La guerra in Ucraina è cominciata PRIMA del 24 febbraio. Ma non lo si dice.

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La CIA e altri vantano la divulgazione di info di intelligence inaccurate e perfino false non solo come strumento di infowar ma soprattutto come mezzo per destabilizzare Putin, prevenire e ostacolare le sue mosse, modificare la sua campagna, oltre a impedire alla Russia di definire la percezione della guerra nel mondo. Lo scrive un recente articolo di NBCnews. Un metodo copiato da Israele, suggerisce @ItalianPolitics.

Un paio di esempi: l’uso di agenti chimici che Mosca stava preparando, secondo Biden, smentite a NBCnews da funzionari intel. L’uscita dei russi da Kiev, non ritirata ma riposizionamento strategico verso sud est secondo l’interpretazione di Jack Sullivan: è una mera ipotesi del capo della National Security.

Ma il principale vanto degli US, scrive NBCnews, è aver “rivelato” in anticipo, e per settimane, l’intenzione di Putin di invadere l’Ucraina (la Francia e molti altri, anche analisti non ci credevano) inducendo così Putin a ritardare l’inizio della sua operazione speciale, non i primi di gennaio ma a febbraio. Consentendo agli US di compattare gli alleati e prepararsi a quanto sarebbe accaduto.

A febbraio però Putin, che da dicembre aveva schierato larghe forze al confine ucraino ufficialmente per esercitazioni militari, ancora non si muoveva. Andava “stanato”, evidentemente. Ma come? E’ sempre NBCnews a scrivere che ben prima del 24 febbraio gli US erano pronti ad affermare di essere a conoscenza di un attacco russo false flag in Donbass per giustificare l’invasione: “l’intelligence preparava addirittura un video, che tuttavia poi non si è mai materializzato”.

Forse perché un attacco c’è stato davvero, anzi più d’uno. E non un pretestuoso false flag ma veri e ripetuti attacchi al Donbass da parte ucraina a partire dal 16 febbraio, che hanno innescato il conflitto.

A raccontare questi precedenti, ignorati da analisti e media, è Jaques Baud, ex colonnello dei servizi strategici svizzeri specialista in Est Europa ex, ONU, ex NATO per la quale ha seguito gli avvenimenti ucraini dal 2014, nonché autore di libri. In un documentato lungo articolo  di fine marzo in cui si propone proprio di far luce su tante questioni, facendo emergere fatti ignorati/trascurati finanche da esperti vari. 

L’innesco della guerra è preceduto da una serie di precisazioni non da poco sulle radici del conflitto compresi gli accordi di Minsk mai applicati da Kiev, e da importanti informazioni sull’esercito ucraino e la collaborazione della NATO. Le vedremo in uno o due post successivi. Concentriamoci ora sull’innesco della guerra lasciando la parola a Baud, che Grayzone.com ha intervistato  il 15 aprile per discutere le sue prese di posizione. Titolo dell’intervista: US, EU sacrificing Ukraine to ‘weaken Russia’: fmr. NATO adviser

L’INNESCO della guerra.

Dal novembre 2021 – scrive Baud – gli americani hanno costantemente brandito la minaccia di un’invasione russa contro l’Ucraina. Tuttavia, gli ucraini non sembrano essere d’accordo. Come mai ? Dobbiamo risalire al 24 marzo 2021. Quel giorno Volodymyr Zelensky ha emesso un decreto  per la riconquista della Crimea e ha iniziato a schierare le sue forze verso il sud del Paese.

Contemporaneamente, vengono condotte diverse esercitazioni NATO tra il Mar Nero e il Mar Baltico, accompagnate da un aumento significativo dei voli di ricognizione lungo il confine russo. La Russia conduce quindi a sua volta alcune esercitazioni per testare la prontezza operativa delle sue truppe e dimostrare che sta seguendo l’evolversi della situazione. Le cose si calmano fino a ottobre-novembre con la fine delle esercitazioni ZAPAD 21, i cui movimenti di truppe vengono interpretati a occidente come un rinforzo per un’offensiva contro l’Ucraina. Eppure anche le autorità ucraine confutano l’idea dei preparativi russi per una guerra e Oleksiy Reznikov, ministro della Difesa ucraino, afferma che non ci sono stati cambiamenti al suo confine dalla primavera.

In violazione degli accordi di Minsk, l’Ucraina sta effettuando operazioni aeree nel Donbass utilizzando droni, compreso almeno un attacco contro un deposito di carburante a Donetsk nell’ottobre 2021. La stampa americana lo riprende, ma non gli europei e nessuno condanna le violazioni.

Finché, nel febbraio 2022, gli eventi precipitano. Il 7 febbraio, durante la sua visita a Mosca, Emmanuel Macron riafferma a Vladimir Putin il suo attaccamento agli accordi di Minsk, impegno che ripeterà dopo l’intervista con Volodymyr Zelensky il giorno successivo. Ma l’11 febbraio, a Berlino, dopo 9 ore di lavoro, l’incontro dei consiglieri politici dei leader del “Formato Normandiasi conclude, senza alcun risultato concreto: gli ucraini si rifiutano ancora e sempre di applicare gli accordi di Minsk, a quanto pare per via di pressioni da parte degli Stati Uniti.

Vladimir Putin si rende allora conto che Macron gli ha fatto vuote promesse e che l’Occidente non è pronto a far rispettare gli accordi, come fanno da otto anni . La stessa UE non ha mai mosso un dito per spingere in questa direzione, che avrebbe impedito la guerra.

Continuano intanto i preparativi ucraini nella zona di contatto. [E non è un caso se il 14 febbraio il Washington Post se ne esca con un articolo sui preparativi del Tiger Team dell’amministrazione americana, in corso da mesi, per fronteggiare  diversi scenari, fino a una invasione russa dell’Ucraina].

 Il parlamento russo è allarmato e il 15 febbraio chiede a Vladimir Putin di riconoscere l’indipendenza delle Repubbliche, cosa che lui rifiuta.

Il 17 febbraio, il presidente Joe Biden annuncia che la Russia attaccherà l’Ucraina nei prossimi giorni. Come fa a saperlo? Mistero… Ma dal 16, i bombardamenti di artiglieria delle popolazioni del Donbass stanno aumentando vertiginosamente, come dimostrano i rapporti quotidiani degli osservatori OSCE [grafico giorno per giorno riportato da Baud].

Naturalmente, né i media, né l’Unione Europea, né la NATO, né alcun governo occidentale reagisce e interviene. Si dirà più avanti che questa è disinformazione russa. In effetti, sembra che l’Unione Europea e alcuni paesi abbiano volutamente sorvolato sul massacro del popolo del Donbass, sapendo che avrebbe provocato l’intervento russo.

Nel frattempo si segnalavano atti di sabotaggio nel Donbass. Il 18 gennaio, i combattenti del Donbass intercettavano sabotatori equipaggiati con materiali occidentale e parlanti polacco che cercavano di creare incidenti chimici a Gorlivka. Potrebbero essere stati mercenari della CIA, guidati o “consigliati” da americani e composti da combattenti ucraini o europei, per compiere azioni di sabotaggio nelle Repubbliche del Donbass, scrive Baud.

Infatti, già dal 16 febbraio Joe Biden sa che gli ucraini hanno cominciato a bombardare le popolazioni civili del Donbass, mettendo Vladimir Putin di fronte a una scelta difficile: aiutare militarmente il Donbass e creare un problema internazionale o restare a guardare i russofoni del Donbass farsi schiacciare? Se decide di intervenire, Vladimir Putin può invocare l’obbligo internazionale di “Responsability To Protect” (R2P). Ma sa che qualunque sia la sua natura o portata, l’intervento scatenerà una pioggia di sanzioni. Pertanto, sia che il suo intervento sia limitato al Donbass o che vada oltre per fare pressione sugli occidentali per lo status [di neutralità] dell’Ucraina, il prezzo da pagare sarà lo stesso.

Questo è quanto Putin spiega durante il suo discorso del 21 febbraio. Quel giorno acconsente alla richiesta della Duma e riconosce l’indipendenza delle due Repubbliche del Donbass e firma con loro trattati di amicizia e assistenza. I bombardamenti dell’artiglieria ucraina sulle popolazioni del Donbass continuano e, il 23 febbraio, le due Repubbliche chiedono aiuti militari alla Russia. Il 24 febbraio Vladimir Putin invoca l’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, che prevede l’assistenza militare reciproca nel quadro di un’alleanza difensiva.

Per rendere l’intervento russo totalmente illegale agli occhi del pubblico [la narrazione mediatica] oscura deliberatamente il fatto che la guerra sia effettivamente iniziata il 16 febbraio. L’esercito ucraino si preparava ad attaccare il Donbass già nel 2021, come ben sapevano alcuni servizi di intelligence russi ed europei… Giudicheranno i giuristi.

GLI OBIETTIVI DI PUTIN

Nella sua allocuzione del 24 febbraio Putin annuncia i due obiettivi della sua operazione: <demilitarizzare> e <denazificare> l’Ucraina – scrive Baud e aggiunge: non si tratta quindi di impadronirsi dell’Ucraina e neppure, verosimilmente, di occuparla, tanto meno di distruggerla.

La pianificazione russa non è conosciuta nei dettagli ma -secondo Baud – lo svolgimento delle operazione permette di verificare come gli obiettivi si stanno traducendo a livello operativo:

Demilitarizzazione: – distruzione a terra di aviazione, sistemi di difesa aerea e di riconoscimento, – neutralizzazione delle strutture di comando e di intelligence(C31) e delle principali vie logistiche; – accerchiamento del grosso dell’armata ucraina nel su est del paese.

Denazificazione: distruzione  o neutralizzazione dei battaglioni di volontari che operano nelle città di Odessa, Kharkov e Mariupol nonché in diverse installazioni sul territorio. (…) [Di tali battaglioni nel contesto dell’esercito ucraino,parleremo nel prossimo post].

L’idea che la Russia cerchi di impadronirsi della capitale Kiev per eliminare Zelensky  proviene dagli Occidentali: sono loro che l’hanno fatto in Afghanistan, in Irak, in Libia ed è quel che volevano fare in Siria con l’aiuto dello Stato Islamico.   Ma Putin – secondo Baud – non ha mai avuto l’intenzione di abbattere o rovesciare Zelensky. La Russia al contrario cerca di mantenerlo al potere spingendolo a negoziare con l’accerchiamento di Kiev. Fino a quel momento aveva rifiutato di applicare gli accordi di Minsk, ora i Russi vogliono ottenere la neutralità dell’Ucraina.

Il fatto che i Russi continuino a cercare una soluzione negoziata pur continuando le operazioni militari [come accadeva in marzo] stupisce molti commentatori occidentali. Ma la spiegazione è nella concezione strategica russa, fin dai tempi dell’Urss: si può combattere e trattare contemporaneamente. (…)

Il rallentamento che i nostri esperti attribuiscono a una cattiva logistica non è che una conseguenza di aver raggiunto gli obiettivi prefissati. La Russia non sembra intenzionata ad impegnarsi in un’occupazione dell’intero territorio ucraino ma cerca di limitare la sua avanzata alla frontiera linguistica del paese .

I nostri media parlano di bombardamenti indiscriminati contro le popolazioni civili, in particolare a Kharkov e immagini dantesche vengono diffuse a iosa. E però Gonzalo Lira, un latino americano che vive lì ci presenta una città tranquilla il 10 marzo e l’11 marzo (links). Non si vede tutto, ma sembra indicare che non si tratta della guerra totale che vediamo sui nostri teleschermi.

Quanto alle Repubbliche del Donbass, hanno “liberato” i loro propri territori e combattono nella città di Mariupol (Baud si ferma a fine marzo).Apri il pannello di pubblicazione

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Great Reset: rivoluzione salvifica del mondo post Covid-19 o teoria cospirazionista? Entrambe le cose.

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Entrambe le cose, segnalava un fact checking della BBC a fine novembre 2020. Considerando < il revival dell’ultima teoria cospirazionista secondo la quale un gruppo di leader del mondo stanno orchestrando la pandemia per prendere il controllo dell’economia globale>. BBC ammetteva però che <tale teoria origina dal piano messo a punto dal World Economic Forum (WEF), che organizza a Davos conferenze annuali fra figure di alto profilo della politica e del business, un piano che indica come i paesi possono uscire dai danni causati dalla pandemia da coronavirus>. Dopo alcuni mesi il tema è sempre attuale, anzi, lo è forse più che mai.

Gli incontri di Davos di gennaio si sono tenuti solo online, in vista di un altro Forum a Tokio dedicato alla tecnologia in aprile e di quello in presenza a maggio a Singapore. A distanza ma molto allargati, partecipati e pubblicizzati dai media in contrasto con la quasi segretezza del passato. Tra gli intervenuti, Xi Jinping, Macron, Merkel, Conte,Von der Leyen, Lagarde, Georgieva (FMI), Guterres (ONU), persino Putin. Oltre a un buon numero di importanti CEO meno reclamizzati.

Focus la Great Reset Initiative, progetto della Davos Agenda al quale il WEF lavora da tempo. Klaus Schwab, del WEF fondatore e direttore, insieme all’economista Thierry Malleret gli ha dedicato un libro, aggiornato al post pandemia: COVID-19 the Great Reset, presentato a giugno 2020 con contributi, fra gli altri, di Carlo principe di Galles, assiduo del WEF, e del miliardario Ma Jun, del Comitato Finanziario Verde cinese (PCC) molto vicino a Xi (la Cina ospita vari incontri regionali del WEF). Un piano planetario per una nuova globalizzazione, ben oltre i cambiamenti climatici, che la pandemia renderebbe attuale e urgente. Offrendo <un’unica finestra di opportunità per ridisegnare la ripresa e costruire un mondo più sicuro, più uguale, più stabile: un nuovo contratto sociale che onori la dignità di ogni essere umano> [sic].

<Servono indirizzi comuni per guidare il grande reset dei nostri fondamenti economici e sociali… un reset del capitalismo…I cambiamenti già innescati dal COVID-19 provano che è possibile. Il mondo è interdipendente… E ogni paese dagli US alla Cina deve partecipare>.

Gli interventi di quelli che i media hanno chiamato il “Gotha del potere del mondo”, al di là dei temi sottolineati da ciascuno (rilancio del multilateralismo e impegni sull’ambiente di Xi, avviso di Putin sui Big Tech ormai più potenti degli Stati, superamento di povertà e disuguaglianze sottolineati dall’Onu via Guterres ) nell’insieme hanno messo a fuoco la “sfida al potere per il nuovo ordine globale” (titolo del Corriere), riconoscendo più o meno implicitamente la necessità di una Governance Globale, uno degli obiettivi centrali del WEF accanto alla 4a Rivoluzione Industriale in chiave digitale, tema di un altro suo testo, del 2016.

O Post-Industriale, come scrive Ilaria Bifarini nel suo ultimo libro Il Grande Reset, dalla pandemia alla nuova normalità, che prova a <sottrarre la comunicazione di un tema socioeconomico cruciale dall’accusa di negazionismo>. I libri sul Reset, entusiasti, critici o cospirazionisti non si contano.

I molti piani. Che il sistema economico non fosse da tempo in buona salute lo si sa da svariati anni a dispetto della propaganda mediatica, prima e ancor più dopo il 2008, tra debiti globali alle stelle, bassa crescita e ripetuti salvataggi di imprese e banche. Una nuova crisi era attesa da vari analisti (es N. Roubini ). Il tutto intrecciato a crescenti squilibri sociali, aumento di disuguaglianze e povertà nei paesi avanzati e in quelli emergenti, e ai temi della produzione alimentare e dell’acqua, dell’ambiente, del cambiamento climatico. Fenomeni globali ma più critici in Occidente il cui capitalismo liberista di mercato appare perdente di fronte al vincente capitalismo statale autoritario della Cina. Dove gli investimenti esteri hanno ormai superato quelli negli Usa.

Fatto sta che dal 2015 vari piani si susseguono, a diversi livelli: dall’Agenda ONU 2030 per uno sviluppo sostenibile, con ben 17 obiettivi, all’accordo di Parigi appena ri-sottoscritto da John Biden, dal One Planet Summit del 2017 a cui aderisce il WEF al Green New Deal propagandato da Greta Tunberg & C ma con dietro uno stuolo di banche e multinazionali (qui Underblog).

Fino al meno divulgato piano di Blackrock, il maggior detentore di asset del mondo, presentato nell’agosto 2019 al summit di Jackson Hole delle banche centrali, che preconizzava una Policy Revolution: Dealing with the next downturn, per gestire l’imminente fase discendente (qui Underblog). Il Covid-19 non era ancora affiorato. Ma secondo Anthony J. Hall (professore emerito all’università di Lethbridge, Canada e direttore dell’American Herald Tribune) in quell’agosto 2019 il nuovo collasso sistemico era già evidente, con segni chiari. Lo vedremo più avanti tra i critici.

Il Great Reset comprende tutti questi piani e li rilancia, precisandone gli obiettivi e andando oltre, verso un totale reset del mondo post Covid, dove nulla sarà più come prima. Illustrato in sintesi da Schwab in un articolo su Time che sponsorizza il piano dedicandogli vari contributi, nonché in una recentissima intervista. E articolato in una miriade di pezzi e video sul sito del WEF, centrati sui sette punti chiave della Davos Agenda 2021: 1. How to save the planet ; 2. Fairer Economies; 3.Tech for Good; 4. Society &Future of work; 5. Better Business; 6. Healthy future;7. Beyond Geopolitics. Con promesse entusiastiche che non rassicurano affatto i cospirazionisti.

Pubblico+privato. E’ l’autodefinizione del WEF su Twitter. Ed è la chiave di volta del Great Reset, ma non è una novità. Già i vari QE da delle banche centrali avevano rappresentato sostegni corposi all’economia e alle stesse aziende, in deroga al cosiddetto mercato. Il Green New Deal prospettava pesanti interventi pubblici per la riconversione verde. Mentre la rivoluzione di BlackRock <inevitabile data l’insufficienza delle politiche monetarie> imponeva di *dare liquidità direttamente a famiglie e business * mescolare esplicitamente politiche monetarie e fiscali *dare sostegno alle imprese con condizioni stringenti, aprendo le porte a un intervento senza precedenti nel funzionamento dei mercati finanziari e di governance delle imprese> (vedi Underblog cit).

Le banche centrali con i loro QE e salvataggi vari insomma non bastano più a sostenere il sistema: ma chi guida il gioco, il lato pubblico, gli Stati, o quello privato: la finanza, mai riformata? Dopo il ’29 F.D Roosevelt le aveva tagliato le gambe. Nel grande reset prospettato dal WEF sembra piuttosto il contrario, e a Big Money si è aggiunta Big Tech (e ora Big Pharma). Evocare John M. Keynes appare davvero fuori luogo. Anche se non mancano gli ottimisti, come Mariana Mazzucato.

Interessanti le raccomandazioni del WEF ai governi: coordinamento delle politiche fiscali, riforme a lungo attese (esempi), stimoli verso obiettivi comuni come uguaglianza e sostenibilità, investimenti (pubblici + privati) non per tappare i buchi del vecchio sistema ma per crearne uno nuovo, incanalare le innovazioni della 4° Rivoluzione Industriale. [Suonano familiari?]. Ma vediamo i temi della Davos Agenda, citando qua e là da Schwab e/o contributi vari nel sito WEF (qui e qui oltre ai citati).

1.Economie più eque. Schwab da molti anni teorizza la necessità di <andare oltre il neoliberismo> di Freeman & C . Al capitalismo degli shareholders, gli azionisti, contrappone un capitalismo degli stakeholders in cui gli azionisti restano tali ma le imprese devono diventare luoghi di mediazione fra interessi contrastanti e <le scelte di un’azienda nei confronti delle persone, del pianeta e dell’innovazione – compreso il modo in cui protegge e applica il valore aggiunto dei suoi dati – prendano più spazio nelle decisioni di allocazione del capitale>, come FT presentava il Great Reset su YouTube il 30/12/2019, titolo “Perché il capitalismo deve essere resettato nel 2020” (sebbene oggi, ripreso dal Foglio, il FT sembri scettico). <Servono indicatori nuovi, non più relativi ai profitti ma ad obiettivi sociali e ambientali>, e <la misura della prosperità di un paese deve andare oltre il PIL>, precisa oggi Schwab. Ci stanno già lavorando, con i grandi investitori, i Big Four, sotto la guida del CEO di City Group.

<Le economie vanno ridisegnate per renderle socialmente più sostenibili>, sostiene il WEF. Come? <Tagliare le tasse ai ricchi non le rafforza, mentre peggiora le disuguaglianze che minacciano la coesione sociale, come dimostrano studi in 18 paesi OCSE>. Bene invece gli aiuti pubblici. La crisi Covid-19 <ha rivitalizzato il contratto sociale> rafforzando le reti si sicurezza dei cittadini in una misura mai vista prima. Solo nei paesi del G20 i pacchetti fiscali di aiuti hanno totalizzato $10.000 miliardi, 10 volte di più che nel 2008 [No, molti di più allora], l’UE spenderà 2300$ per persona, gli US 6500$ in più. Il debito nel 2020 salirà del 16% (…) Ritornare indietro non è desiderabile(…) Lavoratori a basso reddito, giovani, donne e minoranze, i più colpiti, avranno bisogno di sostegno anche dopo la fine della crisi sanitaria>. Per accompagnare chi non ce la farà nella 4a Rivoluzione Industriale prospettata come inevitabile, risolutiva, desiderabile.

2. Salvare il Pianeta. E’ovviamente l’obiettivo di fondo, che giustifica sia la 4a Rivoluzione Industriale sia l’auspicato Governo Globale: <Siamo tutti insieme>, sulla Terra si suppone. Non nuove le forme e modalità: decarbonizzazione, comprese tasse che colpiscano le industrie basate sul fossile [oggetto peraltro di dubbi mercimoni] e i disinvestimenti da parte degli investitori Big (Blackrock ha appena tolto oltre un miliardo da Occidental Petroleum), energie pulite, economia circolare, mobilità sostenibile, futuro delle città, eccetera. Industrie ma anche “stili di vita sostenibili”. <La maggior minaccia per il mondo non è il coronavirus ma l’affluence, la prosperità …la sostenibilità ambientale si raggiunge tagliando l’eccessivo consumismo> [sic].

3. Società & futuro del lavoro. Tema chiave, insieme alla Tecnologia benefica a cui si intreccia nel delineare la Nuova Normalità post Covid-19. Vedi la conferenza del WEF 20-23 ottobre 2020, Resetting the Jobs, già tema di un libro di Schwab. Vari aspetti:

*Lavoro a distanza, da qualsiasi luogo. Scontata la sua futura prevalenza, si consigliano [per ora?] forme di lavoro ibrido <per preservare la salute mentale e sociale degli impiegati>[sic]. Ma <la parte maggiore della popolazione potrà partecipare a lavori non più ristretti alle grandi città>.

*Lavoro flessibile. Grazie alle tecnologie digitali si prevedono lavori a breve, a richiesta, freelance, una flessibilità che <consentirà di scegliere dove e quando lavorare>. Anche il business ne beneficerà <assumendo persone per riempire gap specifici e impiegati freelance>. Addio al posto fisso: <I giovani dovranno crearsi il loro lavoro>.E chi non ci riesce?

*Lavoro più smart*, grazie all’AI e alla collaborazione uomo macchina che prenderanno in carico i lavori più ripetitivi e di routine. Robot e automazione avranno un “ruolo stellare” rimpiazzando l’interfaccia umana in aree a rischio, come durante la pandemia. L’AI creerà direttamente o indirettamente nuovi impieghi. Esempi: cloud computing, big data analysis, internet of things, cybersecurity, robot non umanoidi e droni, realtà aumentata, stampa3D, nanotecnologie, biotecnologie, robot umanoidi. Anche nell’agricoltura.

*Lavoro per il pianeta. Sono i futuri lavori per la sostenibilità ambientale o volti dar luogo a uno stile di vita sostenibile. <Cresceranno a milioni (…). La pandemia ha fornito un’eccellente opportunità per ridisegnare i luoghi di lavoro in vista di una maggiore efficienza, inclusione, resilienza, sostenibilità… >. Consumare meno ma anche possedere meno e spostarsi meno.

4. Tecnologia benefica. E’ il cuore della 4a Rivoluzione Industriale. <L’era post Covid-19 sarà forgiata definitivamente dalla tecnologia più che qualsiasi altra forza nel teatro globale>. Quattro i punti cardine.

*La manifattura da reinventare. *Il 5G, <importantissimo per l’economia, e l’ambiente> [???]. <Nell’ultimo anno la sanità ha visto un +490% di visite e cure a distanza, +82% di giochi online, +75% di transazioni e commerci ecc, il 60% degli impiegati hanno usato teleconferenze e videocalls. <Con i vaccini c’è il rischio che la società cerchi di tornare indietro allo status quo pre-pandemia>: un “rischio” da evitare, accelerando con il 5G.

*I pagamenti digitali. <Il Covid 19 ha accelerato la digitalizzazione dell’economia, il distanziamento sociale ha favorito i pagamenti digitali (…) i governi del mondo dovranno continuare a promuovere l’inclusione finanziaria, anche di giovani, donne, minoranze, PMI>. Sono le stesse categorie da accompagnare nell’inclusione citate nelle High Level Policy Guidelines on digital financial inclusion recentemente adottate nell’incontro dei ministri dell’economia del G20. <La digitalizzazione finanziaria di individui e imprese può ridurre i costi e aprire nuovi mercati e opportunità di vita aiutando i paesi a riprendersi>. [Affidata anche ai Big Tech che già gestiscono commerci, connessioni e pagamenti online?]

*Identità digitale “umanocentrica”. Si punta molto su questo <che è diventato un tema globale>, ed è molto di più dello SPID italiano per dialogare con la nostra PA. Si tratta piuttosto di <impronte digitali digitalizzate> utili <per riconnettere la società in una nuova realtà in cui la popolazione dovrà relazionarsi fisicamente e virtualmente con le autorità pubbliche e il business>. Ma il suo potenziale è più ampio: offre la <possibilità di affermare chi siamo [sic] >, impattando su come viviamo, oltre che sulla ripresa globale.

Tra i vantaggi: <La possibilità di viaggiare – i viaggi sono fermi a causa del Covid e 174 milioni di impiegati sono a rischio di perdere il lavoro – partecipare a convegni, ottenere certificati educativi e di lavoro da remoto, firmare contratti di proprietà – in piena sicurezza>.

L’identità digitale prospettata comprende tutta una serie di informazioni sugli individui, dai test sanitari ai vaccini, ma pure informazioni finanziarie e di altro tipo. Con essa sarà possibile registrarsi per accedere a servizi e commerci, compresa l’educazione online, fornire credenziali per un impiego, provare la salute di una persona, combattere le frodi>. E per ottenere i previsti sussidi pubblici, si presume. Ben oltre, quindi, quel Passaporto vaccinale per vaccinati o testati Covid, sollecitato da società aeree e turistiche, imminente in US e in vari paesi, vedi New York Times recente. E tuttavia, si insiste, “in piena trasparenza”.

 <La gente è preoccupata dell’impatto delle tecnologie sui suoi dati personali – il 60% lo è, si ammette – ma esiste un’infrastruttura digitale centrata sull’uomo in grado di assicurare trasparenza garantendo a ciascuno il controllo dei dati (…) Spetta ai governi costruire la fiducia dei cittadini e creare cornici adatte, ma rapidamente, per restare al passo con la tecnologia>.

Che tipo di infrastruttura? Il WEF non cita espressamente l’ID2020, progetto della ID2020 Alliance gestita dal 2015 da una corporation in collaborazione con agenzie ONU, Ong, Microsoft, Rockfeller Foundation e GAVI: la Vaccine Alliance volta ad assicurare un “pari accesso globale ai vaccini”. Questa considera l’identità digitale utile in primo luogo per offrire un’identità – “un diritto fondamentale” – a tutti, a partire dai moltissimi individui che nei paesi emergenti ne sono privi (una sperimentazione è in corso in Bangladesh), ma indispensabile per capire chi sono i vaccinati, contro il Covid-19 e non solo, in prospettiva.

Si parla di ’identità digitale biometrica, una app basata su impronte digitali della mano o impronta della voce o riconoscimento facciale, che contiene dati sensibili e si sperimenta già anche in Italia, vedi progetto PIDaaS, in Piemonte finanziato dall’UE (qui specifico e in italiano).

Ma allo studio ci sono sistemi più inquietanti come il Quantum Dot Dye a cui lavora il team di Kevin McHugh fra MIT e Rice University, sorta di tatuaggio a punti quantitici (Quantum Dot Tattoos), dove capsule biocompatibili su scala micron si dissolvono sottopelle inglobano punti quantici leggibili elettromagneticamente a distanza (vedi anche qui).

O addirittura microchip grandi come un chicco di riso da impiantare sottopelle progettati dalla svedese Biohax, presente pure in Italia. Ma il ministero della Salute italiano ha smentito la notizia, circolata sul web, che la si stia sperimentando o autorizzando). Così come Bill Gates ha negato che il “certificato digitale “per registrare eventualmente i dati sanitari possa utilizzare microchip”.

Ma torniamo all’agenda di Davos.

5. Futuro della salute globale. <Il Covid-19 è una crisi sanitaria senza precedenti, prendere il controllo del virus e assicurarsi che i cittadini del mondo siano vaccinati è una priorità…Vedere la Covid Action Platform , la strategia proposta dal WEF . <Non è l’unica sfida. La ripresa va oltre il virus…  e tutti i cittadini devono poter avere accesso alla sanità, attraverso una partnership fra pubblico e privato>. [Dimentichiamoci del welfare pubblico, già vanto dell’Europa?]

<La pandemia ha mostrato che tra gli strumenti utili per raggiungere una sanità universale vi è la telemedicina e l’uso dei dati. La sfida è non tornare alla normalità precedente>. Si parla di dare la priorità alla salute mentale – ansia e depressione nel 2020 sono cresciuti enormemente (…) Bisogna poi prevenire future pandemie che vengono dagli animali, combattendo deforestazione e traffico di animali selvatici>. [Al Forum, a dibattere sulla salute erano solo i CEO di Pfizer e AstraZeneca, il direttore dell’OMS, il dr. Fauci, oltre al ministro della Sanità tedesco e al premier greco].

6. Oltre la geopolitica. <Oggi ci sono 193 nazioni sovrane, una proliferazione di centri di potere, e un fatto sempre più ovvio: siamo tutti insieme>, sulla Terra, come si è già detto, e interdipendenti. <Quando ci impegniamo tutti insieme possiamo raggiungere obiettivi comuni>, vedi il livello di ozono o l’accordo di Parigi. <Dobbiamo passare dalla geopolitica della competizione internazionale a una completa collaborazione globale di defaultAnche le narrazioni devono cambiare>. [Cina e Russia incluse?]

LE CRITICHE “COSPIRAZIONISTE”. Sono tante, e proliferano. Molte pubblicate sul sito del canadese Center for Research on Globalization, da sempre molto critico del sistema. Niente a che vedere con Qanon e posizioni simili dell’ultradestra trumpiana, ostile al Great Reset come al Green New Deal, considerati “socialisti. Coerentemente: sostenitori di Trump erano/sono l’industria delle energie fossili che nega il riscaldamento climatico, i miliardari “libertari” e l’ala repubblicana “anti statalista”. Dopo di che, nel magma del web, tutto si tiene e si influenza.

In generale, il Great Reset è visto come progetto di una nuova forma di totale controllo globale e di una ulteriore formidabile concentrazione della ricchezza in mano a pochi, sempre gli stessi. Un’evoluzione dell’economia mondiale <neoliberista all’ennesima potenza>: <Un atto di Guerra economica che minaccia la sovranità degli stati nazionali, impoverisce le popolazioni, mina le democrazie… Senza bisogno di guerre né di regime change>. Capitalismo di Sorveglianza, grazie all’identità digitale elettromagnetica e ai vaccini collegati: One World Order. Altro che contratto sociale e lotta alle disuguaglianze, per i cospirazionisti.

Un’agenda che avrebbe vari precedenti e oggi accelera grazie al Covid-19, non tanto al virus in sé quanto alle <chiusure che hanno messo in ginocchio l’economia reale: scuole vuote, aeroporti vuoti, viaggi bloccati, negozi, bar e ristoranti verso la bancarotta, servizi sospesi>. Un lockdown che sarebbe stato imposto al mondo arbitrariamente o addirittura pianificato, con una strategia della paura supportata dai media, complici del piano. Il che permette di bollare tout court queste critiche come “negazioniste”.

In questo coro si distingue il citato Anthony Hall. Con l’ipotesi che il COVID-19 sia una copertura per una crisi finanziaria anticipata (forse addirittura pianificata?), i cui segni erano già chiari nel 2019. Dalla crisi del Repo Market (dove le banche si riforniscono di liquidità), confermata dai $9000 miliardi della Fed di New York per mantenerlo operativo, operazione “coperta” mentre la stessa Fed affermava che le banche erano in salute. La causa? L’attività speculativa specie sui derivati, come nel 2007-8. Altri segnali: i circa 1500 CEO che nel 2019 lasciarono l’azienda, con le loro quote azionarie. E i tassi negativi sui bond governativi del mondo, e la caduta dei valori azionari, in particolare banche, in testa Citi e JPMorgan. E la contrazione dell’economia in Germania.

Tutto ciò – ragiona Hall – sarebbe sufficiente per chiedersi se il collasso delle economie nel 2020 abbia altre cause dalla pandemia e dai lockdown (una politica pubblica sbagliata e anti costituzionale a suo dire) che pure hanno contribuito a un tracollo generale mai visto. A partire dalla Cina, con le chiusure che hanno interrotto la catena delle forniture. Tanto che alcuni arrivano ad affermare che tale crollo sia stato pianificato, e che la pandemia sia stato un pretesto per far collassare l’economia globale e il tessuto sociale sottostante, per poi resettarla.

Hall mette in dubbio i conteggi delle vittime e dei contagiati, testati con i discussi PCR (qui Underblog). <L’inflazione dei casi e dei morti è l’espressione dello zelo utile a giustificare i lockdown? I lockdown in Cina sono stati concepiti per aiutare a creare le condizioni di un piano capace di dar vita a una nuova politica economica nel mondo? E come considerare il fatto che coloro che si identificano col WEF hanno indicato la strada per enfatizzare il reset emergente dalla crisi sanitaria, reset che lo stesso WEF contribuisce a pubblicizzare già dall’ottobre 2019?

Precedenti. William Engdahl (laurea a Princeton, già consulente e conferenziere, autore di libri), vede nel Great Reset una riedizione dei War and Peace Studies, strategia elaborata da un gruppo coordinato da Isaia Bowman, geografo della John Hopkins University per il Council of Foreign Relations con finanziamenti della Rockefeller Foundation, che nel 1939 pianificava l’entrata in guerra degli US e il mondo post bellico in cui gli US avrebbero preso il posto dell’impero Britannico. Quel che Henry Luce nel ’41 definì “il Secolo Americano”, con Nazioni Unite dominate dagli US e gli accordi di Bretton Woods (questi sì keynesiani e infatti poi rinnegati) parte del piano.

Del resto <Klaus Schwab [ingegnere ed economista, 17 dottorati onorari da atenei di tutto il mondo, medaglie e onorificenze a schiovere] fondatore del WEF è un protegé di Henry Kissinger, a sua volta vicino ai Rockefeller, da quando erano insieme ad Harvard, e già nel 2016 nel libro Shaping the future of the Fourth Industrial Revolution (4IR) descriveva i cambiamenti tecnologici prossimi venturi>.

il prof Michel Chossudovsky, economista fondatore del CGR, ricorda invece il Chile 1973 Reset, il colpo di stato cileno ordito dalla CIA con Kissinger Segretario di Stato, da lui vissuto in prima persona a Santiago, e quello dell’Argentina nel 1976, prodromi del programma di Aggiustamenti Strutturali (SAP) imposti dal FMI e Banca Mondiale a 100 paesi. <Ora entriamo in una nuova fase di destabilizzazione macroeconomica, più devastante dei 40 anni di trattamenti shock e austerity imposti a beneficio degli interessi finanziari dominanti>.

Rockefeller, nome ricorrente con Rothschild nelle teorie cospirative, è citato anche da Chossudovsky nelle parole di David che su Aspen Times del 5/8/2011 auspicava “una sovranità super nazionale di una élite di intellettuale e banchieri mondiali sicuramente preferibile all’auto-determinazione nazionale praticata nei secoli scorsi”. Nel 2010 un report della Rockefeller Foundation, Scenarios for the future of Technology and International Development Area, contemplava azioni da intraprendere in caso di una pandemia mondiale. E comprendeva la simulazione di un Lock Step Scenario in caso di una influenza virulenta. Era da poco scoppiata l’epidemia da H1N1 [poi rientrata, con enormi quantità di vaccini acquistati ma rimasti inutilizzati].

Un’altra simulazione, l’Event 201, viene condotta il 18 ottobre 2019 dalla John Hopkins University, sponsor la Bill and Melinda Gates Foundation e il WEF. Un coronavirus partito dal Brasile causava nel mondo 65 milioni di vittime in 18 mesi e sovvertimenti economici. Il suo nome,  nCoV-2019, era lo stesso dato al virus identificato in Cina neppure tre mesi dopo, poi cambiato in Sars-CoV-2. Rilanci e sospetti dilagati sul web. <Non era una predizione>, hanno poi precisato. [Ma un’altra simulazione pandemica – Cladex – era già stata fatta nel 2018 al tempo di Ebola, ne parlò anche il Washington Post].

Il “collasso economico pianificato”.<La data chiave è l’11 marzo 2020 quando l’OMS proclama la pandemia globale, raccomandando i lockdown: i casi fuori dalla Cina erano 44.279, 1440 le vittime, su una popolazione globale di 6.8 miliardi. E i casi extra Cina erano solo 83 quando il 31 gennaio l’OMS aveva dichiarato l’Emergenza Sanitaria Pubblica, dopo una vivace discussione interna il 22 gennaio. Proprio in quei giorni (21-24/1) al WEForum di Davos, presente il direttore dell’OMS Tedros Adhanom, la CEPI, coalizione per innovazioni in preparazione di epidemie, partnership WEF e Gates, annunciava un vaccino mRNA di Moderna contro il nCoV-2019, il cui nome sarebbe cambiato solo in febbraio. Il 31 gennaio Trump chiudeva i voli dalla Cina. Eccetera eccetera. [I numeri ufficiali OMS sono inferiori l’11/3, poco superiori il 31/1, con 106 casi extra Cina, ma già in 19 paesi)].

Tanto basta perché Chossudowsky – in una dettagliata cronologia – parli di <collasso pianificato delle economie <Un “progetto diabolico” che viene dall’alto, da Wall Street, WEF, fondazioni miliardarie, presentato come “umanitario” e supportato dai media>. Anche con censure mediche (qui Koenig). Per es <Youtube non consente di postare informazioni che contraddicano o mettano in dubbio l’OMS o opinioni divergenti di medici locali – alcuni dei quali hanno perso il lavoro>. Ed è di oggi la cancellazione su Instagram dell’account di Robert Kennedy Jr, nipote di JKK, <per aver condiviso affermazioni smentite su coronavirus e vaccini> sul suo sito Childern’s Health Defence liquidato come No Vax .

Peter Koenig, una vita fra Banca Mondiale e OMS, uno dei più prolifici e estremi, arriva non solo a parlare di pandemia pianificata per collassare l’economia, in base ai piani/simulazioni del 2010 e 2019 e a letalità e diffusione dei contagi ingigantite dai test PCR utilizzati secondo indicazioni OMS. Lo scenario distopico che prevede vaccinazione massiccia, agenda elettronica planetaria, moneta digitale, 5G e poi 6G universale, venduti come Internet of things, comprenderebbe a suo dire anche il progetto, da tempo caro a Rockefeller e poi a Bill Gates, di riduzione della popolazione del globo: una delle variabili cruciali per diminuire le emissioni di CO2 e rendere più sostenibile in pianeta. A supporto, cita Gates al TED Talk 2010 Innovating to Zero: “Se facciamo un buon lavoro possiamo ridurla dal 10 al 15%”, la popolazione. <Siamo in guerra>, titola un altro post di Koenig.

Le forze trainanti <Sono Big Money, comprese le fondazioni miliardarie. E’ una complessa alleanza di Wall Street e dell’establishment bancario, Big Oil and Energy, i contractors della Difesa, Big Pharma, i conglomerati Biotech, le corporations dei media, i Giganti delle Comunicazioni e delle tecnologie Digitali, insieme a una rete di think tanks, gruppi di lobby, laboratori di ricerca (…) Una complessa rete di decisori che comprende FED, BCE, FMI, Banca Mondiale, banche regionali di sviluppo, e la BIS, la Bank for International Settlements basata a Basilea che ha un ruolo strategico chiave. Non mancano scampoli degli apparati di Stato. La prorietà intellettuale ha un ruolo importante>. (Chossudovsky).

<Dell’ondata di chiusure e bancarotte e disoccupazione responsabile non è il virus, come viene detto, ma i potenti finanzieri e miliardari che sono dietro al processo decisionale. La cui ricchezza totale negli ultimi nove mesi è cresciuta da $8000 a $10.000 miliardi, grazie ai pacchetti di stimolo governativi, alla campagna di paura del Covid-19 e al risultato di insider trading e manipolazioni dei mercati finanziari e delle materie prime> [i cui prezzi effettivamente stanno già aumentando]. <E’ la più grande redistribuzione di ricchezza globale della storia> (Chossudovsky)

<Ma nel capitalismo c’è anche una rivalità interna, un conflitto tra il Big Money Capital e il Capitalismo Reale delle imprese che operano in diversi settori dell’attività produttiva, comprese le piccole medie imprese. Quello in atto è un processo di concentrazione della ricchezza (e controllo delle tecnologie avanzate) senza precedenti dove l’establishment finanziario, vale a dire i creditori, sono destinati ad appropriarsi degli asset delle società che falliscono e degli asset di Stato>.(ibidem)

<Usando i lockdown e le restrizioni, il Great Reset viene portato avanti sotto forma di una “Quarta Rivoluzione Industriale” (4IR) in cui le vecchie imprese vengono spinte alla bancarotta o assorbite in monopoli, di fatto chiudendo interi settori dell’economia pre-Covid [enfasi originale]. Le economie si stanno ristrutturando e molti lavori saranno svolti da macchine guidate dall’Intelligenza Artificiale>.

<I senza lavoro (e ce ne saranno molti) saranno assistiti con qualche forma di “salario di base universale” e avranno i loro debiti (indebitamento e bancarotte su larga scala sono il deliberato esito di lockdown e restrizioni) cancellati in cambio del passaggio dei loro averi allo Stato, o meglio alle istituzioni finanziarie che aiutano a condurre questo Great Reset. Il WEF dice che il pubblico “affitterà quello di cui ha bisogno”, spogliandosi del diritto di proprietà in nome del ‘consumo sostenibile’ e del ‘salvataggio del pianeta’> (citazione da Colin Todhunter qui che a sua volta cita il video del WEF su YouTube <You’ll own nothing and you’ll be happy>. Nel 2030 “Non possiederai nulla e sarai felice”).

Vaccini e identità. <Il programma di vaccinazioni (compreso il passaporto digitale) è parte integrale del piano e del regime totalitario>. Chossudowsky rinvia a Peter Koening sul <famigerato ID2020…programma di una ID elettronica che usa la vaccinazione generalizzata come piattaforma per una identità digitale>.  Un summit della ID2020 Alliance già nel settembre 2019 aveva come focus i vaccini e il passaporto digitale. Oggi Koening torna sul tema con un nuovo post tutto dedicato all’ID elettromagnetica impiantabile nel corpo attraverso i vaccini o separatamente, citando anche i le visioni di Elon Musk . [Ma l’ID approvata in Germania non ci risulta].

Engdhal : <Nel suo libro sulla 4a rivoluzione industriale (2016) Schwab descrive i cambiamenti tecnologici prossimi venturi, i dati centralizzati in corporation private come Google, Facebook e Amazon per monitorare ogni nostro respiro (…) .Descrive come le tecnologie di nuova generazione, già lanciate da Google, Huawei e altri, permetteranno ai governi di <intromettersi negli spazi privati delle nostre menti, leggere i nostri pensieri e influenzare i nostri comportamenti … con una fusione della nostra identità fisica, digitale e biologica”>.

Fra queste tecnologie fusion ci sono “microchips che spezzano la barriera epidermica di nostri corpi”, “dispositivi impiantabili che potranno anche aiutare a comunicare pensieri normalmente espressi verbalmente, attraverso smartphone ‘interni’, e pensieri potenzialmente inespressi o stati d’animo, attraverso la lettura di onde cerebrali”>.

Pura fantascienza? E glissiamo qui sui programmi per la trasformazione dell’agricoltura in senso “sostenibile” iper meccanizzata e largamente basata su OGM, destinata a soppiantare i coltivatori diretti familiari, per arrivare a un cibo sintetico biologicamente modificato e creato in laboratorio, a partire dalla carne. Secondo i piani dell’EAT Forum, o Davos for food. Sui quali Engdahl insiste, avendoci scritto un libro.

<I maghi della tecnologia mirano a sostituire i contadini con i loro sporchi terreni e animali inquinanti e portatori di virus con robot, semi OGM e e carne artificiale in laboratori puliti> fa eco Diana Johnstone. Che prende in esame vari temi, avanzando dubbi.

Dubbi sull’uso esteso di teleconferenze, Zoom, Skype ecc e sul destino delle città, sull’educazione online e le minacce alla comunità umana, sul profetizzato semi collasso dell’aviazione civile (non di quella militare), e sul narcisismo cibernetico intrinseco al combinarsi di Ai, internet delle cose, senso e tecnologie indossabili. Dubbi, soprattutto, sulla perdita del lavoro, con la domanda dei consumatori che si intreccerà con il disperato bisogno di guadagnarsi la vita (…)Alla lotta contro lo sfruttamento si sostituirà quella per l’irrilevanza: la nuova” classe degli inutili”,inutili non alla comunità sociale ma al sistema politico-economico>.

E conclude considerando <la 4a Rivoluzione Industriale che impegnerà i governi insieme ai privati analoga, sul piano civile, a quella che ha dato vita al Complesso Militar Industriale. Come quello viene presentato come necessario al “proteggere la sicurezza”, questa sorta di Complesso Tecnologico Farmaceutico è promossa come indispensabile a “salvare l’ambiente”>.

CONCLUSIONI. Il reset post COVID-19 sarà salvifico o catastrofico per il mondo? Il piano del WEF – posto che sarà davvero messo in atto (la BBC ne dubitava, il FT è scettico) – è utopico o distopico? Chissà, sebbene alcune tendenze appaiano attuali. Come che sia, alla fine di questo post già troppo lungo (ce ne scusiamo) proponiamo le riflessioni di un filosofo politico, Brad Evans sul sito affatto complottista CounterPunch.

<Ogni catastrofe e crisi sono seguite da una litania di teorie cospirative. La pandemia Convid-19 non fa eccezione. Dalle storie sulla trasmissione di qualche agente letale attraverso il 5G, alle grandi teorie su una trama concepita dall’alto per destabilizzare il mondo, il fantastico e l’assurdo si sono diffusi tanto rapidamente quanto il virus. Se i primi colpevoli spaziavano da Bill Gates a George Soros agli Eco-fascisti, è diventato più frequente suggerire qualche congiura Cinese o una pandemia pianificata (sì, la Plandemic) per iniziare una vaccinazione di massa. (…). Ma le cospirazioni funzionano a beneficio delle forme di potere stabilite>.

<Il mondo in cui viviamo a livello personale può sembrare rallentato, quasi fermo. E’ un’illusione. I meccanismi del potere stanno muovendosi a una velocità inimmaginabile solo mesi fa. Non è una rottura o un lock down ma un’accelerazione poderosa di tendenze già in atto. (…) Le separazioni fisiche fra la gente stavano già consolidandosi – scrive Evans citando i muri con i quali l’Occidente si circonda contro rifugiati e indesiderabili, le restrizioni alla mobilità in US e UK. Che <non hanno a che fare con la sovranità ma con la riorganizzazione del capitalismo. Ma oggi non si tratta più solo di lockdown di nazioni. Ogni città, ogni strada, ogni parco, ogni casa diventano un confine. E non saranno misure temporanee. Davvero vogliamo vivere in un mondo dove tali segregazioni sono accettabili, dove ogni idea di presenza fisica e contatto diventa un tabù, dove serve un permesso per attraversare qualsiasi immaginario confine posto alla nostra vita?>

<I poteri finanziari sono già dominati da giganti della tecnologia che hanno ammassato ricchezze comparabili alla Gilded Age di fine ‘800. La loro visione è quella di una società interconnessa, dove la nuova globalizzazione non prevede che siamo a noi a viaggiare nel mondo, è il mondo che viene a noi, nei confini delle nostre case. Non è una coincidenza che a fare i maggiori profitti in questi tempi siano Amazon e Facebook. Non abbiamo scelta che vivere vite virtuali. Davvero desideriamo un’esistenza schermica dove ufficio e casa, pubblico e privato, sono indistinguibili? Dove è un’eccezione avventurarsi in qualche luogo sconosciuto e gioire del mondo reale?

<La guerra al Terrore ha già avanzato l’idea di un nemico invisibile…facendoci credere che le nostre vite sono insicure. Questa narrazione e questo linguaggio sembrano esauriti. Era davvero così? Non si è capito(…) Oggi ciascuno è l’origine di pericoli potenziali. E droni sperimentati su popolazioni del Sud potrebbero essere ammessi anche su cieli democratici. Vogliamo davvero vivere sotto una presenza continua di tali marchingegni, che a un certo punto potrebbero divenire armati e letali?> [Il presidente Biden all’ultimo G7 ha paragonato la Guerra al virus alla Guerra al Terrorismo].

<I nostri diritti alla privacy sono da tempo sotto attacco, grazie a tecnologie invasive e ad algoritmi per la sorveglianza e la manipolazione delle abitudini umane. Eppure, malgrado la disponibilità a rendere pubblici dettagli intimi delle nostre vite, abbiamo mantenuto segreta la nostra salute. Oggi è terrificante la velocità con cui delle app registrano, monitorano e analizzano la salute di intere nazioni, cosa che è entrata nel discorso pubblico senza nessun serio dibattito sulle implicazioni politiche, al di là di ogni “etica”. Vogliamo un mondo in cui ogni respiro, ogni sudore e ogni lacrima vengano monitorati? Un mondo in cui la nostra salute è un altro complesso di dati, che non solo alimenta il sistema ma prova le nostre credenziali sanitarie e il diritto di muoversi in ogni sfera sociale, ogni spazio pubblico, ogni paesaggio virtuale?> [magari pure di lavorare, aggiungiamo].

<Il modo in cui le società scelgono come rispondere a crisi come questa pandemia non è inevitabile. Dipende da quali valori in una società riteniamo primari e quali secondari>. Evans constata come la decimazione di arte e cultura al di fuori di istituzioni corporate. La stampa radicale e indipendente combatte già per la sopravvivenza, altrettanto avviene ai produttori di una cultura critica che, già ai margini, è spinta verso l’abisso. Con la complicità dei liberali (chiunque critica la matrice militarista tecno-farmaceutica è spinto nello stesso campo dell’estrema destra – dirà più avanti). Davvero vogliamo vivere in un mondo in cui la cultura è ridotta a visite virtuali in alcune gallerie d’arte e preferenze estetiche – e non solo – sono spogliate da ogni richiesta politica e cedute al potere di una ragione tecnocratica?

<Colpisce nel cosiddetto “Mondo Occidentale” l’atteggiamento verso l’educazione. Prima della pandemia era già in atto un attacco nei confronti di arte e scienze umanistiche e sociali, a partire dalle università. Con salvataggi e risorse dati primariamente a grandi business, imprese tecnologiche, ricerca medica e sanitaria, la precarietà di queste aree di studio è molto cresciuta. Eppure proprio questi settori sono critici per una nozione effettiva di democrazia capace di creare cittadini impegnati in grado di immaginare visioni alternative. Vogliamo davvero vivere in una società dove i temi e ricerche che incoraggiano a parlare di verità nei confronti del potere e a immaginare futuri migliori sono riservati a élites selezionate che hanno interesse allo status quo?

<Non c’è dubbio che questo virus sia devastante per persone e famiglie fragili che hanno perso i loro cari e che continui a spaventare parecchia gente, chiusa nelle proprie case temendo il contagio. Ma dobbiamo essere vigilanti verso la catastrofe in arrivo, potenzialmente altrettanto terrificante: l’accelerazione di dinamiche in grado di creare una falsa umanità che rischia di essere permanentemente segregata, isolata, quarantenata, intimorita dall’avventurarsi nel deserto reale.

Si dice che la realtà sia spesso più bizzarra della fiction. La linea fra le due in affetti non è chiarissima. Al mondo non serve un’altra cospirazione, ha bisogno di una comprensione critica della strada che gli si apre davanti e delle rotture che si stanno verificando>.

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Cinese o americano o…? Il giallo del coronavirus uscito da un laboratorio si allarga.

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Sul virus “fabbricato” o meglio, fuoriuscito da un laboratorio ora indagano i Five Eyes, le intelligence che fanno capo ai paesi anglofoni. E chissà che non saltino fuori sorprese interessanti, ancorché diverse dalle aspettative di Trump, disperatamente in caccia di capri espiatori per il disastro pandemico nel suo paese e ansioso guadagnare credito in vista del voto di novembre.

La Virus Connection appare infatti assai più ampia di quanto l’abbia descritta l’ottimo recente articolo di Alberto Negri.

Pipistrelli catturati e spediti qua e là per via aerea in Australia, virus che viaggiano da un continente all’altro dal Canada, legalmente o meno, ma anche negli US, ricercatori cinesi al lavoro in laboratori occidentali e laboratori cinesi con finanziamenti americani e francesi, virus vecchi e nuovi replicati e conservati per anni ovunque, manipolazioni e ingegnerizzazioni genetiche azzardate. E discusse, bloccate negli US dopo vari incidenti, e permesse di nuovo.

Vicende che vanno avanti da tempo, come ammmette infine una ricerca americana.

Dal 2002, quando nella provincia cinese del Guandong è comparso il virus della SARS, sindrome acuta respiratoria severa, un’epidemia con oltre 8000 casi e 774 vittime in 17 paesi ma quasi tutti tra Cina, Hong Kong e Singapore, si sono mobilitati ricercatori di Canada, Francia, Rotterdam, Usa  e naturalmente Cina. Soprattutto, la SARS ha lanciato ricerche a tutto campo sui coronavirus da pipistrelli, prima ignorate.

Tanto più dopo che nel 2014 spunta misteriosamente a Jedda un altro coronavirus, ancora più letale, il MERS-CoV, detto Sindrome respiratoria Mediorientale in quanto si è propagato soltanto in Medio Oriente (il che ha rafforzato le teorie complottiste su virus mirati geneticamente, cosa in teoria possibile, a quanto pare).

Intanto epidemie di virus influenzali zoonotiche si susseguono con effetti anche gravi, dall’H5N1 “aviaria”, nota da fine secolo, alla pandemia dell’H1N1 “suina” del 2009-2010, che produce milioni di infettati e decine di migliaia di morti, quasi tutti nel continente americano, oltre a valanghe di polemiche per i molti milioni spesi da molti Stati (Italia compresa) per vaccini inutili comprati su indicazione dell’OMS.

Progetti di studi e grandi Piani di Prevenzione con finanziamenti pubblici si infittiscono, insieme ad esperimenti di ingegneria genetica. In una gara spasmodica verso test diagnostici, farmaci e soprattutto vaccini, business miliardario. In primo luogo negli Usa a partire dal 2009. Ma anche altrove, e in Cina naturalmente, che oggi si vanta di essere in testa a una produzione vaccinale per il SARS-CoV2 con tre progetti molto avanzati.

INIZIO. Da Jedda a Winnipeg via Rotterdam, e poi in Cina. Chissà se le intelligence troveranno interessante la rocambolesca vicenda lanciata dal sito alternativo filo-Trump Zerohedge già il 26 gennaio 2020, pochi giorni dopo il lockdown di Wuhan, col titolo provocatorio “La Cina ha rubato un coronavirus dal Canada e l’ha armato?”.

Una storia ambigua, che ha però alcuni punti fermi, e comincia il 13 giugno del 2012. Quando da un paziente saudita 66enne ricoverato all’ospedale di Jedda con febbre e sintomi respiratori gravi, Mohammed Zaki, virologo egiziano noto per aver identificato il virus MERS, isola un coronavirus SARS sconosciuto. E contatta Ron Foucher, eminente virologo dell’Erasmus Medical Center di Rotterdam per un consiglio. Foucher lo sequenzia usando un campione mandatogli da Zaki.   

Il virologo olandese è esperto del ramo. Fa esperimenti di ingegneria genetica sui virus e, raccontava il Corriere della sera nel 2011, <ha scoperto che bastano cinque variazioni genetiche per trasformare il virus dell’aviaria – H5N1- in un agente patogeno altamente contagioso, tale da poter uccidere metà della popolazione mondiale>.

Se /quali nuove manipolazioni vengono fatte all’Erasmus su quel nuovo coronavirus SARS non è dato sapere. Fatto sta che 4 maggio 2013 quel virus lo ritroviamo in Canada, acquisito da Frank Plummer, direttore scientifico del Laboratorio Nazionale di Microbiologia (NML) di Winnipeg. Dove il coronavirus viene replicato in quantità per ricerche su test diagnostici, e su quali animali sono più soggetti ad essere infettati. Cose sulle quali quel lab ha esperienza.

Plummer morirà misteriosamente nel febbraio 2020 in Kenia, dove collaborava con due università keniote sull’HIV, di questo virus era specialista e lavorava da tempo a un vaccino. (Di qui le ipotesi indiane sul SARS-Cov2 combinato con pezzi di HIV poi smentite dagli scienziati?)

La storia di Zerohedge continua raccontando il caso di un virus pericoloso finito in Cina dal Canada nel marzo 2019 e di come, a suo dire, l’indagine sia ancora in mano ad esperti di guerra batteriologica. Il NML di Winnipeg è l’unico lab di massimo livello di sicurezza (BSL4), uno dei pochissimi in Nord America (un altro è il laboratorio militare Usa di Fort Dietrick, Maryland , chiuso improvvisamente lo scorso agosto, su cui hanno ricamato alcuni post complottisti uno dei quali russo, smentiti da un altro sito altrettanto alternativo-complottista).

Si tratta sempre di quel coronavirus SARS-CoV o addirittura modificato, come insinua ZH? Contrabbandato da agenti cinesi o magari semplicemente trasferito per scopi di ricerca?

Al centro della scena c’è la dr. Xianguo Qio, scienziata laureata nell’Hubei e ma nel 1985 in Canada, dove è rimasta al NML, dal 2006 al lavoro sui virus più a rischio insieme al marito cinese pure lui. Responsabili del presunto ‘contrabbando’? Mah.  La dott Xianguo Qio, che in una foto si vede ritratta con colleghi, fra i quali uno di Harvard, tra il 2017 e il 2018 risulta essersi recata almeno cinque volte in Cina, proprio nel National Biosafety Laboratory dell’Istituto di Virologia di Wuhan (WIV), BSL4 dal 2015. Sul quale oggi si è appuntata l’attenzione mediatica, dal momento che proprio in quella città è scoppiato il COVID-19.

L’ISTITUTO VIROLOGIA DI WUHAN (WIV) e LA FRANCIA. Fondato nel 1956 da due scienziati cinesi sotto l’egida dell’Accademia Cinese delle Scienze, come Istituto di Microbiologia, diventa WIV nel 1978. Ma il salto di qualità lo fa nel 2004, quando nell’ambito dei buoni rapporti fra Chirac e Hu Jintao, deciso dopo la SARS a dare impulso alla lotta contro le infezioni, progetta di trasformarlo in un laboratorio di massima sicurezza.

L’accordo viene firmato da Michel Barnier, allora ministro degli Esteri. Ma poi non succede nulla, e Sarkozy, annuncia l’inizio dei lavori solo nel 2010, quando sono già stati varati Piani e Progetti da parte degli Stati Uniti, ai quali US Sarko’ è certo più legato del suo predecessore. Il WIV avrà il suo laboratorio BSL-4 soltanto nel 2015 (costo $44 milioni) fra varie polemiche in Francia, sulle aziende francesi inadatte, i 55 ricercatori del lab di Lione previsti ma mai arrivati, i sospetti sulla Cina dei servizi francesi e americani – secondo Le Figaro e Challenges.fr. In Cina da tre anni c’è ormai Xi Jinping, forse più interessato a buoni rapporti con gli US.

E GLI SPECIALISTI DI PIPISTRELLI. Al WIV le intelligences indagheranno certo su Peng Zhou, che tra il 2011 e il 2014 ha speso ben tre anni  all’Australian Animal Health Laboratory di Victoria dove era stato spedito dalla Cina per completare il suo dottorato, preso al WIV. Lì svolge ricerche, dandosi da fare per trasportare pipistrelli vivi dal Queensland  ( o dalla Cina? azzardiamo) alla struttura di bio contenimento di quel lab di Victoria, dove sono stati vivisezionati e per studiare virus letali in ricerche finanziate dal CSIRO, agenzia governativa federale australiana responsabile della ricerca scientifica e dall’Accademia Cinese delle Scienze. Così racconta il Daily Telegraph australiano.

Diventato il massimo specialista nel sistema immunologico dei pipistrelli – “come mai quei mammiferi che sono i serbatoi naturali di coronavirus non si ammalano?” Si era chiesto, ancora studente di bio ingegneria, dopo aver contratto la SARS nel 2003 – Zhou ritorna a Wuhan e, con 30 pubblicazioni scientifiche anche su riviste internazionali, diventa capo del  Bat Virus Infection and Immunization Group al National Biosafety Lab del WIV.

 “C’è quest’uomo dietro la pandemia globale di coronavirus?” Titolava di nuovo Zerohedge il 29 gennaio, insinuando dubbi su di lui senza uno straccio di prova, l’articolo corredato da una foto schifosissima dell’ormai famigerato mercato Huanan di pesci e animali selvatici vivi, chiuso dal 1 gennaio, dal quale si ipotizzava fosse originato il nuovo virus . Un post che a ZH è costato la sospensione da Twitter, previa denuncia di Buzzfeed  – sito sospetto che in pieno Russiagate aveva pubblicato il famigerato dossier fake di Christopher Steel: un segnale del mescolarsi di notizie, provocazioni e perduranti conflitti fra pezzi di intelligence.

La Bat Woman. Indagano certo i Five Eyes sulla dottoressa Shi Zheng-Li, che nel medesimo WIV dirige il Center for Emerging Infectious Diseases. Con lei Peng Zhou collabora attivamente da anni, anche nella ricerca di pipistrelli “ferro di cavallo” (horseshoe bats) nelle grotte dello Yunnan e del Guanxi, le regioni del sudest della Cina dove si trovano queste specie portatrici di coronavirus simil-SARS, come hanno scoperto.

Shi Zheng-Li, 55 anni, è la maggiore esperta al mondo di coronavirus & pipistrelli, nella sua carriera oltre a importanti articoli ha messo insieme una banca ragguardevole di dati, virus e campioni fecali ragguardevole, tanto da essere soprannominata Bat Woman, o la Signora dei pipistrelli, nel più gentile appellativo di Negri. Dottorato a Montpellier nel 2000, dove ha speso qualche anno, la Francia l’ha in seguito onorata del titolo di Chevalier de l’Ordre del Palmes academiques. Non sappiamo se per ricerche comuni.

Anche Shi Zheng-Li comunque usa muoversi fuori dalla Cina.

Dal 22 febbraio al 21 maggio del 2006 per esempio era in Australia, è sempre il Telegraph a raccontare. E poi chissà. Fatto sta che nel 2019 la dottoressa diventerà membro dell’American Academy of Microbiology. E’ormai la beniamina della ricerca USA sui coronavirus. Come dimostra il lungo articolo divulgativo che le ha da poco dedicato Scientific American, con molte foto (qui in italiano) elogiando le sue qualità e capacità. Indubbie.

Dimenticando tuttavia di citare non solo il suo soggiorno in Australia. Ma altre ricerche e, soprattutto, un passaggio delicato e molto controverso: la creazione di un virus chimera, un coronavirus nuovo frutto di ingegneria genetica. Un esperimento condotto nel 2014 insieme a un team internazionale, la cui premessa è però un’altra importante ricerca longitudinale che si snoda negli anni precedenti. E dopo ancora.  

Il percorso scientifico di Shi. Dopo aver scoperto per prima già nel 2005 che il coronavirus della SARS veniva da un pipistrello (Science e Journal of General Virology 2005), la dottoressa Zheng-Li era andata in caccia di pipistrelli portatori di quel virus setacciando grotte e villaggi nelle regioni del sud est della Cina, Yunnan e Guanxi, da sola e insieme a Peng Zhou. Finalmente ne trovano una dozzina con anticorpi di virus SARS: sono pipistrelli di un tipo particolare, “a ferro di cavallo” (horseshoebat), che diventeranno centrali nelle successive ricerche. 

Dal 2011 al 2012 Zhang-Li conduce quindi una ricerca longitudinale su diversi coronavirus simil-Sars raccolti in 117 campioni fecali in una colonia di pipistrelli a Kunmig, Yunnan, un villaggio dove diversi minatori si erano infettati da un fungo cresciuto su guano di pipistrello.

Alla fine da quei pipistrelli “ferro di cavallo” identifica e sequenzia due coronavirus, i più vicini mai trovati al SARS-Cov, il virus della SARS: al 99,9%, con altre caratteristiche uguali. E inoltre da un campione fecale isola un primo virus vivo simil-SARS, praticamente identico al SARS-CoV (99,9%, con altre caratteristiche uguali).

Risultati che provano con grande forza: 1. che i pipistrelli cinesi horseshoe sono i serbatoi naturali dei coronavirus SARS (che sono più d’uno); e 2. Che ospiti intermedi possono non essere necessari per infettare gli uomini, come di solito non succede con i Coronavirus.

C’è il condizionale: il contagio diretto è ancora una possibilità.

La ricerca successiva, quella più controversa, prosegue su quella linea. Partendo dalla mera possibilità di una trasmissione diretta dal virus nel pipistrello horseshoe all’uomo, produce il virus chimera inserendo la proteina di quel coronavirus nel genoma di un virus adattato a crescere nei topi . E dimostra che quel coronavirus è veramente in grado di infettare cellule umane in vitro.

Suggerendo che virus in circolazione in certi pipistrelli in Cina sono potenzialmente capaci di infettare l’uomo. Anche senza mutare e passare da un altro animale, come si credeva necessario.

<Quel virus ibrido ci ha permesso di valutare la capacità della nuova proteina spike di causare infezioni indipendentemente da altre mutazioni adattive nel suo ‘ospite’ naturale> spiegherà, in difesa, Ralph Baric, dell’University of North Carolina, nel dibattito che ne è seguito, rilanciato quest’anno quando di quella ricerca si è ricominciato a discutere a fine febbraio, quando narrazioni mediatiche ipotizzavano la natura artificiale, manmade del virus portatore del COVID-19, smentite con forza su Lancet da un pool di scienziati.

Alla Cina veniva addirittura imputato di aver prodotto una bio-arma e di essersi lasciata sfuggire quel virus, che veniva fatto coincidere con quello odierno che causa il COVID-19. Ipotesi che arrivate pure in Italia, via Business Insider e riprese più tardi via Rai Tgr Leonardo (cavalcate persino da Salvini per dare addosso alla Cina, e magari farsi bello con Trump)

L’ipotesi viene smentita recisamente dai ricercatori in quanto il virus odierno NON è quello ingegnerizzato di quella ricerca. <Se quel virus chimerico fosse sfuggito dal laboratorio, la sua sequenza dovrebbe essere identica o per lo meno simile al coronavirus del COVID-19 > ha spiegato Antonio Lanzavecchia, immunologo italiano a Zurigo. Intervistato dal Manifesto dopo le polemiche sul Tgr. Resta il fatto che, come vedremo, ingegnerizzazioni del genere sono ad alto rischio per la popolazione, dovessero quei virus saltar fuori da qualche parte per errore.

Ma cosa c’entrano Baric e Lanzavecchia? C’entrano eccome, in quanto non si tratta affatto di ricerche cinesi, quanto meno non soltanto cinesi.

PROGRAMMI e FINANZIAMENTI USA. La prima ricerca appare su Nature, 30 ottobre 2013, firmata da Shi Zheng-Li insieme a Peter Doszak, zoologo americano esperto in malattie infettive degli animali, ma soprattutto presidente dell’EcoHealth Alliance, “organizzazione di ricerca globale” no profit di New York dal nome tranquillizzante, oltre a un altro scienziato dell’Animal Health Institute di Victoria, Australia e vari altri.

Alla seconda prende parte la solita Shi Zheng-Li (Laboratory of Special Pathogens and Biosafety, Wuhan Institute of Virology, Chinese Academy of Sciences, Wuhan, China, si legge). Ma il coordinatore, è Ralph Baric, del Department of Epidemiology, University of North Carolina, Chapel Hill, con vari ricercatori della stessa università americana, un altro della Harvard Medical School, oltre all’italiano Lanzavecchia, del Bellinzona Institute of Microbiology di Zurigo, come elenca Nature, 9 novembre 2015 .

Nessuno dei due studi può dunque dirsi cinese. Sebbene cinesi siano sicuramente i virus e i pipistrelli, compresi i campioni fecali, che il Wuhan Institute of Virology conserva con cura, specie da quando il suo laboratorio nel 2015 è diventato BLS 4.

Ma dove si sono svolte le ricerche, in particolare quella del virus chimera? In un laboratorio americano o cinese? A Wuhan o in North Carolina, o nel laboratorio della FDA (Food and Drug Administration, che fra l’altro licenzia i nuovi farmaci) in Arkansas, come insinua un sito ‘alternativo’?  Da Nature non risulta nulla.

Quel che è certo è che anche la ricerca in questione ha avuto finanziamenti statunitensi, come precisa un “Addendum” di Nature Medicine del 20 novembre 2015 che accenna a una dimenticanza precedente e cita: “USAID-EPT-PREDICT funding from EcoHealth Alliance”.

Decrittiamo: PREDICT è uno dei quattro progetti dell’Emerging Pandemc Threat (EPT), vasto programma dell’USAID – United States Agency for International Developement (collegato alla CIA, secondo alcuni), in partnership con l’Eco Health Alliance l’organizzazione caritatevole globale finanziata al 91% da grants governativi presieduta da  Peter Deszak, quello della ricerca del 2012-13, vedi sopra.

Un programma vasto, globale e ambizioso lanciato già nel 2009 – amministrazione Obama, in continuità con un altro del 2005 varato dopo l’influenza aviaria H5N1, che seguiva la SARS. Con lo scopo di prevenire pandemie virali, individuando in anticipo nuove infezioni e preparando risposte. Finanziato ogni 5 anni, dal 2019 al 2019 ($200 milioni) ha raccolto 145.000 campioni animali e umani scoperto 931 nuovi virus e analizzato 218 conosciuti, addestrato 6000 persone in 30 paesi-si legge sul sito. Un ombrello dietro il quale c’è di tutto. Comprese le ricerche finanziate da istituti o centri che fanno capo al NIH, il National Institute of Health  americano che comprende vari centri.

Fra i quali spicca il NIAID- National Institute of Allergy and Infectious Deseases diretto da Antony Fauci fin dal 1984, in continuità con tutti presidenti da Ronald Reagan in poi. Immunologo distintosi per il suo lavoro su HIV/AIDS nel 1990, Fauci è membro del Consiglio che supervisiona il Global Vaccine Action Plan lanciato nel 2010 dalla Gates Foundation, la fondazione di Bill e Melinda Gates, nonché il Decennio di Collaborazione sui Vaccini della stessa fondazione.

E’ con il sostegno del NIAID che passa il finanziamento del NIH di $3.7 milioni all’Istituto di Virologia di Wuhan per le ricerche sul coronavirus. La seconda fase, dal 2019, per altri 5 anni, ne prevedeva altri $3.7 milioni. E tralasciamo un altro importante studio della dr. Zheng-Li con Peter Deszack e altri ricercatori cinesi, apparso nel 2017 su Journals.plos.org

Finché Trump non blocca il tutto nel marzo 2020. Proprio mentre un funzionario dell’amministrazione chiede alla Cina di poter <lavorare direttamente con laboratori di Wuhan con ricerche sul nuovo coronavirus, per salvare vite globalmente>, racconta Reuters.

LA MORATORIA USA SULLE RICERCHE A RISCHIO. E GLI INCIDENTI. Nel frattempo era successo qualcosa di importante. Nell’ottobre 2014, l’amministrazione Obama aveva <sospeso temporaneamente nuove ricerche che rendono certi virus più letali o più trasmissibili> chiedendo espressamente ai ricercatori di valutare il rapporto rischi/benefici di ricerche spinte e su virus manipolati in laboratorio di influenza, SARS e MERS. Vedi Nature, che ne discute, dopo aver dato la notizia .

Con la moratoria vengono stoppati 21 progetti, chiusi due laboratori del CDC (il centro USA per il controllo e la prevenzione delle malattie), fermata la spedizione di campioni biologici.

La ricerca di Baric & Zheng Li, è in corso, rientra fra quelle e l’anno dopo susciterà infatti un mucchio di critiche, come dal successivo articolo di Nature rilanciato oggi.

Sotto accusa è il cosiddetto metodo “Gain of Function” (GOF), in sostanza gli esperimenti di ingegneria genetica volti ad accrescere la trasmissibilità e la virulenza del patogeno: <per capirne meglio caratteristiche, debolezze e potenzialità, così da riuscire a identificare i bersagli di nuovi farmaci antivirali per prevenire infezioni nei soggetti a rischio o trattarle meglio>, li difendeva il dr Fauci già nel 2011, quando questo dibattito è cominciato.

Ma ben 200 scienziati si opponevano, sottolineando i rischi di bio-sicurezza di queste ricerche, in grado di provocare vere e proprie pandemie in caso di incidenti, ricorda oggi Newsweeek in un articolo durissimo dal titolo significativo: Dr Fauci backed controversial Wuhan Lab.

E di incidenti ce ne sono stati eccome negli USA, culminati in quell’anno 2014 in cui Obama decide lo stop, informa Sciencemag.org , citato da Asiatimes qui. La chiusura dei due laboratori federali del CDC e l’alt ai trasferimenti avviene dopo l’accidentale invio di virus dell’antrace e la scoperta di sei fiale contenenti vaiolo dimenticati, scoperte in un magazzino refrigerato in un lab della Federal Drug Administration e del NIH a Bethesda, Maryland.  

In un altro incidente un pericoloso ceppo di influenza era stato accidentalmente inviato da un laboratorio all’altro: magari è proprio il virus ingegnerizzato da quello H5N1 dell’influenza aviaria che si diffonde per via aerea nei furetti di cui scrive Nature nel dare la notizia della moratoria. 

Un laboratorio CDC dove si studiano i virus influenzali a metà marzo 2014 ha spedito un ceppo poco patogeno di H9N2 a un laboratorio del Dipartimento dell’Agricoltura che studia il pollame. Salvo scoprire poi che era contaminato con il ceppo H5N1 dell’aviaria, molto più virulenta e capace di infettare anche gli uomini.

Si citano poi gli esperimenti di Yoshiro Kawaoka dell’Università del Wisconsin, a Madison, sulla trasmissione aerea tra mammiferi di un virus che combina l’H1N1 con geni simili al ceppo dell’influenza Spagnola.

Per dire l’andazzo degli esperimenti ad alto rischio, compiuti a volte a mero scopo dimostrativo. Come la ricostruzione in laboratorio del virus del vaiolo ormai scomparso (ma conservato negli US e in Russia) : finanziata non da fondi federali ma da una azienda farmaceutica di New York con soli $100mila, viene però condotta nel 2017, in Canada, da un virologo dell’Università di Alberta, David Evans, incollando come in un puzzle frammenti di DNA comprati su Internet, dove viene poi divulgata. Segue polemica.

E che dire dei dubbi avanzati nell’ormai lontano nel 2009 sul virus dell’influenza suina H1N1, quello della pandemia proclamata anzi tempo dall’OMS e dei milioni di vaccini fatti comprare – inutilmente – ai governi mezzo mondo, Italia compresa? Secondo tre ricercatori australiani potrebbe essere stato un prodotto artificiale, magari solo frutto di un “errore” di laboratorio. All’esame genetico, quel virus secondo loro risultava infatti prodotto da tre linee virali suine diverse, apparsi in tre diversi continenti e in anni diversi.

RICERCHE OUTSOURCED? Dopo la messa al bando delle ricerche su virus potenzialmente pandemici, Fauci decide di esternalizzare gli studi più rischiosi sui coronavirus nell’istituto di virologia di Wuhan al quale vengono garantiti finanziamenti. Ne parla Asiatimes ma pure Newsweek. E non si tratta solo della ricerca di Baric & Zheng Li, e della successiva del 2017 della stessa BatWoman con altri.

Altri studi vengono compiuti, come quello dell’aprile 2018 che identifica un nuovo coronavirus che fa strage di suini in Cina, collaborazione fra WIV, EcohealthAlliance, Duke-NUS Medical School e altri, finanziamento arrivato dal NIAID di Fauci.

Si spiega allora come mai nel gennaio 2018 l’ambasciatore Usa in Cina invii due cables allarmati a Washington, per i livelli di sicurezza a suo dire scarsi nel laboratorio del WIV di Wuhan dove avrebbe fatto compiere un’ispezione, come ha “rivelato” in aprile il Washington Post con grande pompa. Notizia inspiegabile senza conoscere il contesto.   

Nel dicembre 2017amministrazione Trump– la moratoria era stata infatti sospesa, sia pure con nuove regole: i progetti pericolosi possono riprendere dopo che un panel di esperti avesse valutato se i rischi sono giustificati. Ma le valutazioni restano segrete. E dopo che Science scopre il via libera dato a due progetti su virus dell’influenza usando i famigerati metodi GOF, scienziati contrari denunciano con violenza queste ricerche in un editoriale sul Washington Post

Successive ricerche erano previste dal 2019 sui coronavirus- continua Newsweek –  con esperimenti ingegneristici in vitro e in vivo e analisi dei recettori umani ACE2,  per predire le potenzialità di spillover, ovvero la capacità di quei virus di saltare direttamente dagli animali agli uomini.

Finché Trump non blocca quella nuova tranche di progetti e finanziamenti federali. E, nel tentativo di considerare la Cina responsabile della pandemia Covid-19, sulla scia di analoghe richieste da parte di alcuni Stati americani si spinge a minacciare cause legali alla Cina da parte degli Stati Uniti con richieste di rimborsi miliardari.

E tuttavia, osserva AsiaTimes, non è chiaro quali ramificazioni legali vi potrebbero essere se il virus che ha causato la pandemia attuale fosse sì uscito da un laboratorio Cinese, ma come esito di un progetto di ricerca esternalizzato e finanziato dal governo americano.

Di più. Dei ceppi di coronavirus non potrebbero invece provenire da laboratori americani, dal momento che la moratoria sulle ricerche GOF è stata sospesa dalla fine del 2017 e che da allora le ricerche su quei virus di a rischio pandemico sono poi andati avanti negli stessi US ?

L’accusa in ballo non è la creazione artificiale del SARS-CoV2  ma la fuoriuscita del virus da un laboratorio, per un errore umano.  Un incidente.

Eventualità che per quanto riguarda il WIV viene negata recisamente da Shi Zheng-Li, tanto più dopo aver controllato uno a uno tutti i campioni di virus conservati nelle sue banche virali, nessuno dei quali coincide o è compatibile con il SARS-CoV2, afferma.

IL SECONDO LAB DI WUHAN. Ma a Wuhan non c’è solo quel laboratorio. E chissà se le intelligence indagheranno anche su quello del Wuhan Center for Disease Control & Prevention, il CDC di Wuhan. L’ipotesi che il virus del COVID-19 possa essere fuoriuscito da lì, in alternativa al WIV, era stata avanzata da due ricercatori cinesi già a febbraio, ripresa da Zerohedge e circolata in UK e pure in Italia, ben raccontata da Wired:

Botao Xiao, della South China University of Technology di Guangzhou, e Lei Xiao della Wuhan University of Science and Technology ne avevano parlato in un breve report pubblicato in pre-print.

Osservavano: 1. che il SARS-CoV-2 è geneticamente identico tra l’89 al 96% a quello scoperto nei pipistrelli horseshoebat che abitano in province – Yunnan e Zhejiang – distanti ben 900 km da Wuhan, dove pipistrelli non se ne vendono né se ne consumano. Potrebbe essere arrivato a infettare gli umani dopo essere passato, mutando, attraverso qualche altro animale – come affermano vari scienziati, animali finiti magari su banchi del famigerato mercato Huanan di animali vivi, che però secondo altre ricerche non sarebbe all’origine del virus. Ai due ricercatori non pare probabile.

 2. Nel lab CDC di Wuhan, che sorge ad appena 280 metri dal mercato, i due ricercatori hanno accertato l’utilizzo proprio di quel tipo di pipistrelli. Una ricerca in particolare ne avrebbe coinvolti circa 150 , catturati nella provincia di Zhejiang, sui quali sarebbero state effettuate operazioni chirurgiche e biopsie e i cui prodotti di scarto, se smaltiti in modo sub-ottimale, rappresenterebbero una possibile fonte di infezione situata ad appena pochi passi dall’ epicentro dell’epidemia. Quel laboratorio, a differenza del WIV, ha un livello di sicurezza BLS2, non 4 come afferma il professor Pregliasco su Wired.

Aggiungiamo tre coincidenze significative: il report dei due ricercatori è poi scomparso (anche se ancora reperibile) e uno dei due si poi tirato indietro; anche la dr: Zheng-Li si era meravigliata che il nuovo coronavirus fosse apparso proprio a Wuhan; il CDC di Wuhan appare il responsabile dei ritardi nella comunicazione al Centro di Pechino dello strano virus, non ancora identificato ma che sembrava causare quelle nuove gravi infezioni polmonari osservate e segnalate da diversi medici locali, in primis l’oftalmologo Li Wenliang che, inizialmente screditato, alla fine ne morirà diventando un eroe in Cina e fuori. Tanto che Xi Jinping ne azzererà i vertici.  

Come dire che, se proprio si vuole puntare su un errore della Cina, bisognerebbe guardare lì? Chissà.

Un articolo di Kristian Andersen  (Scripps Research Institute, La Jolla, California) e altri americani, apparso il 17 marzo su Nature-Medicine, pretende di dire l’ultima parola sulle origini del SARS-CoV-2.

<Ricerche di base che comportano il passaggio di coronavirus di pipistrelli simili ai SARS-CoV in culture e/o modelli animali sono andate avanti per molti anni in laboratori di livelli di sicurezza 2 in giro per il mondo – afferma citando proprio la ricerca di Zhen-Li e Derszak del 2013 – e ci sono documentati esempi di fughe da laboratori di virus SARS-CoV. Dobbiamo quindi esaminare la possibilità di una fuoriuscita inavvertita del SARS-CoV-2 >.

Una ammissione molto grave, appena sminuita dal giudizio successivo:

<Sebbene le evidenze mostrino che il SARS-CoV2 non è un virus manipolato di proposito, è attualmente impossibile provare o negare le altre teorie descritte sulle sue origini>. Servono altri studi.

Le intelligence hanno insomma materia su cui indagare. E torniamo in testa al post: la Virus Connection è davvero grande.

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