porta a Breitbart News nuovi finanziatori e dal 2012, con la morte di Andrew, diventa presidente della società. Dal quartier generale di Los Angeles il sito si espande, moltiplica le sezioni per coprire a tutto campo le news trascurate/distorte dai media classici (Hollywood, sicurezza nazionale, governo, esteri, media, terrorismo, e sport, tech, radio). E sezioni regionali: edizioni specifiche per California, Florida, Texas, Londra dove collabora Nigel Farage, dal 2014 Gerusalemme e il Cairo. Diventerà popolarissimo, più del Washington Post. Nel 2011, anno della svolta, nella proprietà entra la famiglia Mercer con una dote di $11 milioni. Parliamo di Robert Mercer lo schivo miliardario la cui notorietà è legata a Cambridge Analytica, la società che ha fatto scandalo per aver utilizzato i dati Facebook di 50 milioni di utenti, 230 con quelli degli amici. Mercer l’ha fondata negli Usa nel 2013 insieme a Bannon – che ne ha inventato il nome – per profilare elettori – grazie a dati raccolti nel web, sofisticati algoritmi e metodi psicografici messi a punto all’Università di Cambridge – così da influenzarne il voto con messaggi mirati. Metodi che faranno buona prova nelle elezioni presidenziali americane del 2016 ma a quanto pare già nelle votazioni sulla Brexit . CA nega, un’inchiesta è in corso in UK. Del resto la casa madre di CA è l’inglese SCL Group che tra i finanziatori ha due ex ministri Tory, si occupa comunicazione, strategie e modifiche del comportamento – aka propaganda e psy-op – per conto di governi, partiti e militari, ha fra i suoi clienti la Difesa Britannica e sostiene di aver seguito le campagna elettorali in molti paesi del mondo. Sempre da destra.

I MERCER. Il 71 enne Mercer non è soltanto un miliardario, è un matematico. PhD in Computer science, a lungo all’IBM dove lavorava a un progetto di intelligenza artificiale per il riconoscimento del linguaggio, ha ideato un modello probabilistico che aprirà la strada al deep learning oggi tanto in voga e gli varrà nel 2014 il massimo riconoscimento da parte dell’ ACL- Association of Computational Linguistic. Nel ’93 lascia IBM per entrare in Renaissance Technologies, non un hedge fund qualunque, tra i primi a credere nella matematica applicata alla finanza, diventato la più formidabile macchina per far soldi del mondo. E’ così che Mercer, dal 2009 Co-CEO, diventa miliardario. Miliardario anomalo anche per la sua passione per la politica.

Di fede repubblicana, grande donatore del GOP ($34.9 milioni dal 2006), il maggiore nel 2016, l’anno prima il WaPo lo aveva indicato fra i 10 personaggi più influenti. Mercer però la pensa a modo suo, disdegna il lato establishment del GOP, troppo vicino a Big Business e a Wall Street, scrive Bloomberg (8). Per esempio critica il sistema bancario basato sulla riserva frazionale, lo preoccupano le ingerenze governative nel sistema monetario, crede nel gold standard. Considera il climate change una bufala della scienza corrotta, pensa altrettanto male della medicina ufficiale.

I KOCH. Idee non molto diverse da quelle da Charles e David alla cui rete di donatori, fondamentale nel successo del Tea Party, Mercer inizialmente si unisce, racconta uno studio del Brookings Institute, finché non si fa una Foundation di famiglia. Valutati da Forbes $82 miliardi, anche i fratelli Koch amano l’ombra, sebbene siano da tempo tra i grandi finanziatori Rep riuscendo pian piano a selezionare candidati vicini alle loro idee: in origine libertarie, comunque ultraliberiste, a favore di uno stato leggero, poche regole a cominciare da ambiente e clima (vedi Underblog. 9) .

Un’agenda che corrisponde ai loro interessi. Industriali dell’energia fossile con raffinerie e oleodotti, più società di ogni genere ma con solida base negli Usa, i Koch fanno parte della lobby dei petrolieri (Oil &Gas), alleata alla lobby chimico-farmaceutica contraria alle regole quanto loro, hanno a cuore le manifatture e le infrastrutture americane, e poco da spartire con megabanche e finanza, ben più vicine ai liberal come lo sono telecomunicazioni e mass media, hi-tech e web economy : i ‘lord della tecnologia della Silicon Valley”, come li chiama Bannon. Tutti “feudi”, questi, dei Dem, non a caso fautori delle energie rinnovabili e del globalismo, mentre i Koch &C. sono nazionalisti, freddi verso l’Europa che minaccia gli interessi nazionali americani – un’Europa che non controllano e a cui sono sostanzialmente estranei. Tranne la Russia che, con le sue riserve di gas e petrolio, è un’alleata ‘naturale’.

Gli ‘anti-Bilderberg’ che mirano a scalzare la centenaria egemonia dei Rockefeller, Rothschild & C? Forse, e non sarebbe cosa da poco. L’unico settore comune è la Difesa, sebbene il Financial Times che con l’arrivo del nuovo inquilino alla Casa Bianca disegnava i settori tendenzialmente up and down, lo considerasse in ascesa . Infatti Trump ne aumenta subito il budget, così come dà il via libera a un oleodotto bloccato da Obama, si ritira dagli accordi di Parigi. E taglia massicciamente le tasse alle imprese.

La rete dei Koch conta una quantità di fondazioni caritatevoli e organizzazioni ad hoc, think tank come Heritage Foundation, classico pensatoio Rep, o fondati da loro come Cato Institute, Mercatus Center, Freedom Works e American for Prosperity, fondamentali nel lancio del Tea Party, sia negli US sia in Europa. “Loro” uomini sono finiti dritti nell’amministrazione di Trump: l’ultraconseratore Mike Pence diventato vicepresidente; Mike Pompeo, il politico più finanziato dai Koch da quando era attivo nel Tea Party, nominato capo della CIA e Segretario di Stato dopo l’uscita di scena di Rex Tillerson, già AD di Exxon Mobil. Nell’orbita Koch è anche Paul Ryan, dal 2015 speaker della House grazie al suo decisivo ruolo di unificatore delle varie anime repubblicane (Underblog sulle diverse anime nell’amministrazione Trump. (10).

ALTRI SUPPORTERS. Multinazionali europee della chimica/farmaceutica come le tedesche BASF, Bayer e la belga Solvay già nel 2010 hanno dato più dei Koch a senatori ‘amici’ per sabotare regolamenti ambientali globale (11) Guardian).Taxpayer Alliance, inflluente gruppo di pressione contro tasse e spesa pubblica, è stata aiutata da Freedom Works nel destabilizzare Obama attraverso la mobilitazione dei suoi 800.000 aderenti. AIPAC. La potente lobby israelita americana è tra i supporters della destra nazionalista? Vari i segnali. Favori e finanziamenti della lobby secondo Opensecrets si sono via via spostati dai Dem ai Repubblicani, specie nel 2016. E alla freddezza di Obama verso Netanyahu e la sua politica fa seguito l’indubbia vicinanza di Trump che lo segue sulla capitale a Gerusalemme e sulle critiche all’accordo sul nucleare Iraniano staccandone gli US contro gli alleati europei.

Del resto i temi anti-islam e anti-immigrazione e diventano centrali già nel Tea Party dove proliferano gruppi anti-Islamisti, come l’International Civil Liberties Alliance contro la Sharia, Atlas Shrugs guidato da Pamela Geller alla testa della protesta contro la presunta moschea a Ground Zero (in realtà un centro culturale) e siti come Jihad Watch. Anti–islam anche gruppi Cristiano Evangelici ai quali si rivolgerà Bannon . Tutti citati dal Guardian nella sua inchiesta del 2010 sul Tea Party in Europa, ripresa a suo tempo da Underblog (12).

IL TEA PARTY SBARCA IN EUROPA. In quell’inchiesta e in altri articoli il giornale britannico segnalava i legami fra il Tea Party americano e i movimenti di destra, nazionalisti e contrari a immigrazione e islam che spuntavano in Europa, dalla Germania alla Svezia, all’Olanda dove il PVV(Partito della Libertà) di Geert Wilders era già al 15%, all’Austria, al Belgio Fiammingo. In Gran Bretagna si punta inizialmente sull’EDL, l’English Defense League che cerca di allargarsi in Europa. (All’ EDL si era avvicinato Anders Breivik, autore del massacro del luglio 2011 dove morirono 77 persone. Un caso che in Norvegia in maggio fosse arrivato il presidente di American for Prosperity per insegnare a mettere in piedi in quattro e quattr’otto un movimento destrorso dal basso, come raccontava Voxeurop.eu ? ) .

Nel 2014 i sostenitori di EDL confluiranno poi nell’Ukip di Nigel Farage, nato proprio nel 2010, meno destrorso ma apertamente euroscettico, protagonista della Brexit. Farage l’avevamo incontrato come collaboratore del sito di Bannon. E proprio nel 2014 Beppe Grillo tenterà di legare il M5S all’Ukip a Strasburgo, suscitando reazioni negative interne e da parte del Fattoquotidiano. Il Guardian sottolinea i legami diretti e i finanziamenti da parte di think tank e organismi conservatori: in sostanza quelli della rete Koch di cui sopra (l’elenco è poi stato espunto dal post aggiornato, è rimasto in quello di Underblog).

E giunti attraverso la Chambre of Commerce, vicina al GOP: lo aveva già denunciato Obama criticando multinazionali e privati che per quella via finanziavano senatori del Tea Party. La ritroveremo parlando del M5S.Il giornale liberal britannico enfatizza anche il ruolo della potente World Taxpayers Alliance, presente in 60 stati del mondo, molti in Europa fra cui l’Italia. E il suo attivismo europeo sui temi cari: stato leggero, poche regole, ampie privatizzazioni dei servizi pubblici, no tasse, ecc . Sono gli anni in cui Marine Le Pen diventa presidente del Front National (2011) dopo averlo reso meno estremo ma più apertamente anti-islam. Raccogliendo per la prima volta il favore della comunità ebraica francese desiderosa di “far fronte contro un nemico comune”, scriveva Le Point (13).

E raccontava come Le Pen, volata negli Usa, si fosse recata in Florida per incontrare William Diamond, responsabile della sinagoga di Palm Beach e soprattutto membro dell’AIPAC. L’incontro era stato combinato grazie a tal Guido Lombardi, “un italo-americano francofono esponente della Lega Nord ben introdotto nella comunità ebraica americana”. Nonché direttore della North Atlantic League: “un’ associazione no profit che promuove la cultura italiana negli Usa e le relazioni fra Italia, Usa e Israele”, dirà lui stesso al Sole 24Ore che lo intervista (14) dopo averlo ritrovato attivista nella campagna di Trump. Con Le Pen dice di essere amico da molti anni “me la presentò Francesco Speroni”.

Il nuovo Front di Le Pen è vicino al PVV di Wilders, al tedesco AFD e ai partiti nazionalisti anti-immigrazione e critici verso l’UE che si affermano in Austria, Slovacchia, Ungheria, nonché alla nostrana Lega di Matteo Salvini (2013), all’Ukip di Farage, il primo politico europeo che sarà ricevuto dal neo-eletto Trump. Farage e Speroni avevano dato vita nel 2009 a Strasburgo al gruppo EFD- Europa per la Libertà e la Democrazia, nel 2014 Farage incontra Grillo e malgrado le polemiche M5S e Ukip fanno parte insieme dell’EFD diventato EFDD: Europa per la Libertà e la Democrazia Diretta. Mentre la Lega fuoriesce e dà vita col Front National a Europa delle Nazioni e della Libertà, gruppo più destrorso, e per un’uscita dall’euro, presieduto da Matteo Salvini.

LEGA e M5S PARI SONO? Per gli Atlantisti russofobi lo sono, o almeno lo erano fino a poco tempo fa. “Salvini e Di Maio spingono l’Italia verso la Russia?” titolava ancora l’11 marzo un editoriale sul NYT esplicitando i “timori per uno spostamento dell’asse di riferimento dell’Italia verso Putin (E’ proprio così? Mette in dubbio Formiche.net (15).

Qualche mese prima l’ex vice di Obama Joe Biden e John Carpenter avevano firmato un articolo accusatorio su Foreign Affairs rilanciato in Italia (qui Underblog) dalla solita Stampa, che è poi andata avanti sulle relazioni (viaggi, interviste ecc) sia di Salvini sia di Grillo (tra il 2014 e il 2015) con esponenti russi. La Lega dal 2013-14 avrebbe pure rapporti con l’associazione Lombardia-Russia e perfino firmato un accordo di cooperazione con‘Russia Unita’, il partito di Putin.

Le colpe di entrambi i partiti sarebbero l’avversare le sanzioni contro Mosca e aver detto che in Ucraina “ci fu un colpo di stato” (Di Maio). Oltre a un atteggiamento ‘sovranista’ verso l’UE, attribuito anche questo a un’influenza russa destabilizzatrice piuttosto che a relazioni con la destra nazionalista americana, di cui poco o nulla si dice o si scrive. Siti Web vicini e in contatto. Il Report sulla Disinformazione n 1 del PD (16) basandosi sull’inchiesta di un blogger citava un sito – Adessobasta.org – con una molto frequentata pagina FB e link diretti con account FB e TW vicini alla Lega e/o al M5S che si scambiano condivisioni e hanno amministratori comuni o con nomi fasulli.

Il sito fa parte di una rete di siti internazionali anti Brexit, anti islam. Legati a Putin? Affatto. I tre citati, dai portali quasi identici, fanno capo a una società di propaganda di estrema destra basata in Texas (Conservative Post LLC, Dallas). Legata alla rete Breitbart?

Cambridge Analytica. Sul sito della società c’è una scheda sull’Italia: “Nel 2012”, si legge, “CA ha realizzato un progetto per un partito italiano che stava rinascendo e che aveva avuto successo per l’ultima volta negli anni ‘80”. Usando l’Analisi dell’ Audience Target, CA ha rimesso gli attuali e i passati membri del partito assieme con i potenziali simpatizzanti per sviluppare una riorganizzazione della strategia che soddisfacesse i bisogni di entrambi i gruppi. La struttura organizzativa moderna e flessibile emersa dal lavoro ha suggerito riforme che hanno consentito al partito di ottenere risultati molto superiori alle aspettative in un momento di grande turbolenza politica in Italia”.

Sembra la fotografia della Lega, dal 2013 a guida Salvini che la rivoluziona con successo. E’ vero che CA è stata costituita nel 2013. Ma nella scheda si nota una certa sovrapposizione fra CA e SCL Group, casa-madre inglese di SCL Elections che di CA è co-proprietaria. Sia Maroni sia Salvini negano qualsiasi rapporto con entrambe le società, secondo il post AGI di Riccardo Luna citato sopra.

L’ENDORSEMENT DI BANNON. Mentre era in Italia Bannon non avrebbe incontrato l’impegnatissimo Salvini. Ma ha parlato con i giornalisti. Il nostro paese a suo dire è “il cuore della rivoluzione” perché di partiti espressione della “rivolta dei disagiati” stritolati dalla tenaglia convergente di libero commercio e immigrazione, in Europa e Usa, ve ne sono ben due: Cinquestelle e Lega. <Il mio sogno è vederli governare assieme” in quanto <sono espressioni diverse dello stesso fenomeno e superano la metà dei votanti”. Ma preferisce Matteo Salvini “perché il leader leghista rappresenta il Nord, ovvero tre quarti del Pil nazionale, mentre Di Maio propone il reddito di cittadinanza, una versione dell’economia sussidiata che manderà in fallimento le casse pubbliche in meno di due anni>.

Secondo La Stampa sarebbero stati i collaboratori di Salvini a far conoscere meglio a Bannon la realtà politica ed economica italiana. Lui godeva già di buoni rapporti in Vaticano, avendo sempre avuto stretti contatti con Raymond Burke, il cardinale Usa intransigente punto di riferimento del mondo tradizionalista, oppositore di Papa Francesco con un seguito nel clero statunitense. Un mondo al quale si è molto avvicinato Salvini, che contesta le posizioni di apertura nei confronti degli immigrati di Papa Francesco e fa ormai parte di questa sorta di internazionale nazional-populista. Così la Stampa che sembra saperla lunga.

E LA SVOLTA DEL M5S Appare più ambiguo della Lega fin dalle origini, in un certo modo pionieristiche. Dall’incontro di Beppe Grillo con Casaleggio Sr, che il comico presenta subito ad Antonio Di Pietro, l’ex PM di Mani Pulite che ha posto fine alla prima Repubblica azzerandone i partiti. Teorie complottiste hanno ipotizzato relazioni poco chiare con gli Usa. La Casaleggio Associati nel 2005 ne diventa consulente e cura il sito di Italia dei Valori, insieme al blog di Grillo.

Solo nel 2009, dopo il successo dei Vaffa Day e del blog (9° tra i più influenti al mondo nel 2008 secondo l’Observer) Grillo si mette in proprio dando vita con Casaleggio al M5S. Aiutati (e magari finanziati) dall’esterno? Chissà. Si è scritto dei rapporti con l’American Chambre of Commerce, sorta di lobby delle corporations legata alla destra Repubblicana, che negli Usa era stata accusata da Obama di finanziare candidati del Tea Party (Guardian). In Italia trait d’union con il M5S ne è stato a lungo Enrico Sassoon, che siede ancora nel folto board of directors pur avendo lasciato il M5S. Partner strategico della Casaleggio Ass è da subito la Enamics, società americana leader in Business Technology Management con una rete di relazioni aziendali di alto livello (Vedi Underblog nel 2012 (17) .

La svolta.Per anni il Vaffa è a 360°, dalla Nato all’UE, dalle banche all’euro, dalla casta alle istituzioni “da aprire come scatolette di tonno”. Fino alla “svolta atlantista “inaugurata a novembre 2017 dal candidato premier del M5S a Washington e proseguita alla Link University a Roma. Titoli: <Di Maio vola a Washington, “Fedeli agli Usa, non a Mosca>, <Torna istituzionale e tranquillizza gli Usa>, <Vuol far l’Americano>. <La svolta di Di Maio: ‘Noi al centro, Garanti per la Lega’>. L’ aspirante premier è anche a favore di un’UE “più bilanciata ed inclusiva”.

Una giravolta il cui punto di riferimento, secondo la solita Stampa sarebbe stato Paolo Gentiloni, “custode dell’alleanza con gli Usa” (18).“Dobbiamo essere i garanti per i nostri alleati e per l’UE, sia della permanenza nella Nato sia dell’euro, soprattutto se ci alleeremo con la Lega”, ragiona Di Maio in margine al convegno di Ivrea della Casaleggio (7 aprile) e secondo fonti dell’ambasciata Usa a Roma. Dove il candidato del M5S ha incontrato l’ambasciatore Lew Eisenberg (amico personale di Trump ma Rep moderato nonché ex tesoriere del GOP), al quale ha fatto “un’ottima impressione”. Migliore di quella di Salvini, che a colloquio al Quirinale aveva difeso le ragioni di Putin. Di Maio ne aveva preso le distanze.

Dopo che la partecipazione a un governo si allontana Grillo rispolvera l’idea di un referendum sull’euro . Un nuovo dietro front? “Grillo è un libero pensatore”, replica l’ineffabile candidato premier a Lucia Annunziata riferendosi al Garante del suo Movimento. E aggiunge: “Se i vincenti verranno lasciati fuori dal governo sarà nostro diritto consultare gli italiani”. L’UE deve preoccuparsi? <L’UE è molto ‘elastica e tollerante>, risponde Mario Monti intervistato a ruota. <Orban da anni partecipa alle riunioni del Consiglio Europeo, e fa capo al PPE come la CDU di Angela Merkel e Forza Italia>.

CONCLUSIONI. 1. Rapporti, influenze e ‘donazioni’ da parte di partiti/istituzioni straniere sono da sempre all’ordine del giorno. L’importante sarebbe saperlo. Il fatto che il M5S sia un partito ‘privato’, proprietà della Casaleggio Associati non aiuta. Tanto più dopo che la demagogica battaglia pseudo anti-casta dei pentastellati ha spinto all’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. Senza che sia stata neppure varata una legge sui partiti come enti giuridici responsabili, primo passo verso norme che impongano la trasparenza ed eventuali conflitti di interesse. Strano che il Fatto Quotidiano così attento alla legalità non se ne sia fatto promotore. 2. Contrapposizioni nette fra Atlantisti e Russofili hanno poco senso. Lo scenario è ben più variegato, complesso e contraddittorio. 3. Come stanno i nazionalisti? “La presa di Goldman Sachs sulla Casa Bianca questa volta è fallita”, titolava il NYT a fine gennaio.

Dei 5 alumni Goldman nell’amministrazione ne è rimasto solo uno, Steve Mnuchin al Tesoro. “Ci si chiedeva in che misura i liberals di New York avrebbero cambiato Trump … Chi avrebbe dominato la Casa Bianca, se sarebbe stato Bannon o la mafia di Manhattan ” diceva il destrorso Newt Gingrich al NYT. Un anno dopo è chiaro che è Trump”, conclude il NYT. Per ora, e non è detto sia un vantaggio.

Bannon, di nuovo vicino a Trump , è ottimista. “Se ci manterremo uniti vinceremo per altri 50 anni”. Ma un altro colpo ai nazionalisti è stato il recente polverone su Cambridge Analytica. Facebook, la vittima apparente, ne è uscito indenne mentre la società di Bannon e Mercer, sotto inchiesta in UK e abbandonata dai clienti, ha chiuso. Resta da vedere che fine faranno i dati e i profili dei milioni di elettori. Intanto Bannon si è buttato sull’Europa. E sicuramente festeggerà se a palazzo Chigi ci sarà un emissario di Lega e M5S. Il primo governo integralmente nazional-populista, ha scritto qualcuno. Sarà davvero così?

LINKS(1) http://www.huffingtonpost.it/2018/02/28/in-italia-un-selezionato-gruppo-delite-gestisce-leconomia-a-discapito-della-gente-ritorno-del-neofascismo-fake-news_a_23373357/ (2) http://www.lastampa.it/2018/03/01/italia/speciali/elezioni/2018/politiche/lex-stratega-di-trump-arriva-a-roma-sedotto-dalle-scelte-sovraniste-della-lega-pOR5KWZZCUuY893MZYfsxM/pagina.html (3) http://www.lastampa.it/2018/03/11/esteri/steve-bannon-cinquestelle-e-lega-in-italia-il-cuore-della-nostra-rivoluzione-8wHGjOtueiNykKRXWNgIPJ/pagina.html (4) https://www.nytimes.com/2018/03/09/world/europe/horowitz-europe-populism.html (4-A) https://www.agi.it/politica/salvini_bannon_cambridge_analytica_facebook-3676464/news/2018-03-24/(5) Limes, Lo Stato del Mondo, 4/2018, pag 37 e pag 51(6) https://www.vox.com/2018/1/14/16875288/bannon-breitbart-conservative-media (7) https://rivoluzioneromantica.com/2017/10/21/bannon-leuropa-e-un-protettorato-americano-neanche-ci-prova-a-difendersi-da-sola-video/ (8) https://www.bloomberg.com/news/features/2016-01-20/what-kind-of-man-spends-millions-to-elect-ted-cruz- Vedi anche : https://www.theguardian.com/politics/2017/feb/26/robert-mercer-breitbart-war-on-media-steve-bannon-donald-trump-nigel-farage ; e anche https://www.agi.it/estero/cambridge_analytica_facebook_trump_partito_italiano-3639342/news/2018-03-18/ che riassume il caso Cambridge Analytica(9)http://www.lastampa.it/2016/11/27/blogs/underblog/trump-erede-del-tea-party-miliardari-e-lobbies-allorigine-dei-neopopulismi-usa-e-ue-i-koch-i-mercer-ecc-WSixTUxkiLEwnxEjMgJVjK/pagina.html (10) https://www.facebook.com/notes/underblog/chi-governa-lamerica-dopo-che-trump-%C3%A8-stato-sopraffatto-dal-partito-della-guerra/1455817147821002/(11) https://www.theguardian.com/world/2010/oct/24/tea-party-climate-change-deniers (12) http://www.lastampa.it/2010/11/01/blogs/underblog/i-tea-party-sbarcano-in-europa-d11SDXItjbufoPQfZt6wPN/pagina.html (13) http://www.lepoint.fr/politique/marine-le-pen-fait-la-cour-aux-juifs-03-12-2011-1403435_20.php (14) http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2017-01-31/io-donald-e-destra-europea-225513.shtml?uuid=AEzYLRL (15) http://formiche.net/2018/03/salvini-di-maio-italia-russia-new-york-times/ (16) https://www.democratica.com/focus/report-pd-fake-news-1/ . Il post del blogger citato é https://www.davidpuente.it/blog/2017/12/04/il-sito-adessobasta-org-la-mano-della-propaganda-di-estrema-destra-americana/ (17) nel 2012http://www.lastampa.it/2012/09/10/blogs/underblog/grillo-casaleggio-e-le-illusioni-di-democrazia-diretta-zTCHPooVOmVif1zlL9qwUN/pagina.html(18) http://www.lastampa.it/2018/04/08/italia/la-svolta-atlantista-di-di-maio-noi-al-centro-garanti-per-la-lega-u8j6rFuQZ2dvnzwJqQBPQP/premium.html

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