Il vero Goldfinger, che liberò i ricchi. Da Bretton Woods a Moneyland, il via alle disuguaglianze che per J.Galbraith solo il…

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Non c’è partito ormai che non punti il dito sulle disuguaglianze crescenti, particolarmente vistose in Italia. In realtà un fenomeno globale, e in crescita: basti dire che nel 2016 i 62 individui più ricchi del mondo possedevano la stessa quantità di ricchezze della metà meno abbiente della popolazione del mondo e che nel 2018 il numero di quei super ricchi è sceso a 42: le loro fortune sono aumentate del 12%, di $2.5 miliardi al giorno, mentre la metà più povera dell’umanità ha visto la sua quota diminuire dell’1%. L’1% più abbiente continua a possedere quanto il 99% della popolazione mondiale ( Vedi qui e qui).

Sono dati che non suscitano quasi più stupore. Che i ricchi del mondo continuino ad arricchirsi e le masse più povere a impoverirsi sembra ormai un fenomeno irreversibile e inarrestabile.

La rabbia è un’altra cosa, quella anzi cresce, generando sensi di impotenza e frustrazione, e svolte a destra. I politici anche ormai a livello europeo, se ne preoccupano e oggi propongono misure a riduzione dei gap, redditi di cittadinanza, salari minimi, assistenza, mentre il welfare si restringe: a impoverirsi sono infatti anche gli Stati.

Poco si parla delle conseguenze, ma soprattutto delle cause all’origine di quei fenomeni.

Lo ha fatto Oliver Bullogh, collaboratore del Guardian e autore di libri non proprio benevoli nei confronti della piega presa dal capitalismo, in un articolo di qualche mese fa che parte proprio dalle disuguaglianze crescenti per risalire alle origini di tutta la faccenda, che individua nel collasso di Bretton Woods, o meglio nel passaggio dal sistema regolato di Bretton Woods fondato sul gold exchange standard a Moneyland, il mercato libero del denaro e l’offshore banking, ovvero quella globalizzazione della finanza e della circolazione transfrontaliera dei capitali esentasse o quasi che sta inglobando tutto. Salvo produrre crisi e vacillare, malgrado gli aiuti pubblici.

Un racconto sommario ma incisivo che coincide tuttavia con l’analisi – recentissima e ovviamente ben più circostanziata – dell’economista liberal James Galbraith, la cui conclusione è che l’ineguaglianza fra gli Stati e all’interno di essi può essere rovesciata solo attraverso un controllo della finanza globale, un compito arduo che spetta alla politica.

Partiamo dalla prima. Bullogh non ne parla in termini puramente economici. <La ricchezza sempre più concentrata in poche mani conferisce un sempre maggiore controllo della politica e dei media. Paesi che erano democrazie diventano plutocrazie, oligarchie, cleptocrazie>. <Non è sempre stato così>, scrive. <Negli anni dopo la seconda guerra mondiale la tendenza era opposta: i poveri diventavano più ricchi, eravamo tutti più uguali [l’uguaglianza era del resto un valore, quanto meno a sinistra e dintorni, aggiungiamo].

Per capire come e perché tutto questo è cambiato è necessario guardare indietro verso la fine della seconda Guerra Mondiale quando, in un resort del New Hampshire, un gruppo di economisti era riunito per mettere in sicurezza il futuro delle società [occidentali]>.Bullogh spiega come il loro sogno fallì e come la brillante idea di un banchiere di Londra spezzò il sistema. Liberando i ricchi e impoverendo gli altri, compresi gli Stati. La narrazione sintetizza, semplifica rifacendosi addirittura a romanzi, ma risulta efficace. Rivelando aspetti non scontati e stabilendo collegamenti inediti o per lo meno poco esplorati.

NEL RESORT DEL NEW HAMPSHIRE. <Negli anni dopo la Prima Guerra mondiale il denaro circolava fra i paesi a volontà, destabilizzando valute ed economie alla ricerca del profitto. Molti ricchi si arricchirono ancora di più, anche quando economie fallirono [Crisi del ‘29 e Grande Depressione dei ’30 sono implicite]. Il caos portò all’elezione di governi estremisti in Germania e altrove, a svalutazioni competitive, guerre tariffarie, e alla fine agli orrori del Secondo Conflitto>.

<Gli alleati volevano impedire che tutto ciò si ripetesse. Così nel resort di Bretton Woods,New Hampshire, nel 1944 economisti di diversi paesi [tra i quali John Maynard Keynes] negoziarono i dettagli di un’architettura economica che fermasse – per sempre – i flussi di denaro incontrollati. Questo, speravano, avrebbe trattenuto i governi dall’usare i commerci come arma per sopraffare i vicini e avrebbe creato un sistema stabile, capace di assicurare pace e prosperità>.

Nel nuovo sistema tutte le valute sarebbero state agganciate con cambi fissi al dollaro, che a sua volta sarebbe stato ancorato all’oro, un’oncia del quale valeva $35 (circa $500 attuali). In altre parole il Tesoro Usa garantiva che se un governo straniero fosse arrivato con $35 avrebbe potuto comprare un’oncia di oro. Gli USA promisero di far sì che ciascun paese avesse abbastanza dollari per finanziare il commercio internazionale, e di mantenere sufficienti riserve d’oro per preservare il valore di quei dollari.

Per fare in modo che gli speculatori non cercassero di attaccare le valute dai cambi fissi, furono severamente limitati i flussi transfrontalieri di denaro. Il denaro avrebbe potuto muovere solo in forma di investimenti di lungo termine, non per speculazioni a breve contro valute o bond. A corollario del sistema, furono creati Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale.

AGENTE 007 CONTRO GOLDFINGER. <Stranamente una delle migliori evocazioni di questo sistema del tempo andato è il romanzo di Jan Fleming da cui venne tratto il famoso film>, osserva Bullogh con una certa dose di ironia. E cita il dialogo tra James Bond e il funzionario della Bank of England che lo istruisce sulla sua missione come la miglior spiegazione di come funzionava quel sistema, che il “cattivo” della storia stava minacciando.

< L’oro e le valute che si appoggiano all’oro sono i fondamenti del nostro sistema creditizio internazionale – spiega il funzionario. Il problema è che la Banca è preparata a pagare 1000 sterline per un lingotto, il che equivale ai $35 l’oncia, il prezzo che si paga in America. Mentre in India, dove è alta la domanda di gioielli, quell’oro vale il 70% in più. Non sorprende che contrabbandare oro dal paese e rivenderlo altrove sia altamente redditizio>.

Ed è quel che fa quel furfante di Auric Goldfinger, rastrella gioielli e chincaglierie in Gran Bretagna, li fonde in piatti da attaccare alla sua Rolls Royce che porta in Svizzera, e da lì l’oro reintegrato vola in India. Il criminale non solo minaccia la valuta e l’economia britannica ma i suoi profitti possono essere utilizzati per finanziare comunisti o altri miscredenti.

Goldfinger è segretamente diventato l’uomo più ricco della Gran Bretagna, possiede 5 milioni di sterline in lingotti custoditi nei forzieri di una banca nelle Bahamas. Va fermato.Commenta l’autore: <Per i nostri standard Goldfinger non faceva niente di male, tranne forse evadere un po’ di tasse. Comprava oro a un prezzo che la gente si aspettava di pagare, lo rivendeva in un altro mercato dove altra gente era preparata a pagarlo di più. Era il suo denaro. E il suo oro. Dov’è il problema? Lubrificava gli ingranaggi del commercio, collocando capitale dove rendeva di più.

L’ORDINE DI BRETTON WOODS <Non era questo il modo in cui il sistema Bretton Woods funzionava>. E questo è il vero punto della faccenda. <Il funzionario della Banca d’Inghilterra non considerava il proprietario del denaro l’unica persona con qualcosa da dire su cosa sarebbe capitato a quei soldi. Secondo quelle regole, elaborate attentamente, le nazioni che creavano e garantivano il valore del denaro avevano anche loro dei diritti su quel denaro. I diritti dei proprietari erano limitati nell’interesse di tutti gli altri.

A Bretton Woods gli alleati, preoccupati dal ripetersi degli orrori della depressione e del secondo conflitto, avevano deciso che, nei commerci internazionali, i diritti della società battevano quelli dei proprietari del denaro>.Condizioni difficili da immaginare per chiunque abbia fatto esperienza del mondo dagli anni ’80 in poi, tanto diverso è oggi il sistema. Col denaro che fluisce senza soste tra paesi, cercando opportunità in Cina, Brasile, Russia, ovunque. Se una valuta è sopravalutata, gli investitori ne avvertono la debolezza e vi si avventano come squali intorno a una balena malata.

Queste ondate di capitali liquidi hanno una tale potenza che possono spazzare via i governi più forti. Gli attacchi speculativi contro euro, rublo, sterlina [e lira, aggiungiamo] nei decenni passati sarebbero stati impossibili col sistema Bretton Woods, disegnato proprio per impedirlo.Il sistema fu un successo: la crescita economica nelle società occidentali fu praticamente ininterrotta negli anni ’50 e 60 del secolo scorso, le società divennero più uguali, i governi fecero enormi progressi nella sanità pubblica e nelle infrastrutture. Tutto ciò non era gratis. C’erano da pagare tasse salate e i ricchi fremevano per muovere i loro averi altrove.

LA CITY DI LONDRA SI RIBELLA. Finché a protestare contro le tasse e il sistema sono i Beatles e i Rolling Stones – che nel 1972 si sposteranno in Francia per registrare un loro album, pazienza. Ben più pesanti, ovviamente sono le opinioni dei banchieri. Come Rowland Baring, della dinastia dei banchieri Barings, conte di Cromer e governatore di Bank of England dal 1961 al 1966. “Il controllo sui cambi contravviene ai diritti dei cittadini”, scrive al governo nel 1963. “Per questo lo considero eticamente sbagliato”>.

Un punto di vista decisamente liberista.Il vero motivo era che le restrizioni dell’odiato sistema stavano uccidendo la City di Londra. “Era come guidare un’auto potente alla velocità di 20 miglia all’ora, lamentava un banchiere.“Le banche erano come anestetizzate “. Seguono battute sui banchieri che quasi si giravano i pollici. Oggi è difficile immaginare che la City una volta stesse quasi per morire come centro finanziario. Ma negli anni ’50 e persino nei 60’ della swinging London non era certo al top delle conversazioni.

I BUCHI DEL SISTEMA .Quando Jan Fleming pubblica Goldfinger nel 1959, nel sistema si era già manifestato qualche buco. Non tutti i governi avevano piena fiducia nella capacità degli USA di onorare i loro impegno a usare il dollaro come moneta internazionale sopra le parti. Non avevano tutti i torti.Washington negli anni dopo la guerra aveva sequestrato le riserve d’oro della Jugoslavia. E i paesi dell’Est, turbati e preoccupati, avevano preso l’abitudine di tenere i loro dollari nelle banche europee invece che a New York.Non diversamente, quando nel ’56 Gran Bretagna e Francia tentarono di riguadagnare il controllo del canale di Suez, Washington che disapprovava congelò il loro accesso ai dollari e segnò la fine dell’iniziativa. <Non proprio i comportamenti di un arbitro imparziale>, osserva Bullogh.

E LE FURBIZIE DELLA CITY : GLI EURODOLLARI. La Gran Bretagna a quel tempo passava da una crisi all’altra. Nel 1957 alzò i tassi di interesse e impedì alle banche di usare la sterlina per finanziare il commercio per tenere alto il valore della moneta nazionale.Le banche della City che non potevano più utilizzare la sterlina cominciarono a usare i dollari, ottenendoli dall’Unione Sovietica, che li teneva a Londra e Parigi per non diventare vulnerabile alle pressioni americane.

Era anche conveniente: I limiti che esistevano negli Usa sui tassi di interesse per i prestiti in dollari, a Londra non c’erano.I banchieri chiamarono questi dollari ‘eurodollari’. Un mercato che dette un po’ di fiato alla City nei tardi anni ’50. Ma il grosso dei bond continuava a essere trattato a New York. Un fatto che infastidiva la City. Dopo tutto le compagnie che prendevano a prestito erano europee, ma le commissioni venivano incassate da banche Americane.

IL VERO GOLDFINGER. <Un banchiere in particolare non era disposto a tollerare questa situazione, scrive Bullogh e ne fa il nome: Sigmund Warburg, dipingendolo come un tedesco estraneo al mondo della City. E un nuovo arrivato nella comunità bancaria londinese effettivamente Sigmund Warburg lo era. “Un dannato straniero, un ebreo tedesco”, dirà di sé stesso, come scrive il Telegraph in occasione dei 20 anni della sua morte. Ironizzando sul <rifugiato diventato banchiere globale > anzi, “il nuovo genere di banchiere globale adatto ai tempi moderni” secondo il capo della Banca Mondiale, e accreditandolo come inventore degli Eurobond.

Estraneo per modo di dire. Sigmund Warburg è infatti un rampollo della celebre, antica famiglia tedesco-americana di banchieri, ebrei di origine germanica ma addirittura di discendenza Veneziana – i Del Banco, emigrati da Venezia nel 16° secolo – fondatori nel 1798 di una delle più antiche banche di investimento, due di loro negli Usa nei primi del ‘900, attraverso matrimoni e intrecci familiari avevano stretti legami con altre prominenti famiglie ebraiche attive nella finanza (i Shiff, i Khun, i Loeb) fra Usa e Germania, e nella politica (Otto, botanico, presiede la Zionist Organization nel 1911, Paul nel 1913 è l’ispiratore e uno dei fondatori della Federal Reserve di cui diventa vice governatore, Max nel 1919 partecipa alla Conferenza di Versailles e poi siede nel board della German Reichbank, la banca centrale tedesca e in quello del colosso chimico IG Farben).

Sigmund Warburg prima della Seconda Guerra Mondiale avrebbe lavorato alla Z Organization, il ramo segreto dell’MI6, in contatto dalla Svizzera con H. Jalmar Schacht, a quel tempo presidente della banca centrale tedesca, ma nel 1934 è costretto a fuggire a Londra dove nel 1946 fonda la S.G.Warburg che negli anni diventerà una delle prime banche di investimento della City, con varie vicende e alleanze prima di confluire nel 1995 nella Svizzera UBS, ma è anche partner della merchant bank americana Kuhn-Loeb&Co.

Fermamente convinto che l’integrazione finanziaria dell’Europa fosse un passo ineludibile per lo sviluppo dell’economia europea, è coinvolto in vari movimenti e organismi europeisti, compreso il Bilderberg dove troneggiano i Rockfeller . Tutt’altro che un povero rifugiato ebreo tedesco, insomma.Strano che Bullogh non ne accenni. Ma torniamo a noi.

L’IDEA GENIALE. Nel 1962 Sigmund Warburg apprende da un amico alla Banca Mondiale che qualcosa come $3 miliardi (di allora!!) circolano fuori dagli USA – disponibili qua e là, pronti per essere utilizzati. Negli anni ’20 in Germania è stato banchiere e ricorda bene come combinare accordi per bond in valuta straniera. Perché i suoi uomini non dovrebbero saper fare di nuovo qualcosa di simile? Fino a quel momento se una società voleva prendere a prestito dollari doveva farlo a New York. Warburg però sapeva bene dove poter trovare parti significative di quei $3 miliardi: in Svizzera.

Almeno dagli anni ’20 gli Svizzeri erano attivi nell’accumulare contanti e asset per conto di stranieri che volevano evitare controlli, e tasse. Nei primi anni 60’ forse il 5% di tutto il denaro in Europa giaceva sotto i materassi di acciaio Svizzeri.Per la City l’idea era una grande tentazione. C’era tutto quel denaro in giro, inerte, era quello di cui avevano bisogno per ricominciare a vendere bond.

Come immaginava Warburg, se fosse stato in grado di arrivare a quel denaro, impacchettarlo e prestarlo sarebbe stato nel business. Sicuramente avrebbe poi persuaso le persone che pagavano i banchieri svizzeri soltanto per tenere lì i loro soldi, che comprando i suoi bond avrebbero avuto anche un reddito. E sicuramente avrebbe convinto le società europee che prendendo a prestito da lui avrebbero evitato le alte tariffe chieste a New York.Era una grande idea. Ma c’era un problema. Secondo le regole vigenti era impossibile per Warburg muovere quel denaro dalla Svizzera via Londra ai clienti che volevano prenderlo a prestito. Eppure, mobilitando i suoi uomini migliori, anche a quell’impasse venne trovata una soluzione.

IL PRIMO EUROBOND E’ DELL’ITALIANA AUTOSTRADE. <Cominciarono a lavorarci nel 1962, anno cruciale per molti aspetti: la Beatlesmania, la crisi di Cuba , le parole di Kennedy a Berlino divisa dal muro. L’ emissione di questi nuovi bond -che vennero chiamati Eurobonds sulla scia degli Eurodollari – fu condotta da Ian Fraser, un eroe di guerra scozzese poi giornalista poi finito in banca. Insieme a un collega trovarono il sistema per aggirare tassi e controlli. A fare da cavia , guarda a caso, fu l’Italia, attraverso l’IRI (presieduto da Giuseppe Petrilli, democristiano fanfaniano]:il primo Eurobond fu infatti emesso da Autostrade, che con quel prestito di $15milioni costruì l’Autostrada del Sole. Era il luglio 1963.

I bond sarebbero stati formalmente emessi all’aeroporto di Schiphol, in Olanda, evitando così la tassa del 4% prevista per i bond emessi in Gran Bretagna. Dopo di che, per evitare una seconda tassa sull’interesse, Fraser fece in modo che questo fosse pagato in Lussemburgo. Persuase poi la Borsa di Londra a mettere in lista i bond malgrado non fossero stati emessi né riscattati in GB e rassicurò le banche centrali di Francia, Olanda, Svezia, Danimarca e Regno Unito, preoccupate dell’impatto degli eurobond sui controlli delle valute. L’ultimo artificio fu fingere che la società che prendeva a prestito fosse Autostrade mentre in realtà era l’IRI, evidentemente compiacente.

INVESTITORI DUBBI.Gli eurobond inventati da Fraser erano in sostanza bond con un buon interesse, praticamente esentasse, riscattabili in cash dovunque. Magici. Chi forniva i soldi da prestare all’IRI, via Autostrade? “I maggiori compratori di questi bond erano individui, di solito dell’Est Europa ma anche dell’America Latina interessati ad tenere parte dei loro averi in un formato mobile, così da poterli portare con sé in una valigetta in caso di ‘fughe’ improvvise”, racconterà Fraser.

“E c’era ancora un’emigrazione di ebrei centro-europei sopravvissuti verso Israele e l’occidente, e la normale migrazione di dittatori sudamericani”. Tutti soldi nascosti in Svizzera. Una bella clientela, non c’è che dire. Più tardi si disse che i quattro quinti in realtà erano semplicemente degli evasori fiscali, professionisti o altro che portavano una parte dei loro guadagni in Lussemburgo o a Ginevra e accolsero con favore questo nuovo investimento.

MONEYLAND . Nel cinquantenario del primo Eurobond di Autostrade, Vito Lops sul Sole24Ore ricorda l’avvenimento come “un esempio di evoluzione finanziaria “,“l’inizio della globalizzazione della finanza e della circolazione transfrontaliera dei capitali”.

Bullogh la vede un po’ diversamente, o meglio, guarda l’altra faccia della medaglia:<Gli eurobond liberarono la ricchezza e furono il primo passo verso la creazione di quel paese virtuale dei ricchi che chiamo Moneyland>, scrive.

Moneyland comprende la finanza offshore ma è uno spazio molto più vasto in quanto protegge ogni aspetto della vita di una persona ricca, non solo il suo denaro, da ogni genere di accertamento. La stessa dinamica che ha consentito a Fraser di evadere i controlli per i suoi clienti induce le sue controparti moderne a trovare strade per evitare ai più ricchi del mondo controlli dei visti, resoconti giornalistici, responsabilità legali e molto altro.

Moneyland è un luogo virtuale in cui se sei abbastanza ricco, chiunque tu sia e da qualsiasi parte arrivi il tuo denaro, la legge a te non si applica >. <E’ questo lo sporco segreto al cuore della rinascita della City, l’inizio del processo che ha condotto alla stratosferica ineguaglianza di oggi. E’ stato reso possibile anche dalle moderne comunicazioni – telegramma, telefono, telex, fax, email e ha consentito ai più ricchi del mondo di sottrarsi alla responsabilità della cittadinanza>.

IL CROLLO DI BRETTON WOODS. Il primo Eurobond del luglio ’63 valeva $15 milioni, nella seconda metà di quell’anno se ne vendettero per $35milioni. L’anno dopo il mercato si allargò a $510 milioni, nel 1967 superò il $1 miliardo, eccetera eccetera.Il risultato fu il crollo del sistema creato a Bretton Woods. Sempre più dollari fuggivano offshore, dove evitavano regole e tasse imposte dal governo Usa. Ma erano sempre dollari, e 35 dollari corrispondevano ancora a un’oncia di oro.

Qui Bullough accenna al meccanismo per cui i dollari – il denaro in generale invero – si vanno moltiplicando: se depositi un dollaro in banca, la banca lo usa come garanzia per il denaro che presta a qualcun altro, quindi ci sono già altri dollari in circolazione, i tuoi e quelli che qualcun altro ha preso a prestito. E se quell’altro lo mette in un’altra banca e quella banca lo presta, ci sono in giro ancora più dollari, e così via, man mano che i movimenti aumentano.<E poiché ciascuno di quei dollari nominalmente valeva una certa quantità d’oro, gli Usa avrebbero dovuto continuare a comprare sempre più oro per soddisfare la domanda potenziale. Usando altri dollari, quindi aumentando l’esistenza di dollari in circolazione, in una catena senza fine, finché il sistema sarebbe collassato sotto il peso del fatto che non aveva senso: non poteva coesistere con l’offshore>.

Il governo americano cercò di difendere il prezzo del dollaro/oro ma ogni restrizione che metteva ai movimenti di dollari rendeva più conveniente tenere i propri dollari a Londra, con la conseguenza di farne filtrare di più offshore, e di aumentare la pressione sul prezzo del dollaro/oro.E dove andavano i dollari, seguivano i banchieri.

Nella City di Londra dove le regole erano più lasche e i politici più accomodanti c’erano 11 filiali di banche Usa nel ’64, divennero 58 nel 1975. Né c’era modo per i controllori americani di far valere le loro regole per banche americane che operavano in Gran Bretagna.Washington finì per rassegnarsi all’inevitabile e rinunciò alla promessa di riscattare dollari contro oro a $35 l’oncia. [La fine della convertibilità in oro del dollaro viene annunciata da Nixon il 15 agosto 1971] . Fu il primo passo di un progressivo smantellamento di tutte le garanzie create a Bretton Woods.

DI CHI E’ LA MONETA?<La questione filosofica su chi realmente possiede la moneta, la persona che ha guadagnato il denaro o il paese che l’ha creato – aveva avuto una risposta [nei fatti]>, conclude Bullough.Se avevi denaro, grazie ai banchieri accomodanti di Londra, e della Svizzera, adesso potevi farne ciò che volevi, i governi non avrebbero potuto fermarti. Finché un paese tollerava l’offshore, come faceva la Gran Bretagna, i cui legami coi veri e propri paradisi fiscali come le isole del Canale eccetera sono sempre stati opachi, gli sforzi degli altri non arrivavano a niente. Se le regole si fermano ai confini di un paese ma il denaro può fluire dove desidera, i suoi proprietari possono superare in furbizia qualsiasi regolatore.

SVILUPPI. Gli sviluppi del sistema innescato da Warburg non si fermarono certo agli Eurobonds . Lo schema di base lo si poteva replicare senza fine. Identificare una linea di business che può produrre denaro per te e per i tuoi clienti; cercare nel mondo una giurisdizione con le regole giuste per quel business – Lichtenstein, Lussemburgo, Isole Cook, Jersey, Cayman ecc – e usarla come base nominale. Se non riesci a trovare la giurisdizione con le regole adatte, con minacce o lusinghe puoi indurne una a cambiare le sue norme per venirti incontro. Warburg stesso cominciò a farlo, spiegando alla Banca d’Inghilterra che se regole e tasse non fossero cambiate avrebbe portato la sua banca altrove, magari in Lussemburgo .Presto le regole cambiarono e le tasse, quelle sui bonds al portatore, furono abolite. La risposta del mondo era stata interamente prevedibile. Pian piano i paesi cominciarono ad inseguire i business persi offshore (come fecero gli USA abolendo le normative che le banche evadevano spostandosi a Londra ) rendendo il mondo on shore più simile al piratesco mondo off shore che i banchieri di Warburg avevano creato.

LA GLOBALIZZAZIONE LIBERISTA. E’ il trionfo del liberismo, del “lasciar fare al mercato”, di una libera circolazione di denaro, valute, merci, uomini senza più regole ( o con meno regole possibili) che a partire dai paesi industriali contagia tutti gli altri, esportata anche via FMI, BMI, e WTO. E’ la trasformazione del sistema economico in un grande casinò dove si scommette e si specula su tutto – tassi di cambio, tassi di interesse, petrolio e materie prime, fra frodi e scandali vari; dove proliferano i fondi-avvoltoio e poche mega banche si espandono a dismisura assorbendone altre, sempre più ricche e potenti grazie alla creazione di strumenti finanziari sofisticati e alle connivenze con la politica che acconsente a deregolamentazioni selvagge : a completare l’opera iniziata da Reagan è Bill Clinton negli anni ’90 (vedi Underblog su Clinton).

Moneyland appare così come la metafora di una globalizzazione finanziaria liberista forse inevitabile, una tendenza inarrestabile, malgrado le crisi cicliche che attraversavano il mondo. E malgrado le disuguaglianze crescenti raggiungano il picco proprio nel 2000. Ma chi se ne cura?Fino alla crisi del 2007-2008 che fa barcollare l’intero sistema.

Eppure nemmeno allora si mette mano a riforme in grado di correggere le distorsioni che di quel collasso erano responsabili. Si mettono toppe e le fondamenta restano fragili. Nemmeno la rete delle Banche Centrali occidentali che ha tamponato le falle dando vita a una sorta di “nuova Bretton Woods, ma segreta e privata” come la chiama lo storico dell’economia Adam Tooze nel suo articolo sulla storia segreta della crisi bancaria, sembra più in grado di garantire stabilità.I profeti di una prossima crisi ancor più grave si moltiplicano mentre gli squilibri economici e geopolitici si accentuano. L’oro torna ad essere accumulato dalle banche centrali, anche in funzione anti dollaro come moneta internazionale. Il governatore della Bank of England Mark Carney arriva a proporre di rimpiazzare il dollaro, “troppo dominante”, con criptomonete digitali – alle quali peraltro ben 70 banche centrali stanno già lavorando, scrive il Sole24Ore.

DISUGUAGLIANZE E FINANZA GLOBALE. Del sistema che scricchiola e rischia una catastrofe più grave del 2008 l’ineguaglianza è parte integrante. Non mera conseguenza socio politica da valutare in termini etici e politici, ma elemento centrale del sistema economico finanziario globale. E un buon indicatore, nel tempo, dell’instabilità finanziaria.

Lo sostiene l’economista liberal James Galbraith, figlio del John Kenneth Galbraith consigliere economico di Roosevelt e Kennedy in un articolo significativamente intitolato “The unsustainability of Inequality”.<Quando gli economisti parlano di politiche che impattano sulle diseguaglianze lo fanno all’interno della struttura del mercato del lavoro, locale, regionale o nazionale.… mentre è evidente che la prima causa dei cambiamenti delle varie forme di disuguaglianze risiede negli sviluppi transnazionali, non nelle condizioni locali>.

L’evidenza nasce dalla disamina lungo assi spaziali e temporali di dati che vanno oltre la semplice ricchezza delle famiglie. Un’analisi storica che mostra le fasi alterne delle disuguaglianze nel mondo e nei singoli paesi, dal crollo di Bretton Woods in poi, in coincidenza con crisi, bolle che scoppiano, prezzi delle materie prime e del petrolio, tassi interesse ecc.

<L’ineguaglianza nel tempo è stata ‘regolata’ dal comportamento della finanza globale… e’ quindi irriducibile, globale e macro-economica, al contrario di quel che amano pensare molti economisti. Considerazioni legate al mercato del lavoro sono secondarie e vengono via via cancellate dai movimenti di cui sopra>. E <L’unico modo per affrontare l’ineguaglianza con efficacia è mettere sotto controllo le forze dell’instabilità finanziaria, della servitù del debito e dell’austerità predatoria. Queste forze possono essere temperate da una regolamentazione finanziaria, funzione dei governi dei paesi ricchi e delle banche centrali.

Galbraith non si illude. Sa bene che <i regolatori sono soggetti ad essere catturati dalla grande finanza e i mandati delle banche centrali sono stati concepiti in un’era di politiche economiche nazionali>. Eppure insiste.<A livello degli Stati-nazione si possono certo attuare misure utili: alzare il salario minimo, rafforzare i sindacati, stabilire schemi di assicurazione sociale, costruire infrastrutture, provvedere beni pubblici [misure care alle forze “di sinistra” nostrane e non solo, oggi raccomandate persino a livello UE].

Ma <Il problema è che queste forme di progresso possono poi essere – e di solito sono – erose dalle crisi finanziarie e dalla seguente imposizione di una severa austerità>.La capacità di ridurre l’insostenibilità delle ineguaglianze dipende dall’isolamento delle pressioni finanziarie esterne. Per quanto possa essere difficile, il resto del mondo deve proteggersi dalle forze destabilizzanti della finanza globale.

Secondo Galbraith ciò è importante anche in vista di un altro obiettivo: la sostenibilità della vita umana sul pianeta. Una relativa stabilità finanziaria è infatti necessaria per avanzare verso un’economia verde che usa un’energia pulita .I partiti progressisti, dai Democrati americani ai vari socialdemocratici europei hanno di cui riflettere. Compreso il PD.

https://www.oxfam.org/en/pressroom/pressreleases/2019-01-18/billionaire-fortunes-grew-25-billion-day-last-year-poorest-sawhttps://

www.ilfattoquotidiano.it/2018/01/22/disuguaglianze-oxfam-in-italia-l1-piu-ricco-ha-240-volte-il-20-piu-povero-e-il-divario-si-allarga/4107198/

https://www.theguardian.com/news/2018/sep/07/the-real-goldfinger-the-london-banker-who-broke-the-world

https://www.nepal24hours.com/the-unsustainability-of-inequality/

L’analisi di J. Galbraith. Originale qui: https://www.project-syndicate.org/onpoint/the-unsustainability-of-inequality-by-james-k–galbraith-2019-08?barrier=accesspayloghttps://

www.telegraph.co.uk/finance/2774234/Refugee-who-became-a-global-banker.html

https://st.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2013-07-01/anni-primo-eurobond-costrui-123720.shtml?uuid=AbRIdAAI Vito Lops.

Sulla storia dell’offshore banking e il ruolo di Londra snodo della finanza globale, vedi http://www.worldoffshorebanks.com/history-of-offshore-banking-does-it-really-have-a-future.php

https://www.lastampa.it/blogs/2016/05/22/news/la-saga-dei-clintons-ii-bill-i-new-dem-wall-street-e-le-premesse-della-crisi-br-1.37251670 UNDERBLOG

https://www.prospectmagazine.co.uk/magazine/the-secret-history-of-the-banking-crisis. Adam Tooze.

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