Ad affermarlo non è un qualsiasi sovranista nostrano
ma Adam Tooze, storico dell’economia già a Cambridge, oggi alla Columbia
University, in un articolo di pochi mesi fa segnalato dal Financial Times (1).
<Considerato da molti senza speranza, fallato, un fallimento, una tragedia
per l’Europa, dopo vent’anni l’euro è sempre lì, con la Banca Centrale Europea
che lo governa. Senza alternative. Il progetto della moneta unica è tutt’altro
che perfetto. Ma quel che l’ha davvero intralciato nei suoi primi vent’anni
sono le decisioni prese da uomini di Francoforte>. <Uomini affamati di
potere>, arriva a scrivere il professore, che da britannico si concede uno
sguardo disincantato e critico eppure non euroscettico sulle azioni intraprese
dalla BCE durante la crisi iniziata nel 2007.
Azioni contraddittorie, inazioni ed errori che hanno
prodotto prima una decrescita e poi una crescita anemica dell’UE, con effetti
pesanti sulla disoccupazione e sull’affermarsi del nazionalismo.
<Un’aggressione che ha prodotto il maggior deragliamento della politica
economica nell’era moderna>, arriverà a concludere. Probabilmente
esagerando.
Sarà la fase pre-elettorale, sarà il prossimo rinnovo
della presidenza in vista della scadenza di Draghi, fatto sta che ci si imbatte
spesso in critiche alla BCE, in testa l’imbarazzante faccenda degli stress test
alle banche europee appaltati a privati a costi esorbitanti o persino, nel
2015, affidati a BlackRock, il più grande asset manager del mondo e il più
importante investitore internazionale nel settore bancario, in palese conflitto
di interessi. Una scelta contestata non a caso da Germania, Spagna, Cipro,
Irlanda e dalla Grecia che ha rifiutato di far entrare nelle sue banche quegli
esaminatori. (2).
O gli acquisti di bond di grandi imprese
multinazionali da parte della BCE nell’ambito del QE, che hanno assicurato loro
ulteriori vantaggi rispetto alle PMI. O ancora le recentissime, perentorie
richieste alle banche italiane di liberarsi di tutti i cosiddetti Npl o crediti
deteriorati e la parallela minore attenzione alla gran quantità di derivati
tossici in pancia ad altre banche europee (in testa Deutsche Bank e Credit
Agricole), come ha denunciato anche l’economista Alberto Bagnai (3).
Un clima quasi ostile che risente del sovranismo
diffuso e ha indotto il governatore ormai uscente Mario Draghi a intervenire a
più riprese, ricordando quanto poco sovrani fossero i paesi costretti
continuamente a svalutare e sottolineando la differenza concettuale fra
“indipendenza” e “sovranità”. Per riconquistare la quale porsi fuori da UE o
dall’euro sarebbe controproducente. Né serve indebolire le strutture politiche
europee, che invece occorre adeguare ai mutamenti intervenuti nella società,
movimenti migratori e disuguaglianze in testa (4).
Ma torniamo a Tooze. Il cui giudizio negativo sulla
BCE durante la crisi, e oltre, non è affatto isolato fra gli studiosi. Critiche
simili arrivano da vari economisti. Per esempio da Ashoka Modi (2019), visiting
professor a Princeton, pur con un approccio non storico politico come quello di
Tooze ma più tecnico e orientato agli effetti sui mercati (5). Fino ad
economisti greci come Kostantinos Gravas e al. citato da Modi (6)
Neppure sono nuovissimi tanti rilievi. Ma interessante
e utile ci sembra la prospettiva di Tooze che ricostruisce origine e
comportamenti della Banca Centrale Europea, banca politica come lo sono tutte
le banche centrali nonché <l’istituzione che ha più influenza sul futuro
dell’UE>, non solo dell’eurozona. E alla BCE – in particolare a Jean Claude
Trichet che l’ha governata dal 2003 al 2011, addossa la responsabilità di aver
spinto in recessione l’UE dopo la crisi del 2007-8 con sottovalutazioni,
interventi tardivi, aumenti dei tassi inopportuni e politiche fiscali
controproducenti – con la conseguenza di intrecciare strettamente la crisi
delle banche ai debiti sovrani e poi limitare le politiche dei governi.
Non elude la domanda chiave sul ruolo della Germania:
“Non era indispensabile seguire le sue pressioni”, scrive, riconoscendo il
cambiamento con Draghi, ma solo dal 2015 col QE. Anche se non sottovaluta il
peso del “whatever it takes” del pronunciato da Draghi a Londra nel luglio
2012: il famoso discorso che Modi giudica importante solo in quanto seguito
poco dopo dall’annuncio del bazooka, quell’OMT (Outright Monetary Transactions)
pur mai utilizzato finora. Ma Modi come vedremo condanna comunque le azioni
della BCE <estemporanee, carenti di chiarezza e strategia, a incapaci di
guardare avanti>.
Le responsabilità che Tooze sembra addossare
esclusivamente ai governatori si spiegano in parte con la storia di come si è
arrivati all’euro. Ma acquistano un significato un po’diverso nel contesto
della “Storia segreta della crisi” da lui stesso raccontata in
un precedente articolo del 2017, dove emerge una Fed diventata prestatore di
ultima istanza del sistema bancario globale, in particolare europeo. E
dell’intreccio fra sistema bancario americano ed europeo, diventato sempre
più inestricabile.
E’ un fatto che Trichet dal sistema complessivamente
inteso è stato ampiamente ricompensato. Nel 2011 è diventato presidente del
gruppo europeo della Commissione Trilaterale in sostituzione di Mario Monti,
assurto allora a premier italiano. E dall’aprile 2012 è anche presidente del
prestigioso think tank di Buxelles Bruegel nonché del Gruppo dei Trenta o G30.
Tooze la prende alla lontana, ma forse non è inutile
mettere in fila anche fatti già noti.
BCE CRUCIALE. <Nessuna altra istituzione ha più
influenza sul futuro dell’Europa>. <Nel bene e nel male ha dettato la
storia della moneta unica dalla sua creazione> (…) <Non si può
valutare l’euro senza guardare ai banchieri centrali che hanno governato la
banca. Ed è su quei banchieri, specialmente su Trichet che grava la
responsabilità della stentata ripresa economica in Europa e del sorgere del
nazionalismo >.
LE BANCHE CENTRALI SONO POLITICHE. <Capitalismo e
democrazia possono non aver vita facile e le banche centrali vengono prese in
mezzo>(…)<Di solito le banche centrali sono prestatori di ultima istanza
sia per le banche sia, normalmente, per i governi. Ci si aspetta che non
maneggino solo denaro ma anche, e in modo efficace, tassi di cambio, debito
pubblico, la stabilità del sistema bancario e l’inflazione. E siccome questa è
legata all’occupazione, devono monitorare l’aspetto del mercato del lavoro”.
Ogni azione o inazione produce vincitori e perdenti: loro possono anche
dichiararsi indipendenti dai governi eletti ma le banche centrali sono
inevitabilmente politiche>.
<Nel caso dell’eurozona poi, che ha le dimensioni
di un continente e comprende regioni diverse come Belgio, Bavaria e Basilicata,
senza un apparato amministrativo e uno stato nazionale alle spalle, le
difficoltà aumentano>. Tanto più che la BCE è anomala e tra suoi
compiti ha solo il controllo dell’inflazione. Del resto lo si sapeva.
IL PROGETTO. <Ma questa è solo metà della storia(…)
L’euro venne progettato inizialmente per contenere l’influenza dominante della
banca centrale della Germania. Per mantenere il loro cambio fissato contro il
marco tedesco le altre banche centrali erano costrette a far oscillare i tassi
di interesse in linea con la Bundesbank (…). Ai tedeschi d’altra parte <un
sistema monetario comune prometteva di ridurre le pressioni sulla loro moneta
che avrebbero potuto minacciare i surplus commerciali di cui vanno fieri>.
(Aggiungiamo l’interesse, geopolitico e finanziario, degli Stati Uniti che dopo
il crollo del Muro avevano premuto per l’unificazione della Germania e guardavano
all’estensione a Est di UE – e Nato). Nel post di Tooze un’utile cronologia
della moneta comune.
<L’euro nasceva come compromesso fra Francia
e Germania, con Kohl che voleva legare irrevocabilmente insieme l’Europa
mentre Mitterand voleva solo diluire il ruolo dominante tedesco nella
politica monetaria oltre a creare un’economia di scala tale da consentire una
politica sociale domestica in un’era di capitalismo globalizzato. Dunque la BCE
avrebbe avuto sede a Francoforte ma dopo l’olandese Duisenberg avrebbe avuto un
presidente francese>. E così fu.
LE DIFFICOLTA’. La BCE apre i battenti il 1 giugno
1998, 7 mesi prima dell’unione delle monete, e fin dall’inizio si trova al
centro di conflitti. Molti economisti avevano avvisato gli Stati membri che
avrebbero dovuto abbandonare la possibilità, spesso utile, di svalutare.
L’alternativa è aggiustare l’economia alle pressioni competitive, il che
significa tipicamente riduzione dei salari. Cosa difficile da gestire per una
banca centrale>.
Ma secondo Tooze quel che ha davvero azzoppato
l’Europa non è stata la cronica mancanza di competitività, specie in Grecia e
in Italia, ma la crisi del 2008. Anzi, la sua mala gestione.
ILLUSIONI E INAZIONI. <Nell’agosto 2007, quando si
avvertono i primi shock, la BCE offre alle banche europee una forte iniezione
di liquidità – ma subito comincia a puntare le dita contro Federal Reserve
(Fed) e Bank of England (BoE) che si erano prese in carico i mercati dove
c’erano presi i peggiori rischi>. Trichet sottovaluta la situazione .<Il
burocrate conservatore francese a capo della politica monetaria europea non
credeva che gli americani avrebbero lasciato fallire Lehman. Ma le banche
europee non erano meno sovradimensionate e i loro bilanci comportavano rischi
anche maggiori. Sottoposta alle regole di Basilea II, l’Europa indulge
nell’assurda fiducia in un’auto-assicurazione e capacità di governare il
rischio insito nelle sue banche private>.
Nel 2008 tocca ai governi salvare le proprie banche. <Ma la liquidità di sostegno pompata dalla BCE
non è meno cruciale. Il cash che Trichet fornisce fluisce nelle casse dei
governi nazionali in quanto le banche lo usano per comprare titoli di Stato
supposti sicuri>. (…) Il modo di combattere la crisi da parte di Trichet
negli anni 2008-2009 finisce quindi per legare insieme più strettamente banche
e governi, pur preservando l’apparenza di normalità.
LA SVOLTA NEL 2010. <E’ quando nel 2010 i
debiti sovrani stessi minacciano di andare male che il gioco cambia. Di fronte
alla crisi fiscale prima in Grecia, poi in Irlanda e in Portogallo, con Spagna
e Italia che incombono, la BCE entra in azione. E diventa un attore aggressivo
e assertivo nel conflitto sulla questione politicamente pesante della futura
costituzione finanziaria dell’Europa>. Ma come?
<Si è parlato di rischio contagio per Grecia e
Irlanda, ma è una metafora fuorviante. Nel mercato dei bond il contagio si ha
solo se la banca centrale rifiuta di fare quel che Fed, BoE e BoJ hanno sempre
fatto, cioè star dietro ai debiti sovrani. In realtà invece la BCE rifiuta
di assumere l’essenziale ruolo di stabilizzatore>.
<Avrebbe dovuto governare il gigantesco mercato dei
bond invece di oscillare a seconda delle politiche fiscali dei governi,
premiando solo quelle rigorose. Il mandato BCE è limitato, ma Trichet è
andato ben oltre>, sostiene Tooze.
OBIETTIVO REGIME CHANGE? <Il suo obiettivo non è stato
altro che un regime change: usare la crisi per forzare il completamento
dell’ancora incompleta costituzione dell’eurozona in termini conservatori.
Voleva che i politici europei fossero d’accordo nello stringere le regole
fiscali e nel mettere in piedi un fondo di stabilizzazione del mercato dei bond
indipendente dalla BCE, che avrebbe tenuto per sempre la banca centrale europea
fuori da ogni obbligo di farsi carico dei debiti pubblici>
<Giocando col fuoco, la BCE innesca una
conflagrazione. Quando nella primavera 2011 il governo Pasok, centrosinistra,
suggerisce che avrebbe potuto essere più sicuro svalutare o ristrutturare una
parte del debito, Trichet non solo fa muro ma silenzia il dibattito
minacciando Atene di tagliare la linea di credito alle sue banche. Con la
scusa di proteggere la reputazione dei prestatori sovrani Trichet si pone
come difensore intransigente degli interessi dei creditori>. Non solo.
BCE ISTRUISCE I GOVERNI, NON LE BANCHE. <Trichet
non esita ad attraversare il confine nozionale che separa la banca centrale dai
governi nazionali: fornisce istruzioni ai governi di Irlanda, Spagna e Italia,
chiedendo tagli di spesa, aumenti di tasse e modifiche nelle leggi sul lavoro
che entrano profondamente nel merito degli affari interni dei paesi. Trichet
usa l’ ”indipendenza” della BCE e la minaccia del mercato dei bond per dettare
condizioni ai governi eletti>.
<Nessuna di tali amare medicine viene tuttavia
servita alle banche europee che, come le controparti americane, avrebbero
dovuto essere costrette a ricapitalizzarsi nel 2008-2009, anche se ciò
avrebbe comportato la sofferenza degli azionisti>. (Fra gli azionisti
istituzionali delle maggiori banche – segnaliamo – ci sono fondi e gestori di
gran peso, come Blackrock).
TRICHET SPINTO DALLA GERMANIA? <Ci vorrà tempo
prima che gli archivi vengano aperti. L’evidenza suggerisce che fu spinto dai
membri tedeschi del suo board. Jurgen Stark, il suo capo economista, è
biasimato da molte parti per la straordinaria decisione di alzare i tassi di
interesse nel 2008 e poi ancora nel 2011. E ogni volta che Trichet entra
nel mercato dei bond riceve proteste dalla Bundesbank, istituto che continua ad
avere un certo potere anche dopo che le banche centrali nazionali sono
diventate cinghie di trasmissione della BCE>.
<Ma quella dei tedeschi è solo una voce: come il
governatore successivo Mario Draghi avrebbe poi dimostrato, la BCE non era
obbligata a genuflettersi. Merkel aveva bisogno della BCE quanto la BCE
aveva bisogno di Berlino, l’opposizione tedesca poteva essere aggirata. Invece
anziché controbilanciare il conservatorismo tedesco Trichet lo amplifica>.
<Sulla ristrutturazione del debito Merkel e il suo
ministro Schauble chiedevano disciplina per tutti, banchieri,
investitori irresponsabili, contribuenti. Private Sector Involvment era
la parola d’ordine, vale a dire haircut . Trichet al contrario fu
soft con banchieri e creditori, mentre incoraggiava i mercati a disciplinare i
governi e i cittadini. Una mistura poco appetibile che non è stata un
errore ma una scelta deliberata da parte di un gruppo di tecnocrati
conservatori che hanno lasciato l’Europa ferita>.
<Dopo un autunno di crisi che ha reclamato gli
scalpi dei primi ministri eletti di Spagna, Italia e Grecia, nel dicembre
2011 il Fiscal Pact Europeo assegna ai conservatori la vittoria
istituzionale che cercavano. Trichet aveva aiutato Berlino a introdurre
l’austerity nel circuito principale dell’UE.
<E’stata una vittoria politica che ha limitato la
portata della politica fiscale come strumento attivo di governance politica dei
governi. E ha contribuito all’agonizzante lenta ripresa dell’Europa e ai bassi
livelli di investimenti pubblici>, scrive Tooze.
SI SPACCA IL FRONTE TEDESCO. Facciamo un passo
indietro. Tra i 2010 e il 2011 la crisi dei debiti sovrani europei è al
culmine. L’euro in caduta nei confronti del dollaro. Cosa sia veramente
successo nella BCE e dintorni non sembra ancora chiarissimo. Chiara e netta è
invece la rottura nel fronte tedesco.
Nel settembre 2011 inaspettatamente si dimette
dalla BCE il capo economista, il falco Jurgen Stark. Senza spiegazioni, ma al
giornale economico Handelsblatt ribadisce che l’unica soluzione alla
crisi del debito per i governi è tagliare le spese. Sulla BCE già aleggia Mario
Draghi che succederà a Trichet a novembre.
Stark si opponeva al piano di acquisto di titoli di
Stato da parte di BCE, un’azione che considerava fuori dal mandato della banca
centrale. Le sue dimissioni segnalano disaccordi profondi nella BCE nella
maggior crisi debitoria dell’Europa, scrisse il NYT .
Di più. Per dissensi sulla politica BCE lascia la
presidenza della Bundesbank Axel Weber, che in quanto governatore sedeva
nel Direttivo BCE e aspirava al posto che sarà di Draghi, ma deve ripiegare
sull’UBS. Il suo successore alla Banca Centrale tedesca è Jens Weidman,
un altro falco, anti-Draghi. In compenso alla BCE l’importante posto di capo
economista va per la prima volta a un non tedesco, il belga Peter Praet. Un
segnale della nuova era Draghi.
<La rottura avvenne nel 2010, racconterà Stark al Telegraph
un anno dopo, settembre 2012 (7). Allora la BCE ha cominciato a cadere nel
panico sulla crisi dell’eurozona e ad assumere un nuovo ruolo, fuori dal suo
mandato. Ha dato retta a pressioni esterne…esterne all’Europa …>,
accenna misteriosamente. Quali, non lo dice né lo fa capire esattamente.
Pressioni d’oltre Atlantico, di sicuro. Ma dalla Fed, dai ‘mercati’ ovvero
banche e/o investitori che contano? Possibile, o addirittura probabile, come si
vede anche esaminando le inopinate decisioni BCE di alzare i tassi nel 2008 e
poi nel 2011, su cui Tooze sorvola.
PARENTESI SUI TASSI. <Diminuire i tassi, spiega
Ashoka Modi, è una delle misure attive a disposizione delle banche centrali per
fronteggiare crisi (insieme all’acquisto di asset), mentre le misure passive
consistono nell’immettere liquidità nel sistema>. La Fed infatti riduce i
tassi dal settembre 2008 fino a zero a dicembre.
La BCE invece è riluttante. E poi fa il contrario.
Sebbene, come segnala Ambrose Evans Pritchard sull’(euroscettico) Telegraph
già ai primi di agosto 2008 (8) siano chiari i segnali di contrazione delle
economie dell’eurozona ormai in crescita negativa, (-0,5% la stessa Germania),
Trichet i tassi a luglio li alza a fino al 4,25%. E tornerà ad abbassarli
soltanto in seguito e gradualmente fino all’1,25 in aprile 2009.
Una decisione contraddittoria e apparentemente
incomprensibile, anche più del rialzo che la banca europea deciderà di nuovo
nel 2011 in due riprese prima di un nuovo round di tagli e stimoli in novembre
<dopo evidenti segni di deterioramento delle economie>.
Per Modi sono tutti segni della contraddittorietà ed
estemporaneità delle misure adottate da BCE, che infatti non tranquillizzano i
mercati, e della riluttanza della BCE a stimolare davvero l’economia
dell’eurozona.
BCE SOSTENEVA IL DOLLARO? Sulla scia di Evans
Pritcherd e altri così Maurizio Blondet non esitava a titolare, senza punto di
domanda, nell’agosto 2008 (9). Con qualche ragione. In quell’anno in difficoltà
è il dollaro. E la scelta di mantenere un euro fortissimo aiuta il dollaro
impedendogli di precipitare. Così come aiutano il dollaro gli acquisti di bond
americani da parte delle varie banche centrali. Lo fa anche la BCE? <Se lo
facesse anche la BCE, mentre lesina gli acquisti di bond in Europa, sarebbe
grave>, scriveva Blondet non avendo precisi riscontri in proposito ma
segnalando i trucchi con i quali veniva aiutata la Spagna (nel cui mercato immobiliare
in crisi c’erano grandi interessi tedeschi).
INTRECCI INESTRICABILI. Modi : <Più di altre banche
centrali la BCE nel 2008 adotta una politica meramente passiva provvedendo
liquidità in dollari al settore bancario. In buona parte attraverso le swap
lines della Fed – quelle che Tooze ha segnalato nel suo precedente articolo
del 2017 sulla storia segreta della crisi (10).
Modi, la cui analisi tiene conto in primis degli
effetti sui mercati, critica la BCE ma appoggia la Fed. <Fornire liquidità
era necessario, la Fed dà un contributo importante alla stabilizzazione
dell’area euro, creando aspettative positive nei mercati. Gli spread nei paesi
periferici calano, il valore delle azioni cresce, anche quello delle banche. Al
contrario il fatto che la BCE fornisca la liquidità alle banche dell’area euro
non riesce a dare fiducia ai mercati nelle prospettive economiche>.
Tooze è più esplicito, e più severo anche nei
confronti della Fed. Forse solo più obiettivo. Sottolinea infatti come la Fed
abbia iniettato sì dollari nelle banche centrali globali (dal 2007 $10 trilioni
forniti a BCE, BoE, BoJ più altre, ma non tutte: escluse Est Europa, Russia
Cina) ma nell’interesse americano. Li ha forniti infatti non ai
sistemi economici bensì, tramite le banche centrali, al sistema bancario. Anzi,
a determinate banche. Per prevenire un contraccolpo delle banche europee
“di fatto americanizzate” come Deutsche Bank e Credit Suisse e altre (in
sostanza quelle “sistemiche”), e cioè <per evitare un rovinoso falò di asset
americani da molti trilioni di dollari>.
FED PRESTATORE DI ULTIMA ISTANZA GLOBALE DEL SISTEMA
<Questa operazioni e in particolare le swap lines legano ulteriormente la
FED alle altre banche centrali che ormai governano le economie, in
particolare alla BCE, in un intreccio diventato inestricabile>. In
questo senso parlare di “pressioni” dall’estero e di “salvataggio del dollaro”
non è esatto ma neppure del tutto fuori luogo.
<Preservare lo status del dollaro è stato
per le banche centrali l’incentivo a cooperare> scrive Kostantinos Gravas,
citato da Modi in un altro articolo. <La Fed ha agito come il prestatore di
ultima istanza internazionale >, aggiunge, concordando con Tooze. <Dopo
la grande recessione del 2007-2009 la cooperazione internazionale ha condotto a
una nuova ‘pace monetaria’: l’azione coordinata fra Usa, Germania e Cina (sic)
per mantenere lo status quo del dollaro come moneta di riserva globale…>.
(Trump e le sue guerre economiche erano di là da venire, aggiungiamo).
L’ERA DRAGHI. Pur <istintivamente conservatore –
del resto co-firma con Trichet la (famigerata) lettera a Berlusconi nell’agosto
2011 – se Draghi si è potuto permettere di adottare un atteggiamento più
interventista è stato in parte perché il lavoro sporco di mettere i governi
europei in riga l’aveva fatto Trichet>.
“Whatever I said”. <Quando Draghi nel luglio 2012 promette che avrebbe fatto “whatever
it takes”, tutto quel che serve, la BCE appare come la salvatrice
dell’euro. Draghi parla contrastando lo scenario di una rinnovata crisi in
Spagna e delle paure su Italia e Grecia. E lo fa a Londra di fronte a
investitori di fondi hedge non tanto disperati quanto esasperati. Come poi
riferirà a un amico, “l’incurabile ossessione dell’Anglosfera per la fine
dell’euro venne assorbita”>.
E’ Il “sentimento dei mercati” migliorato da Draghi di
cui parla Modi, che assegna però un’importanza preminente all’ OMT (acquisto
diretto di titoli di stato a breve termine emessi da paesi in difficoltà sia
pure a condizioni precise e restrittive concordate con la banca centrale)
annunciato dalla BCE poco dopo.
Spiega Tooze: <Gli scettici nella City non avevano
capito quanto lontano l’Europa si era spinta. Non solo aveva aderito a
un’unione bancaria ma – per quanto conflittuali i negoziati e per quanto deflazionario
il risultato – aveva anche stabilito una struttura fiscale. L’Europa
stava evolvendo e l’impegno dei suoi governi era ormai di gran lunga troppo
grande per tornare indietro, anche di fronte a un lungo periodo di
intransigenza della BCE.>
<Ovviamente il prezzo pagato per la vittoria della
BCE è stato alto: lo shock del 2010-11, seguito da una severa dose di austerity
hanno gettato l’economia europea in una prolungata seconda recessione. Nessuno
dubita che ci siano molti business improduttivi in Italia e Grecia assillati da
cronici insufficienti investimenti ma la loro attuale sofferenza e senso di
impotenza devono molto al modo in cui le economie sono state condotte con una
domanda anemica>. Anche Modi qui concorda.
Tooze come Modi fa un paragone con gli USA e i vari QE
della Fed (…). <La BCE ha lasciato che il suo bilancio collassasse. Crediti
e investimenti si sono contratti. I debiti cattivi si sono moltiplicati. Una
generazione di studenti e laureati si è trovata tagliata fuori dal mercato del
lavoro, la disoccupazione giovanile nei paesi più colpiti dell’eurozona è
salita fin quasi al 50%. La scena politica è stata stravolta, con i critici
dell’euro e della BCE in crescita, da destra e da sinistra>.
<E’ stato solo nel 2015, quando si è materializzato
il rischio di una deflazione in stile Giapponese che la BCE finalmente
schiaccia l’acceleratore. In marzo di quell’anno si imbarca in un QE su scala
massiccia, raddoppiando il suo bilancio (=stampando moneta in quantità) fino al
2018.
<Quasi subito l’aumentata liquidità ha offerto un
sia pur modesto sostegno alla ripresa europea. Ma le conseguenze politiche,
attraverso il mercato dei bond, sono state più drammatiche. Il QE ha isolato
l’eurozona da ogni contagio dalla rinnovata crisi greca del debito greca nel
2015 (…) Non c’è rischio di contagio quando la BCE drena i mercati di bond
disponibili da comprare. <E’ la prova che l’intera crisi dei debiti
sovrani avrebbe potuto essere evitata se Trichet non avesse scelto,
deliberatamente, di portare l’’Europa alla rovina>.
I VENTRILOQUI. Anche con Draghi, la protezione da
parte della BCE avviene a determinate condizioni sottolinea Tooze. <Per
giustificare gli acquisti di bond da parte della banca centrale un debito
sovrano deve avere un certo rating di investimento. Anche se domina il mercato
dei bond, la BCE lascia che i ventriloqui del suo atteggiamento conservatore
siano le agenzie di rating. In Portogallo il governo di coalizione di
sinistra è appeso al filo di un solitario rating. L’Italia dovrà subire
pressioni se il nuovo governo devierà dal sentiero del rispetto delle
regole>. Come infatti è avvenuto, sia pure con compromessi finali. E la
partita è più che mai aperta oggi, febbraio 2019.
CONSIDERAZIONI. 1. MODI.<Ideologia e limitazioni
sono incorporate nel contratto dal quale è nato l’euro>, osserva Modi.
<Per di più la mancanza di accountability isola la BCE da meccanismi
e incentivi a cambiare>. Dove il termine inglese poco traducibile si
riferisce al fatto che la BCE non rende conto a nessuno. E’ un punto
chiave. Un limite che emerge sempre più spesso. Dalla Corte dei Conti
Europea, che lamenta il diniego all’accesso di documenti indispensabili
alla sua funzione di controllo – come ha sottolineato anche l’economista
“sovranista” Alberto Bagnai (cit)- a transparency.eu che contesta la mancanza
di trasparenza dell’Eurogruppo, il consesso – per di più del tutto
informale – dei ministri economici dell’eurozona (11).
Sebbene consideri l’OMT (acquisto diretto di titoli di
stato a breve termine emessi da paesi in difficoltà ma a condizioni precise e
restrittive concordate con la banca centrale) annunciato ma mai attuato da
Draghi, l’unica misura attiva forte, Modi non salva neppure la gestione
post-Trichet della BCE. Fino a oggi. E denuncia i limiti politici agli stimoli:
l’aver negato la minaccia di una inflazione troppo bassa; l’aver ritardato il
QE (fino al 2015); e, alla fine del 2018, il negare la recessione in atto e un
prolungamento del QE>. Solo per riflessi lenti della banca?
2. TOOZE. <Perché la Bce può esercitare tale
influenza sul destino dell’Europa?> si chiede. <La risposta è che per
qualsiasi intento o obiettivo unirsi all’eurozona è irrinunciabile. L’UK sta
lentamente scoprendo a sue spese che cosa comporta “riprendersi il
controllo”>. E <un’uscita dall’euro sarebbe molto più dirompente per
la vita quotidiana persino di quanto sarebbe per l’UK la Brexit più estrema>.
<Molti economisti continuano a far congetture sulla sopravvivenza dell’euro
ma pochi politici europei ne discutono seriamente>, aggiunge. Anzi.
<Dal 2006 sette nuovi paesi hanno cercato la
protezione della seconda moneta più importante. Con l’UK sulla via di lasciare
l’UE, Bruxelles non fa mistero del suo obiettivo di rendere l’euro la moneta
comune dell’intera Unione>. E in un’Europa che tende progressivamente a
coincidere con l’eurozona governata dalla BCE, tra le righe di Tooze si
intuisce come il Regno Unito sia praticamente costretto a staccarsi.
Altro che mistero. <In applicazione dello Statuto,
il Consiglio Generale BCE verrà sciolto quando tutti i membri UE avranno
adottato l’euro>, informa la stessa banca sul suo sito. Ed è interessante
osservare che in tale Consiglio, che affianca Comitato Esecutivo e Consiglio
direttivo e ha fra i suoi compiti la redazione del rapporto annuale della BCE,
oltre a presidente e vicepresidente, siedono i governatori dei 19 paesi
dell’area ma anche i 9 che non ne fanno parte. Tra questi c’è il governatore
della Bank of England, banca che in teoria è il secondo maggior
‘azionista’ BCE (col 14,3% del capitale sottoscritto, dopo di che ai paesi non
euro sono stati via via applicati sconti fino a farli versare solo il 3,75%). “L’appartenenza
all’UE vincola le banche non-euro?” Era del resto il titolo di un dibattito
organizzato da Bruegel a gennaio 2016 (ante-Brexit) intorno a un report di Bank
of England, purtroppo non più online (12). Segno che un problema c’è.
<Intanto – continua Tooze – la disoccupazione
cronica continua, soprattutto fra i giovani della “periferia meridionale” i cui
voti hanno fatto sorgere partiti di protesta. Ma quelli poi andati al governo
sono finora indietreggiati davanti a un confronto definitivo> – scrive con
un occhio all’Italia. <Semplicemente in gioco c’è troppo>. Sarà per
questo che l’euro piace al 75% degli europei, come ha ricordato recentemente
Draghi.
BCE E EUROPA. <Sebbene (all’euro )non vi siano
alternative e la sola uscita non sia contemplabile… non significa che non
esistano scelte. I 20 anni di vita dell’euro mostrano che le scelte contano
molto. Il fatto è che la maggior parte di tali scelte sono concentrate nelle
mani della banca centrale. La crisi del 2008 è stata il risultato di
fallimenti ed errori dell’insieme del capitalismo occidentale. Ma la disastrosa
reazione europea è stata una questione di scelta> (…) <Con Draghi le cose
sono diventate più tollerabili, ha offerto un sostanziale sollievo monetario e,
sia pure a certe condizioni, ha protetto i governi dal mercato dei bond. Ma
l’approccio fondamentalmente conservatore della BCE rimane inalterato>.
<Le istituzioni contano ma a fare le politiche sono
le persone>, conclude Tooze. E <se dopo Draghi arriverà il superfalco
Jens Weidman, si tornerà a Trichet>. (Oggi però le chances del presidente
della Bundesbank appaiano calanti).
E poi <perché gli europei accettano una BCE che
ha solo il mandato del controllo dell’inflazione, a differenza della banca
centrale americana? Se persino il regime della Cina capisce il legame fra
crescita, lavoro e legittimazione e agisce politicamente di conseguenza, perché
l’Europa persiste nel negare l’ovvio?>.
<Non è la sola questione per l’Europa. Con una
politica americana sempre più nella scia nazionalista, sembra sensato chiedersi
se la Fed sarebbe di nuovo in grado di servire da ancora stabilizzatrice del
sistema globale, come ha fatto>. Vari analisti, come Nouriel Roubini,
ritengono di no. <A un certo punto il mondo può aver bisogno che l’Europa
agisca come una forza più assertiva anche nella politica monetaria globale>.
Già, ma ne sarebbe è in grado?
DUBBI E DOMANDE. <A fare le politiche sono le
persone>, afferma Tooze. Ma è davvero così? Se le economie dipendono dalle
banche centrali e queste sono ormai inestricabilmente intrecciate fra loro; se
la Fed ha un ruolo dominante, col dollaro moneta di riserva globale; e se il
ventriloquo della BCE sono le agenzie di rating, i cui azionisti istituzionali
sono poi gli stessi che si ritrovano nelle principali megabanche, cosa
possono fare i governatori BCE? Hanno una qualche autonomia? Oppure vengono
scelti – in modo certo non trasparente – proprio in funzione di politiche
previste “dall’esterno”?
Trichet era un ex governatore della Banca di Francia,
Draghi oltre che ex Bankitalia è anche un “alunno” di Goldman Sachs (come
Jeorg Kukies, il viceministro dell’economia dell’attuale governo della Germania
con delega per Europa e politiche dei mercati finanziari) banca che, tra le più
potenti, è anche la più “politica”. E Draghi nel 2018 ha rifiutato la richiesta
formale inoltrata dal Controllore Europeo (Ombudsman) Emiliy O’Reilly di
non partecipare più al G30, come segno di indipendenza della BCE e per i
possibili conflitti di interessi denunciati dal Corporate Europe Observatory
(13). Un forum consultivo informale e affatto trasparente, il G30, dove siedono
alcuni dei principali attori pubblici e privati del sistema bancario
internazionale – come JP Morgan (chairman), Goldman Sachs, UBS, Blackrock, Bank
of England ecc. persino Bank of China, con vari ex come Volker, Trichet, King,
Noyer, Geithner, Summers, più qualche accademico e analista (14).
E a proposito di Germania: è sembrata per anni – fino
a oggi – non solo il dominus europeo ma anche una sorta di referente o trait
d’union con gli US. Tanto più da quando col crollo dell’Urss l’attenzione della
finanza angloamericana si è concentrata sull’Europa (vedi Gravas).Underblog ne
scrisse a proposito dell’evoluzione di Deutsche Bank, la più
americanizzata delle banche europee, in un post dedicato a Blackrock (15),
sulla scia di un articolo di Limes che ipotizzava un ruolo della Roccia Nera,
azionista di peso di Deutsche Bank, nei tracolli del 2011 che travolsero anche
l’Italia. Utile rileggerlo, per allargare lo sguardo agli intrecci azionari che
coinvolgono anche agenzie di rating e megabanche. Le stesse banche che
partecipano al G30 e ritroviamo azioniste di primo piano della Fed, che al
contrario di quel che si crede non è un istituto pubblico ma è posseduta al
100% da privati.
Infine: quanto conviene agli US un euro e una UE
relativamente deboli? <L’euro potrebbe accrescere il suo ruolo di moneta
globale solo rallentando il relativo declino dell’economia dell’Eurozona
attraverso una rapida crescita> conclude Daniel Gros, direttore del
Center for European Policy Studies di Bruxelles, in” The Mirage of a Global
Euro”. Un ruolo che Gros non sembra auspicare e una crescita che non
si è verificata. Anzi, l’UE sta rallentando.
Se ne rallegreranno i trump-nazionalisti, che non
nascondono la loro ostilità all’Europa, in primis alla Germania, la concorrente
più fastidiosa dell’America First. I sovranisti europei sembrano voler loro
dare una mano. Ma non è detto che la grande finanza che nell’UE ha investito
tanto sia dello stesso avviso. La figura del nuovo governatore darà un primo
segnale. Poi starà ai governi europei – posto che ne siano in grado – apportare
alle istituzioni UE dei cambiamenti, ma quali? Quelli ai quali accennava
Draghi?
- https://www.prospectmagazine.co.uk/magazine/adam-tooze-european-central-bank A.
Tooze, The bank that nearly broke Europe, 2018
- https://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2018-12-19/bce-grande-affare-stress-test-schauble-apre-caso-bce–071039.shtml?uuid=AEy2Uz1G e https://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2018-12-22/stress-test-blackrock-no-grecia-bce—092111.shtml?uuid=AEXEwu3G
- https://www.startmag.it/economia/vi-spiego-che-cosa-non-va-nella-bce-parla-bagnai-lega
- https://www.corriere.it/economia/19_febbraio_22/draghi-difende-l-europa-uscire-ue-non-da-maggiore-sovranita-ef749550-36c1-11e9-a77e-854ef271b7f8.shtml , uno dei tanti articoli. Il più esteso su Il
Foglio.
- https://voxeu.org/article/ecb-s-performance-during-crisis e https://www.cesifo-group.de/DocDL/cesifo1_wp7400.pdf
- https://www.palgrave.com/us/business-insights/the-role-of-central-banks-and-the-monetary-peace
- https://www.telegraph.co.uk/business/2016/10/01/its-not-just-deutsche-european-banking-is-utterly-broken/
- https://www.telegraph.co.uk/finance/2794845/ECB-slammed-as-Europe-crumbles.html
2008
- http://www.effedieffe.com/index.php?option=com_content&task=view&id=4168&Itemid=179
- https://www.prospectmagazine.co.uk/magazine/the-secret-history-of-the-banking-crisis
- https://transparency.eu/event-does-the-eurogroup-exist-informal-governance-fragmented-accountability/ e https://www.startmag.it/mondo/la-bce-non-e-trasparente-parola-della-corte-dei-conti-europea/
- http://bruegel.org/events/the-bank-of-england-in-europe-does-eu-membership-constrain-non-euro-central-banks/)
- https://it.businessinsider.com/la-bce-e-i-legami-pericolosi-con-le-grandi-banche-nel-gruppo-dei-30-draghi-risponde-picche-alla-denuncia-del-mediatore-europeo/ e https://www.agi.it/estero/ue_ombudsman_o_reilly_draghi-3382078/news/2018-01-18/
- http://group30.org/members
- https://www.lastampa.it/2015/04/13/blogs/underblog/fu-davvero-blackrock-a-ispirare-il-cambio-di-scena-del-in-italia-ej5SJuX0LL9ZyFoWYPOmbL/pagina.html